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Che cos’è la proposta dei 20 mila euro per chi si sposa in Chiesa?

matrimonio religioso

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Lucandrea Massaro - pubblicato il 21/11/22

Alcuni parlamentari della Lega hanno presentato una proposta di legge. Il Governo ha già preso le distanze. Ma è con i soldi che si salva la fede?

Di fronte al declino del matrimonio religioso in Italia, alcuni parlamentari della Lega hanno suggerito che la soluzione fosse un incentivo fiscale di ben 20 mila euro per i giovani under 35 che si sposano religiosamente. Un bonus matrimonio insomma.

Una idea che nasce in Parlamento

Depositata da Domenico Furgiuele e firmata anche da Alberto Gusmeroli, Simone Billi, Ingrid Bisa ed Erik Umberto Pretto tutti della Lega, il provvedimento ha fatto immediatamente discutere, innanzi tutto sulla sua liceità costituzionale, non a caso Furgiuele, conscio forse che la fretta non fanno buone leggi, ha corretto il tiro spiegando che «La proposta di legge volta a incentivare il settore del wedding, che per questioni di oneri prevedeva un bonus destinato ai soli matrimoni religiosi, durante il dibattito parlamentare sarà naturalmente allargata a tutti i matrimoni, indipendentemente che vengano celebrati in chiesa oppure no».

L’iniziativa parte dal dato Istat che rileva un calo maggiore — «più che doppio» — dei matrimoni religiosi rispetto a quelli civili. L’idea dei leghisti è che: «Il matrimonio civile è di per sé una celebrazione meno onerosa rispetto al matrimonio religioso». Quindi introduce quello che sembra un correttivo-incentivo: «Con il bonus intendiamo agevolare le giovani coppie che intendono celebrare il matrimonio religioso e che avranno la possibilità di usufruire della detrazione del 20 per cento delle spese connesse alla celebrazione».

Sinceramente la cosa lascia perplessi già da questa osservazione: in cosa costa di più il matrimonio religioso rispetto a quello civile? Nell’addobbo floreale della Chiesa? I matrimoni civili non prevedono il pranzo di nozze, di solito la parte più onerosa in questo tipo di celebrazioni?

Tra le condizioni: che gli sposi siano under 35, che il reddito complessivo sia sotto i 23 mila euro, e la cittadinanza italiana da almeno 10 anni. L’agevolazione sarebbe a disposizione per tutti i costi, dall’addobbo della chiesa, «i fiori e libretti» a quelli relativi alla festa («Abiti, ristorazione, bomboniere, coiffeur, make-up e wedding reporter»). Quantificate in «circa 716 milioni» le spese per lo Stato per coprire cinque anni di bonus.

Corriere

Ma il matrimonio religioso è una cosa diversa

Ma ancora di più lascia perplessi l’idea che si possa invertire la scarsa pratica religiosa mettendoci sopra dei soldi. Dice bene monsignor Vincenzo Paglia «Vede, il Concilio Vaticano II, nella Gaudium et Spes, parla del matrimonio cristiano come di una scelta d’amore per formare una famiglia». Il matrimonio «È una scelta di fede, libera».

In una intervista al Corriere il Presidente della Pontificia Accademia per la Vita dice opportunamente:

«Dopo il Covid si nota una leggera ripresa dei matrimoni, e tra questi molti anche in Chiesa. C’è da augurarsi che la tendenza si stabilizzi. Davanti alla crisi dei matrimoni, religiosi o civili, è opportuno pensare ad un sistema per sostenere le unioni stabili. Se lo Stato vuole aiutare le famiglie ben venga, ma tutte le famiglie».

E i matrimoni in Chiesa?
«Il matrimonio per la Chiesa è un sacramento e un sacramento non si compra. Il credente che sceglie la celebrazione del matrimonio in Chiesa non si fa convincere a questo passo dalle detrazioni economiche, almeno spero. Sono altre le ragioni che lo spingono al sacramento. Altro discorso sono tutte quelle misure che sostengano la realizzazione della vita familiare ed eliminino gli ostacoli, anche finanziari, che rendono difficile il progetto familiare. Su questo c’è da augurarsi un lavoro più robusto. Detto questo, la dimensione del credente è una scelta d’amore assolutamente libera da altri condizionamenti, va al di là di qualsiasi questione economica. Anzi, per chi ha fede in genere si dovrebbe fare il contrario».

In che senso?
«Chi ha fede e va in chiesa, si impegna a creare una famiglia come un servizio gratuito, fatto di generosità verso i figli, i familiari, i parenti anziani, la propria parrocchia, la Chiesa e il mondo intero, a cominciare dai più poveri, i più bisognosi, gli anziani soli, i bambini abbandonati…La gratuità è dimensione profonda dell’identità cristiana. La scelta religiosa, proprio per la sua gratuità, è al di fuori di ogni prospettiva o “incentivo” legislativo. D’altra parte, forse, la proposta intendeva sottolineare proprio la direzione di un sostegno alla formazione di legami forti e stabili, gli unici che potranno rispondere alla sfida della denatalità».

Forse non ce n’era bisogno

Se possiamo dare un suggerimento, meglio un rafforzamento dell’assegno unico per i figli, in questi giorni si parla di sconti IVA per pane e pasta, ma mi vengono in mente molti altri prodotti, dai pannolini al latte in polvere, che meriterebbero una qualche forma di esenzione o di calmiere sui prezzi. Il bonus matrimonio sembra più un favore ad un settore economico, quello dei wedding planner e degli eventi, che potrebbero essere aiutati in modo diverso senza sminuire la fede religiosa che non è competenza del Parlamento, che non un servizio alla Chiesa.

Insomma la cosa sembra più una boutade per far parlare i social, una disfida mediatica tra Lega e Fratelli d’Italia, piuttosto che una proposta per mandare avanti il Paese…

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