C’è chi li chiama Gen Z, Digitarians, Post-Millennials, Centennials o Zoomer, per il legame con la piattaforma Zoom, che li ha “allevati e nutriti” durante gli anni di pandemia e di istruzione scolastica da remoto. Ma vengono appellati anche con un altro nome, tutto dedicato ai prodotti Apple come iPhone o i Pad: iGen, la generazione legata indissolubilmente al brand di Cupertino.
Chi sono i Gen Z
Nati tra il 1997 e il 2012, sono di solito definiti “Generazione Z” o “Gen Z” perché la Z segue in ordine alfabetico le lettere X e Y, usate rispettivamente per definire la Generazione X e la Generazione Y, hanno tra i 10 e i 25 anni e rappresentano la Internet generation, quella che non ricorda o non ha mai vissuto in un mondo senza connessione. In pratica è la prima generazione che ha avuto modo di accedere a internet fin dalla prima infanzia, quindi la chiamiamo anche “generazione mobile first”.
Interessante (soprattutto per i genitori e gli insegnanti) sapere che in media, la finestra entro la quale si riesce a catturare l’attenzione di un Gen Z, proprio perché estremamente legata alla velocità dell’universo internet, ha una durata di 8 secondi (per i Millennial, invece, sono 12). Dal momento che è cresciuta in una realtà iperconnessa, la generazione Z ha sviluppato un filtro naturale per ciò a cui si può interessare, per le fake news, e per la pubblicità. Questo filtro di 8 secondi li aiuta a stabilire se valga la pena ascoltare e osservare qualcosa o meno. Quindi concisione e capacità di sintesi, oltre a creatività, sono un obbligo quando ci si rivolge a loro.
Open learning e mondi fluidi e interconnessi
Quello della realtà e della virtualità, per i Centennials, sono mondi sempre interconnessi: questa generazione, infatti, si caratterizza per la fluidità del passaggio tra online e offline. La Gen Z è l’unica pronta per il Metaverso, poiché per loro fisico e digitale si fondono divenendo due facce della stessa medaglia. Il Metaverso, infatti, è un’estensione della vita reale nel virtuale, un vero e proprio lifestyle ibrido che carpisce le esigenze di quella fascia di popolazione che non ha difficoltà a spostarsi da una dimensione all’altra.
Tale fluidità la vediamo anche nel modo in cui affrontano la scuola e l’istruzione in generale: studiano sì in presenza, andando a scuola, ma sempre supportati dall’educazione digital e virtuale, educazione che spesso arriva anche dai social e dalle piattaforme online. Da qui la spiegazione del successo di pagine social come Will e Torcha, che nascono appositamente per fare informazione in una maniera innovativa e del tutto in linea con i nuovi canali. Ma non sono solo i social ad aver iniziato ad arricchire il bagaglio culturale dei giovani oltre che a divertirli, anche le grandi testate giornalistiche e le istituzioni scolastiche stanno cercando di parlare la lingua della Gen Z, rendendo i propri contenuti accattivanti, sintetici e di facile comprensione.
Si tratta di usare un linguaggio che non annoi l’utente: per esempio, sui social, un post educativo si alterna a un video di puro intrattenimento, in modo da farlo recepire e immagazzinare in maniera più semplice. D’altronde, Instagram come pure TikTok nascono sfruttando le immagini, che stimolano la memoria fotografica e lasciano il segno nelle menti di una generazione allenata a ricevere messaggi visual.
Universo gaming e Twitch
Youtube, Twitter e Instagram spopolano tra i Digitarians, a differenza di Facebook che proprio non piace (e poi ci sono i genitori che controllano). Snapchat è ancora in cima alla classifica delle preferenze, così come TikTok la fa ancora da padrone su tutti i social. Ma esiste anche un’altra piattaforma importantissima per la Gen Z: Twitch.
Le restrizioni legate alla pandemia hanno portato a un aumento considerevole dell’uso di videogiochi e in questo contesto si colloca il gaming. Questo ha non solo ampliato la platea di giocatori online, ma ha anche favorito la professionalizzazione di content creator nell’ambito gaming. Su Twitch spopola il formato dei livestream, un momento in diretta durante il quale un commentatore spiega e commenta il gioco, anch’esso live, come una vera e propria partita dal vivo a cui partecipano milioni di spettatori. Insomma, la versione virtuale di quello che facevamo noi negli anni ’80-’90, quando giocavamo una partita a videogame in una sala giochi e i nostri amici seguivano e commentavano dal vivo le nostre peripezie.
Attenzione alla dipendenza da internet
Quando i bambini diventano adolescenti, ricevere un cellulare diventa un rito di passaggio che permette loro di tenersi in contatto con i loro coetanei, pratica oggi socialmente accettata come quella di possederne uno sin da (fin troppo) piccoli. Come risultato, gran parte degli adolescenti è quasi sempre online. In Italia uno studio del 2019 ha mostrato che la metà dei bambini di quinta primaria ha uno smartphone proprio, e uno su cinque lo tiene acceso anche di notte.
I giovani utilizzano Internet come strumento per aumentare le proprie capacità relazionali, e spendono la maggior parte del loro tempo online comunicando privatamente con persone con cui interagiscono anche nella loro vita offline. L'utilizzo dei social media non è solo finalizzato ad essere aggiornati su ciò che succede nel mondo, ma anche e soprattutto per sviluppare e mantenere vive relazioni con persone vicine. Se l'uso dei social media è diventato parte integrante delle vite quotidiane dei membri della Generazione Z, quello che ne consegue è un vasto utilizzo dello smartphone in termine di ore e una tendenza alla dipendenza da internet, anche perché i social diventano uno strumento di creazione di identità. Ma se volete saperne di più sul mondo di internet e dei social, vi consiglio il mio ultimo libro Internet e l’anello della fuffa.