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Messico: la risposta dei vescovi al possibile ritiro dei presepi

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Antoine Mekary | Aleteia

Jaime Septién - pubblicato il 09/11/22

I presuli chiariscono che difendono la libertà religiosa con la sua espressione individuale e sociale, ma sono contrari al laicismo

La collocazione, nel 2020, di un presepe nello spazio pubblico di Chocholá, nello Stato dello Yucatán (Messico), ha provocato una denuncia cittadina arrivata fino alla Prima Camera della Suprema Corte di Giustizia della Nazione (SCJN). La Camera cercherà di capire se questo fatto abbia violato la Costituzione Politica degli Stati Uniti Messicani.

La denuncia ha comportato una serie di commenti e reazioni pubbliche a favore del fatto che, se si votasse per la limitazione dei presepi nei luoghi pubblici, presto si potrebbe limitare qualsiasi manifestazione religiosa in questi spazi.

Non imporre, ma proporre

La Conferenza dell’Episcopato Messicano (CEM) ha inviato un messaggio al riguardo, in cui i vescovi chiariscono che difendono la libertà religiosa nella sua espressione individuale e sociale, ma sono contro il laicismo.

Per i presuli messicani, il laicismo (che sta dietro molte delle proposte legislative del Paese) cerca l’assenza o la “neutralità” religiosa nella vita pubblica di un Paese prevalentemente religioso e cattolico.

Ricordano anche che nell’Articolo 18 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo si segnala che ogni persona ha il diritto e “la libertà di manifestare la propria religione o le proprie convinzioni a livello individuale o collettivo, sia in pubblico che in privato”.

Si tratta di un diritto “di base” al cui centro, dicono, c’è la dichiarazione del Concilio Vaticano II per cui i valori e la pratica religiosa “non possono mai imporsi, ma non si può neanche smettere di offrirli, perché il loro esercizio si radica nel valore della dignità umana”.

Pluralità alla base

Nel loro messaggio in nove punti, spicca la menzione del diritto alla libertà religiosa che presuppone un vero Stato laico, ovvero uno Stato alla cui base ci sono la pluralità e la libertà di credere o non credere.

I presuli ricordano poi che in Messico, nella prima metà del XX secolo, c’è stata una “corrente politica estremamente intollerante” che ha voluto proibire “l’esercizio non solo pubblico, ma anche privato della libertà religiosa, come anche del culto”.

Il risultato di questa “visione autoritaria ed equivoca della funzione dello Stato” è stata la sanguinosa persecuzione sfociata nella Guerra Cristera, che ha provocato circa 250.000 morti e “disposizioni” che hanno fatto vivere la Chiesa cattolica sempre sotto sospetto.

Un insegnamento difeso da Papa San Giovanni Paolo II, Papa Benedetto XVI e Papa Francesco è quello per il quale il vero Stato laico non può essere inteso come l’assenza o la falsa neutralità dell’elemento religioso. Lo Stato laico è chiamato a promuovere il dialogo e la partecipazione culturale della religione alla società.

Laicità positiva e collaborativa

Il documento si conclude ricordando le definizioni di laicità positiva, coniata dal Presidente francese Nicolas Sarkozy nel 2007, e di laicità collaborativa, definita dal Segretario di Stato della Santa Sede, Pietro Parolin, in Messico, il cui nucleo è il fatto che le religioni “hanno manifestazioni concrete che non si possono negare”.

“Il Messico ha bisogno di unità, di pace. Questo sorge dall’incontro della nostra vita al di là dei valori meramente strumentali”, dicono i vescovi della CEM, chiedendo di aprire cammini per il dialogo e l’incontro “alla ricerca di un senso comune, ordinato ai valori più profondi dell’essere umano”.

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