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La più grande schiavitù? fare qualcosa per essere contraccambiati

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Luigi Maria Epicoco - pubblicato il 07/11/22
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Un cristiano sa che lui è amato in maniera preventiva e che quest’amore lo mette nella condizione di vivere tutto il resto senza nessun'altra pretesa

Vangelo di martedì 8 novembre

Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà quando rientra dal campo: Vieni subito e mettiti a tavola?  Non gli dirà piuttosto: Preparami da mangiare, rimboccati la veste e servimi, finché io abbia mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai anche tu? Si riterrà obbligato verso il suo servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti? Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare». (Luca 17,7-10)

Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare.

Se qualcuno volesse avere la spiegazione più chiara di cosa sia la libertà, questa frase del Vangelo di oggi è la più eloquente. Infatti la più grande schiavitù che tutti viviamo è quella di voler essere sempre riconosciuti e corrisposti per ciò che facciamo.

In realtà non c’è nulla di male, ma alcune volte questo bisogno prende il sopravvento sulla vita stessa e la rovina. Se le persone che amiamo non ci danno un contraccambio ci feriscono. Se il lavoro che facciamo non è riconosciuto da qualcuno allora diventa una frustrazione. Se l’impegno che ci mettiamo nel vivere o fare qualcosa non corrisponde a una giusta gratificazione allora ci incattiviamo.

Il problema è che abbiamo tutte le ragioni per reagire in questo modo, ma in realtà questa è solo la prova che non siamo liberi.

Chi è libero vive tutto con gratuità, cioè senza aspettarsi nulla in cambio perché ciò che lo gratifica lo ha ricevuto prima.

Un cristiano, ad esempio, sa che lui è amato in maniera preventiva e che quest’amore lo mette nella condizione di vivere tutto il resto senza nessun'altra pretesa.

Laicamente questa libertà si chiama “libertà interiore”, e chi ce l’ha vive con una qualità superiore la propria vita.