Vangelo di Venerdì 21 Ottobre
Diceva ancora alle folle: «Quando vedete una nuvola salire da ponente, subito dite:
Viene la pioggia, e così accade. E quando soffia lo scirocco, dite: Ci sarà caldo, e così
accade. Ipocriti! Sapete giudicare l'aspetto della terra e del cielo, come mai questo
tempo non sapete giudicarlo? E perché non giudicate da voi stessi ciò che è giusto? Quando vai con il tuo avversario davanti al magistrato, lungo la strada procura di accordarti con lui, perché non ti trascini davanti al giudice e il giudice ti consegni all'esecutore e questi ti getti in prigione.
Ti assicuro, non ne uscirai finché non avrai pagato fino all'ultimo spicciolo».
(Luca 12,54-59)
Gesù nel Vangelo di oggi invita le folle e ognuno di noi a fare una cosa che molto spesso
noi intendiamo in maniera sbagliata, giudicare:
Il giudizio di cui Gesù sta parlando non è quello dei tribunali, e non è quello del dito puntato. È il giudizio di chiamare le cose per nome. È una cosa che raramente facciamo ma che dovremmo imparare a fare costantemente. Infatti solo quando chiami le cose per nome allora puoi anche affrontarle, diversamente le subisci.
Ma il vero motivo per cui non vogliamo chiamare le cose per nome è per non assumercene la responsabilità. Infatti sapere che una cosa è vera o falsa, bene o male, rende te infinitamente responsabile delle scelte che fai. In verità non si può mai essere liberi finché non si impara a dire a se stessi la verità ad alta voce. Giudicare, infatti, è una disciplina che riguarda soprattutto il rapporto con noi stessi.
Il più grande regalo che possiamo farci è avere il coraggio di dirci la verità, e poi avere il coraggio di vivere per essa. Fu proprio questo l’augurio che ricevetti molti anni fa nella festa del mio compleanno: un sacerdote che ho sempre stimato, a me adolescente,
regalò un libro con tutte le opere di Platone e vi scrisse sulla prima pagina: “Conosci la
Verità e vivi per essa”.
Ma Platone non poteva sapere chi fosse davvero quella Verità.
Quel sacerdote e io invece si: Gesù.