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Così un cristiano deve accogliere la morte, spiega Benedetto XVI

Benedykt XVI na wózku inwalidzkim
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Gelsomino Del Guercio - pubblicato il 29/12/22
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“La fede ci dice che la vera immortalità alla quale aspiriamo non è un'idea, un concetto, ma una relazione di comunione piena con il Dio vivente”

Un cristiano deve accogliere la morte come un’ «apertura alla vita»: parola di Benedetto XVI, che in più occasioni ha parlato della “paura della morte”, come di un timore che non dovrebbero avere i credenti.

“La vita eterna non è un doppione di quella presente”

Benedetto XVI, sabato 3 novembre 2012, nell’omelia per la Messa in suffragio dei Cardinali e Vescovi defunti nell'anno, ha detto: «Come rispondiamo noi cristiani alla questione della morte? Rispondiamo con la fede in Dio, con uno sguardo di solida speranza che si fonda sulla Morte e Risurrezione di Gesù Cristo. Allora la morte apre alla vita, a quella eterna, che non è un infinito doppione del tempo presente, ma qualcosa di completamente nuovo».

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La vera immortalità secondo Benedetto XVI

Secondo il Papa emerito, ultra novantacinquenne, «la fede ci dice che la vera immortalità alla quale aspiriamo non è un'idea, un concetto, ma una relazione di comunione piena con il Dio vivente: è lo stare nelle Sue mani, nel Suo amore, e diventare in Lui una cosa sola con tutti i fratelli e le sorelle che Egli ha creato e redento, con l'intera creazione». 

Le parole di Gesù al buon ladrone

Allora, prosegue Benedetto XVI, parlando di come accogliere la morte, «la nostra speranza allora riposa sull'amore di Dio che risplende nella Croce di Cristo e che fa risuonare nel cuore le parole di Gesù al buon ladrone: ‘Oggi con me sarai nel paradiso’ (Lc 23,43). Questa è la vita giunta alla sua pienezza: quella in Dio; una vita che noi ora possiamo soltanto intravedere come si scorge il cielo sereno attraverso la nebbia».

Il libro intervista di Seewald

Nel libro di Peter Seewald, “Ultime conversazioni” (Garzanti), Benedetto XVI ha risposto anche ad una domanda se ha paura della morte. «Per certi versi si. In primo luogo c’è il timore di essere di peso agli altri a causa di una lunga invalidità. Poi, pur con tutta la fiducia che ho nel fatto che il buon Dio non può’ abbandonarmi, più si avvicina il momento di vedere il suo volto, tanto più forte è la percezione di quante cose sbagliate si sono compiute». 

La morte e il “peso della colpa”

Perciò, proseguiva Benedetto XVI, «uno si sente oppresso dal peso della colpa, sebbene naturalmente la fiducia di fondo non venga mai meno». C’è sempre il peso «di non aver fatto abbastanza per gli altri, di non averli trattati bene». Quando sarà davanti al Signore, «le chiederò di essere indulgente con la mia miseria», avendo fiducia di essere «giunto a casa».

Papa Benedetto XVI

L’ultimo intervento sulla “paura della morte”

In una breve lettera diffusa l’8 febbraio 2021, il Papa emerito Benedetto XVI offre un’ulteriore risposta al rapporto sugli abusi sessuali nell’arcidiocesi tedesca di Monaco, anche durante gli anni in cui ne è stato l’arcivescovo.

“L’animo lieto”

Il testo contiene varie intuizioni pregnanti, e include anche una breve considerazione sulla preparazione di Benedetto XVI alla morte. L’allora 94enne scriveva: 

«Ben presto mi troverò di fronte al giudice ultimo della mia vita. Anche se nel guardare indietro alla mia lunga vita posso avere tanto motivo di spavento e paura, sono comunque con l’animo lieto perché confido fermamente che il Signore non è solo il giudice giusto. Ma al contempo l’amico e il fratello che ha già patito egli stesso le mie insufficienze». 

La grazie dell’essere cristiano davanti al giudice

«Perciò, in quanto giudice, è al contempo mio avvocato (Paraclito). In vista dell’ora del giudizio - concludeva Joseph Ratzinger - mi diviene così chiara la grazia dell’essere cristiano. L’essere cristiano mi dona la conoscenza, di più, l’amicizia con il giudice della mia vita e mi consente di attraversare con fiducia la porta oscura della morte» (Aleteia, 9 febbraio 2022).