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“Essere cattolici non significa stare sulla defensiva, ma proporre i valori del Vangelo”

Lydia Jimenez

Lydia Jimenez

Miriam Diez Bosch - pubblicato il 14/11/22

Intervista a Lydia Jiménez, co-fondatrice e direttrice generale delle “Cruzadas de Santa María”

Noi cristiani non possiamo vivere sulla difensiva, né lasciarci abbagliare da ideologie passeggere. Lo ha detto ad Aleteia in questa intervista la direttrice dell’Istituto Secolare Cruzadas de Santa María, Lydia Jiménez, incaricata di presentare il Congresso Cattolici e Vita Pubblica organizzato dalla Fundación Universitaria San Pablo CEU a Madrid ogni mese di novembre.

La 24ma edizione del congresso organizzato annualmente dall’Associazione Cattolica dei Propagandisti e dalla Fundación è intitolato “Proponiamo la fede, trasmettiamo un’eredità”, e si svolgerà il 18, 19 e 20 novembre presso l’Universidad San PabloCEU di Madrid.

I cattolici non sono abbastanza presenti nella vita pubblica spagnola?

In effetti, bisogna promuovere una presenza più incisiva dei cattolici nella vita pubblica spagnola. Attraverso piattaforme culturali e promuovendo centri educativi cattolici, devono mantenere questa identità come migliore scommessa per l’evangelizzazione e per far emergere una società più giusta, imbevuta di Vangelo.

Essere cattolici significa stare sulla difensiva in una società poco incline ai valori del Vangelo o essere propositivi?

Ovviamente non vuol dire stare sulla defensiva, ma proporre i valori del Vangelo con una scommessa credibile di umanizzazione e valorizzazione della persona in tutte le sue dimensioni.

Lei è una donna piena di speranza o prova nostalgia per un passato più solido, parlando dal punto di vista religioso?

Credo che il momento storico che viviamo sia appassionante, e che le sfide che ci si presentano non possano essere affrontate con atteggiamenti nostalgici, perché in ogni momento della storia ci sono stati problemi, a cui hanno dato risposta i leader indiscutibili della società, ovvero i santi.

Come si può evangelizzare un mondo che non sa nemmeno se vuole essere evangelizzato?

Nel Giubileo del 2000, il futuro Papa Benedetto XVI ha parlato ai catechisti dell’atteggiamento e del metodo che dobbiamo usare oggi per evangelizzare. Ha iniziato parlando di conversione, e ha sottolineato che per essere credibili dobbiamo proporre con umiltà ed essere consapevoli del fatto che i grandi movimenti di evangelizzazione iniziano con piccole realtà. Ha parlato del “granello di senape”.

La testimonianza della coerenza

Dobbiamo evangelizzare per contagio. Dobbiamo essere persone credibili per la nostra coerenza di vita, suscitare interrogativi nel nostro modo di agire e far sì che la nostra proposta sia sempre coraggiosa e rispettosa di chi non condivide la nostra fede.

Le ideologie che reclamano società più permissive, inclusive, progressiste…, lasciano spazio alla proposta della religione?

Noi cristiani non possiamo vivere sulla difensiva, né lasciarci abbagliare da ideologie passeggere. Indietreggiare di fronte alle difficoltà non dà risultati. Il cristiano si fonda sulla speranza, sulla magnanimità davanti a ogni difficoltà e rovescio e sulla fiducia nel fatto che per chi crede tutto è possibile.

Aumentano i cattolici non praticanti…

Sì. Aumenta quello che in sé è una contraddizione. All’origine c’è la svalutazione della ragione, che si rifiuta di cercare la verità e di vivere in modo coerente. Il cattolico non praticante è come quello che si definisce calciatore e non ha mai toccato un pallone. Un controsenso, un’irrazionalità.

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