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Che aspetto ha (davvero) la stella di Natale?

SAGOME NERE DI RE MAGI VERSO LA GROTTA DI BETLEMME

Shutterstock - Lukbar

Lucia Graziano - pubblicato il 16/12/22

«È una cometa, ovviamente!» verrebbe da rispondere, ma in realtà la questione è più complessa: solo a partire 1301 la stella di Betlemme cominciò a essere rappresentata con la forma che oggi le associamo comunemente. Ma allora, come la immaginavano gli artisti vissuti prima di quella data?

«Lo sanno anche i bambini: la stella di Natale era una cometa!», dirà probabilmente qualcuno dei nostri lettori, rifacendosi (giustamente) alla tradizione che oggigiorno va per la maggiore. Ma, in realtà, è relativamente recente la consuetudine di immaginare sottoforma di stella cometa l’astro che guidò i Re Magi fino alla capanna: la tradizione nasce attorno al 1301, anno in cui la cometa di Halley passò sulla terra proprio nel periodo di Natale colpendo profondamente l’immaginazione collettiva. Ma fino ad allora (e cioè, per dodici secoli di Storia cristiana!), (quasi) nessuno aveva immaginato che l’astro di Natale potesse avere la forma d’una cometa: in effetti, i Vangeli si limitano a parlare di una «stella», senza scendere troppo nei dettagli. 

E qui, ci si potrebbe chiedere con una punta di curiosità: ma allora, se l’astro che guidò i Re Magi “si trasforma” in stella cometa solo nel XIV secolo, in che modo l’avevano immaginata i cristiani fino a quel momento?

In principio, era una stella a sei o a otto punte

L’arte cristiana dei primi secoli tende a rappresentarla come una normalissima stella: chiaramente, diversa da tutte le altre a causa della sua luminosità e delle sue dimensioni decisamente superiori alla media. Curiosamente, c’era poi un’altra caratteristica a rendere facilmente distinguibile l’astro di Natale: contrariamente a quanto potremmo intuitivamente immaginare, era rarissimo che quella dei Re Magi fosse una classica stella a cinque punte. 

Nelle decorazioni frontali di un sarcofago del IV secolo rinvenuto nella zona del Vaticano, vediamo i tre saggi incamminarsi dietro a una stella sei punte, inserita in una sorta di ruota. Nello stesso periodo, a Siracusa, una donna di nome Adelfia veniva sepolta all’interno delle catacombe di San Giovanni e deposta in un sarcofago di marmo decorato con un ciclo di immagini molto simile: in questo caso, però, i tre re puntano il dito verso una stella a sette punte. Ed entro l’inizio del secolo successivo, l’astro di Natale “aveva guadagnato” ancora una punta in più: i mosaici di Santa Maria Maggiore a Roma (V secolo) e di Sant’Apollinare nuovo a Ravenna (VI secolo) lo rappresentano come una stella a otto punte

Chiaramente, esistevano dei significati simbolici dietro queste scelte contro-intuitive. 

La stella a sei punte era molto spesso disegnata in forme che ricordavano un Chrismon stilizzato: insomma, nell’immaginazione degli artisti l’astro di Betlemme simboleggiava la luce salvifica di Gesù.

Il numero sette, nel linguaggio biblico, ha da sempre un valore simbolico importante: le stelle a sette punte facevano correre la mente ai sette cieli, alle sette gerarchie angeliche e a una generica idea di completezza e perfezione, che ben s’attagliava a rappresentare il momento in cui, con la venuta di Cristo, il progetto di redenzione divina giunge a compimento.

E un messaggio simile era racchiuso anche nelle raffigurazioni delle stelle a otto punte: simbolicamente, esse alludevano a un ottavo giorno – un’ottava tappa – della Creazione: come a dire che l’operato di Dio era giunto a pieno compimento con la nascita di suo Figlio, venuto in mezzo agli uomini per stringere con loro un’alleanza nuova.

Quando la stella di Natale era la luce di Dio stesso 

Nell’arte figurativa dell’alto medioevo cominciò pian piano a farsi strada un nuovo modo di dipingere l’astro di Natale (nuovo modo che si affiancò alle altre rappresentazioni già in vigore, senza per questo soppiantarle). Talvolta, a guidare i Re Magi verso la capanna era un raggio di luce che scende dal cielo per posarsi su Gesù e Maria: un chiaro segno di benevolenza celeste, ma anche un omaggio alla tradizione siriaca secondo cui, davanti alla grotta di Betlemme, la stella che aveva guidato i magi s’era trasformata in una immensa colonna di fuoco simile a quella che aveva condotto gli Ebrei fuori dall’Egitto (Esodo 13, 21).

In altre opere, la stella di Natale prendeva la forma di raggi splendenti che emanavano dal corpo di Gesù Bambino: in questo caso, un chiaro rimando ai numerosi passi profetici che collegavano la luce alla persona del futuro Messia «luce delle nazioni», secondo Isaia (42,6) e «stella che spunta da Giacobbe», secolo l’oracolo di Balaam (Numeri, 24, 17). Insomma: a guidare il cammino dei Re Magi sarebbe stata niente meno che la luce divina. E fu probabilmente questa constatazione a spingere un artista di Salonicco a decorare un ambone del IV-V secolo con un’immagine del tutto particolare, unica nel suo genere: i Re Magi si lasciano guidare docilmente… non da una stella, ma dal Buon Pastore. 

Quando nasce la stella cometa?

La prima rappresentazione dell’astro di Natale sottoforma di stella cometa? Risale al 1305, anno in cui Giotto ultimò il suo dipinto sull’Adorazione dei Magifacente parte del ciclo di affreschi della cappella degli Scrovegni, a Padova. In questa raffigurazione, la stella di Natale assume la forma di globo luminoso seguito da una lunga coda: senza dubbio, un riferimento alla cometa di Halley che quattro anni prima era passata vicino alla Terra rendendosi visibile proprio nel periodo invernale, in suggestiva concomitanza col Natale.  

Il successo di questa rappresentazione fu travolgente, ed entro pochi decenni gli artisti di tutta Europa cominciarono a rappresentare i Re Magi nell’atto di farsi guidare da una cometa. Ma, fino ad allora, (quasi) nessuno aveva ritenuto di poter tracciare una associazione tra il passaggio delle comete e la stella di Betlemme – quasi nessuno, con un’eccezione di rilievo. Nel III secolo, il teologo Origene (chiaramente preoccupato al pensiero che qualcuno potesse confondere i Re Magi coi tanti astrologhi caldei noti per la loro abitudine di domandare oracoli agli astri) ipotizzò che ad annunciare la nascita di Cristo fosse stata l’apparizione di una stella “strana”, cioè diversa da tutte quelle che normalmente si vedono nel cielo. E, per corroborare la sua tesi, portò proprio l’esempio delle stelle comete: un fenomeno celeste certamente raro, ma non impossibile, che ben avrebbe potuto sollecitare la curiosità dei tre re spingendoli a mettersi in viaggio. 

Ma, in realtà, quella di Origene restò per secoli un’ipotesi marginale, cui nessuno prestò troppa attenzione: chissà cosa penserebbe oggi il filosofo alessandrino, nel vedere stelle comete che immancabilmente ornano i nostri presepi e decorano le strade, brillando nella notte. Sorriderebbe soddisfatto, probabilmente. 

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