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La scrittrice Flannery O’Connor: facevo a pugni col mio angelo custode

FLANNERY O CONNOR
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Gelsomino Del Guercio - pubblicato il 13/12/22
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In "Diario di preghiera", la scrittrice americana cattolica rivela i tormenti del suo rapporto con la fede, citando Dio, San Tommaso e il "dilemma"

«Quello di cui ho paura, caro Dio, è che l’ombra del mio io cresca a tal punto da oscurare tutta la luna, e che io giudichi me stessa dall’ombra che è nulla. Io non ti conosco Dio, perché sono in mezzo. Ti prego, aiutami a farmi da parte»: così la scrittrice americana Flannery O’Connor (Savannah, 25 marzo 1925 – Milledgeville, 3 agosto 1964) nel suo "Diario di preghiera".

La "guerra" con l'angelo

Questo volume, come scriveva Tempi.it (20 maggio) è la perfetta conferma del rapporto radicale e anche conflittuale della scrittrice con Dio (lei stessa, in una delle sue lettere, avrebbe definito il suo rapporto di bambina con l’angelo custode nei termini di «fare a pugni senza esclusioni di colpi»).

Carina e inquieta

Quando scrisse il Diario di preghiera, ossia a ventun anni, evidenziava Il Giornale, Flannery O'Connor era una collegiale carina, molto consapevole della propria intelligenza, dal carattere non facile, non certo un mostro di bontà, dalla religiosità inquieta ma di un'inquietudine speciale, diversa dalle altre: un'inquietudine sorta e alimentata dal suo stesso cattolicesimo.

Nel Diario, Flannery desidera dedicarsi tutta a Dio, quindi anche nella scrittura: gli chiede che «i principi cristiani pervadano la mia scrittura» e che «i miei scritti (pubblicati) siano numerosi abbastanza per diffonderli».

La grazia dell'ispirazione artistica

Una mistica che, come specifica la giovane, non vuole «essere una suora», ma una scrittrice, nella particolare accezione di «strumento per scrivere la storia di Dio». È questa la grazia che chiede: la grazia dell’ispirazione artistica. «C’è un intero mondo sensibile intorno a me che dovrei essere capace di volgere in tua lode. Ma non sono capace».

I dubbi di Flannery

La ragazza non ha molta stima del diario che sta tenendo. Sente che l'«ombra del mio io» può diventare un ingombro tra il proprio desiderio e Dio, e lo prega: «Aiutami a farmi da parte». Lo stesso diario che sta tenendo le appare talvolta niente più che una farsa, e grida: «Quanto siamo stupide noi persone finché Tu non ci dai qualcosa».

Non basta essere cattolici o credere in Dio: Flannery sa che tutto questo non conduce a un grammo di salvezza finché Dio non interviene concretamente, nel tempo e nello spazio, per dare «qualcosa».

La lezione di San Tommaso

Secondo la scrittrice a Dio non piacciono le preghiere generiche. Il «fa' di me ciò che tu vuoi» è bello, ma non è in cima alle preferenze di Dio in fatto di preghiera. «Petitio decentium a Deo», così Tommaso D'Aquino definisce la preghiera, ed è la più bella che si possa immaginare.

Flannery O'Connor: questa umile scrittrice e saggista statunitense ha catturato in modo eloquente il suo amore per Dio in molti dei suoi scritti.

Un rapporto "reale" con Dio

Una sera il suo animo è più sereno: Flannery ha finalmente una storia da raccontare. «Mi hai dato una storia», dice. È l'idea di Dio che colpisce: Dio è una persona reale, con cui si ha un rapporto reale. A lei il cristianesimo interessa assai poco, perché il cristianesimo non è una persona reale, ma solo una religione.

Per la O'Connor Dio è quello che, in una precisa ora del giorno, le ha dato una storia. Poi Gli chiede una cosa strana: «Per favore, non costringermi a scartare la storia perché viene fuori che è più sbagliata che giusta - o del tutto sbagliata».

"Territorio del diavolo"

Entriamo nel cuore, qui, di un enorme conflitto. Flannery O'Connor è una grande scrittrice perché è grande il suo conflitto. Dio dona storie ma sono storie imperfette, e va bene così: è compito dello scrittore scoprire che sono le sole interessanti. Ma lo scrittore cerca storie perfette, storie che brillino di luce propria, senza che un'altra luce - un pensiero, una passione, Dio, oppure uno sbaglio - le cada addosso.

Qui sta il dilemma. Lo scrittore riceve da Dio un dono che tende continuamente a disarcionarlo dalla fede in Lui. Perciò Flannery in seguito definirà la letteratura «territorio del diavolo».