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I vescovi di Venezuela e Colombia che hanno “varcato le porte dell’inferno”

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Cortesía

Pablo Cesio - pubblicato il 26/11/22

Si sono messi “nei panni dei migranti” in un luogo che porta a uno dei passi più pericolosi dell'America Centrale, noto come “Tapón de Darién”

Cercare di capire e ascoltare, essere empatici e mettersi nei panni dell’altro. Questo l’obiettivo dell’incontro degli organi direttivi delle Conferenze Episcopali di Colombia e Venezuela il 21 e 22 novembre a Necoclì, Urabá, diocesi di Apartadó, in Colombia.

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Con questo gesto, un gruppo di vescovi latinoamericani ha compreso meglio la realtà di migliaia di migranti irregolari che cercano di iniziare da quel luogo un cammino che li porta alla pericolosa foresta del Darién, che molti definiscono con una parola terrificante: “inferno”.

Lungo questo cammino, migranti di varie nazionalità – di Venezuela, Ecuador, Haiti e perfino dell’Africa – devono convivere con varie minacce legate ai trafficanti («coyote»), ma affrontano anche violenza e delinquenti.

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Secondo un comunicato diffuso dopo l’incontro, anfitrione dell’azione umanitaria sulle spiagge di Necoclí è stato monsignor Hugo Torres, vescovo di Apartadó.

È stato lì che, dopo una colazione al porto con alcune famiglie di migranti, i vescovi venezuelani e colombiani hanno ascoltato le “dolorose situazioni di sradicamento” e le motivazioni che spingono a emigrare.

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“Sappiamo che è difficile, ma andiamo avanti con Dio”, ha affermato una madre capofamiglia migrante venezuelana, come si è indicato nel comunicato diffuso.

Le storie tragiche abbondano abbondano, come esempi come quello di una famiglia che ha dovuto camminare per sette ore con il corpo del figlio assassinato.

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Un’azione permanente ed efficace

Attraverso campagne come questa, intitolata En los pies del migrante (Ai piedi del migrante), la Chiesa conferma un lavoro permanente ed efficace nelle zone di frontiera mediante il lavoro quotidiano sia della Pastorale Sociale Nazionale della diocesi di Apartadó che di Caritas, Red Clamor, Suore Francescane di Maria Immacolata e religiosi juanistas.

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Si cerca anche di richiamare l’attenzione perché le persone possanmo sostenere i migranti con aiuti solidali. Ad esempio, si allestiscono mense per i poveri e si donano alimenti alle parrocchie.

Nel caso dell’incontro recente – il secondo dopo quello dell’ottobre 2022 sempre tra vescovi di Colombia e Venezuela –, hanno partecipato per la Conferenza Episcopale Venezuelana (CEV) monsignor Jesús González de Zárarte, arcivescovo di Cumaná e presidente della CEV, e monsignor Mario Moronta, vescovo di San Cristóbal e vicepresidente della CEV.

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Per la Conferenza Episcopale Colombiana (CEC) erano presenti l’arcivescovo di Bogotà e presidente della CEC, monsignor Luis José Rueda Aparicio, monsignor Omar Alberto Sánchez, arcivescovo di Popayán e vice-presidente CEC, monsignor Luis Manuel Ali, vescovo ausiliare di Bogotà e segretario CEC, e monsignor Juan Carlos Barreto, vescovo di Soacha e presidente della commissione episcopale di Pastorale Sociale.

Si è anche svolta una riunione alla presenza di Defensoría del PuebloMigración Colombia, UNICEF, OIM (Organizzazione Internazionale delle Migrazioni), ACNUR (l’agenzia dell’ONU per i migranti), la Croce Rossa Colombiana, Mercy Corps e WORLD VISION.

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“I temi trattati sono stati la caratterizzazione dell’ultima ondata di migranti che si realizza con la famiglia estesa, compresi bambini, adolescenti e anziani, la tratta di esseri umani, lo sfruttamento sessuale e lavorativo, i bambini e adolescenti migranti non accompagnati. Un punto che è stato sottolineato è il fatto di riconoscerci come un Paese di accoglienza e di transito dei migranti”.

I vescovi si sono avvicinati alle “porte dell’inferno” per continuare a impegnarsi con iniziative e progetti che possano aiutare i migranti che devono affrontare tante sofferenze alla ricerca di una vita migliore.

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