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Il sacerdote che da 40 anni sistema tetti di chiese… e anime

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Fermín González.

Mar Dorrio - pubblicato il 03/12/22

Don Fermín González è un sacerdote che ha dedicato la sua vita al compito pastorale, ma è noto soprattutto perché, con l'aiuto di volontari, ha riparato più di 1.700 strutture ecclesiali

Mi è sempre sembrato estremamente ingiusto che tutti paghino per le colpe di pochi, ma la realtà è che gli errori hanno più ripercussioni, fanno più rumore, di tante vite semplici piene di buone intenzioni.

Per questo adoro parlare con don Fermín González, un sacerdote che è riuscito a fare notizia, ma di quelle buone, piene di speranza e di affetto.

Don Fermín è noto affettuosamente come “el cura de la motosierra”. Questo soprannome deriva dall’affetto dei montanari della zona di Burgos, che tante volte lo hanno visto andare a far legna.

Ma perché questo sacerdote aveva bisogno di tanta legna? Il cuore della storia inizia qui. Arrivando alla parrocchia di Cebrecos, don Fermín ha verificato che le condizioni della torre erano deplorevoli. Era così rovinata che era difficile tirar via la struttura del tetto. Per abbattere i costi, ha lavorato con un gruppo di volontari.

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Hanno costruito una struttura così bella che quando il geometra l’ha vista, ha chiesto rapidamente all’arcidiocesi che don Fermín entrasse a far parte del servizio tecnico di restauro. È stato l’inizio di una grande attività, perché si è arrivati a riparare 1.700 strutture in 40 anni.

Pensando a tanti sacerdoti che riescono a riempire le chiese solo di vecchiette, devo chiederle come riesce a trascinare gli uomini per coinvolgerli, in modo altruista, a riparare le strutture, a lavorare sodo, per recuperare l’eredità delle parrocchie, della Chiesa…

La verità è che erano loro a cercarci.

Gente credente e non credente, che condivideva un senso di popolo, di identità, delle radici… Non c’è stato bisogno di forzare niente. Ciascuno apportava quello che sapeva. Credo però che si debba stare al loro livello, lavorare gomito a gomito e scoprire, riconoscere, la vita, la quotidianità del lavoratore stanco, della madre di famiglia… Quando si risponde alle loro preoccupazioni, quando ci si mette all’opera di fronte alle necessità reali della parrocchia, i volontari saltano fuori da sé.

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Viviamo in un’epoca in cui spesso si ripete che la Chiesa ha molto denaro. Don Fermín, lei può confermare che, come in qualsiasi famiglia, nella Chiesa a volte si devono compiere degli sforzi e vendere i tesori che si possiedono per poter affrontare le necessità essenziali.

È proprio così. Abbiamo dovuto vendere la casa del sacerdote di Ura per poter riparare la chiesa, per affrontare necessità più importanti.

“In carcere mi sono fatto buoni amici”

Don Fermín, dopo quarant’anni destinato alla parrocchia, nel mondo rurale, ha esercitato il sacerdozio in un centro di reclusione. È riuscito a ottenere qualcosa che al giorno d’oggi sembra molto difficile, ovvero fare comunità, fare parrocchia. Si può riuscire a fare parrocchia e comunità anche in carcere?

Sì, si può. Anche se tra i reclusi c’è un detto che recita “Non sono venuto qui a farmi degli amici”, io mi sono fatto dei buoni amici. Anche lì dentro c’è comunità. Come nelle parrocchie, bisogna dedicare loro del tempo, passeggiare con loro, conoscere le loro famiglie… Dobbiamo ascoltarci e accompagnarci.

In campagna ho montato strutture, in carcere sono crollate. Mi sono crollate quelle strutture mentali piene di preconcetti che non si adattano alla realtà, perché la generosità di prendersi cura, di accompagnarsi, c’è anche dietro le sbarre.

Don Fermín, crede che lo Spirito Santo abbia voluto supplire alla sua mancanza di formazione in progettazione e disegno tecnico per creare queste splendide strutture?

Non avevo conoscenze, ma ascoltavo, assistevo e mi formavo. Cercavo di mettere tutto al servizio dello Spirito Santo e di chiedermi: “Come posso trasformare in realtà il sogno di Dio in queste persone, come posso renderle felici?” Se sappiamo ascoltare, lo Spirito Santo ci dice come coinvolgerci per portare il sogno di Dio a tutte quelle persone – quelle della campagna, del carcere, della parrocchia.

Vogliamo seguire l’esempio di questo sacerdote?

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