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Spiritualità
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Un sacerdote può rifiutarsi di confessare qualcuno?

CONFESSIONAL BOOTH

Barbara Castello | GODONG

Padre Henry Vargas Holguín - pubblicato il 19/10/22

Le ragioni del Diritto Canonico per cui un sacerdote può rifiutarsi di amministrare il sacramento della Riconciliazione a una persona

“A chi perdonerete i peccati, saranno perdonati; a chi li riterrete, saranno ritenuti”.

Gv 20, 23

“Nello spirito di Cristo pastore insegnano altresì a sottomettere con cuore contrito i propri peccati alla Chiesa nel sacramento della penitenza”.

Presbyterorum Ordinis, 5

In primo luogo, bisogna sapere che “i fedeli hanno il diritto di ricevere dai sacri Pastori gli aiuti derivanti dai beni spirituali della Chiesa, soprattutto dalla parola di Dio e dai sacramenti” (Codice di Diritto Canonico, canone 213).

È quindi chiaro che i cattolici devono far valere questo diritto di ricevere i sacramenti, ma non come diritti senza doveri, perché devono anche essere nella condizione di riceverli.

Diritti e doveri

PRAY

Chi vuole ricevere un sacramento è costretto a prepararvisi, e i ministri ordinati hanno il dovere di offrire la giusta preparazione:

“I pastori d’anime e gli altri fedeli, ciascuno secondo il proprio compito ecclesiastico, hanno il dovere di curare che quanti chiedono i sacramenti, siano preparati a riceverli mediante la dovuta evangelizzazione e formazione catechistica, in conformità alle norme emanate dalla competente autorità”.

Canone 843, 2

I ministri ordinati hanno quindi il dovere di amministrare i sacramenti, ma hanno quello di esigere la dovuta preparazione. Dice il Codice di Diritto Canonico (843,1):

“I ministri sacri non possono negare i sacramenti a coloro che li chiedano opportunamente, siano disposti nel debito modo e non abbiano dal diritto la proibizione di riceverli”.

Ciò vuol dire che alle persone devono essere negati i sacramenti se li chiedono senza tener conto della normatività della Chiesa, se non sono ben disposte o se il diritto canonico vieta loro la ricezione dei sacramenti.

Per ricevere un sacramento bisogna essere battezzati

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La Chiesa nega e deve negare i sacramenti a una persona che non ha il sacramento del Battesimo.

Perché? “Il santo Battesimo è il fondamento di tutta la vita cristiana, il vestibolo d’ingresso alla vita nello Spirito (« vitae spiritualis ianua »), e la porta che apre l’accesso agli altri sacramenti”. Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1213

Ovviamente ci sono sacramenti per i quali non è richiesta la presentazione del certificato di Battesimo, o il sacerdote non va a vedere se la persona è battezzata o no, presumendo che lo sia.

Questi sacramenti sono la Comunione eucaristica ordinaria, la Confessione e l’unzione dei malati.

Qui si presume la buona fede delle persone. Il sacerdote, confidando nel fatto che la persona sia battezzata, deve disporsi ad amministrare questi sacramenti.

In questo senso, se si verifica il caso in cui qualcuno, ad esempio, ignorando o meno il fatto di non essere battezzato, si accosta alla Comunione o alla Confessione o chiede l’unzione degli infermi, il sacerdote semplicemente gli amministra questi sacramenti.

Da un lato, però, questi sacramenti vengono ricevuti in modo illecito e non hanno efficacia o validità, dall’altro la persona potrebbe anche commettere un sacrilegio.

La possibilità di rinviare la Confessione… o l’assoluzione

Quanto al sacramento della Confessione, il sacerdote dev’essere sempre disposto a ricevere in Confessione il penitente.

Il sacerdote, pur non avendo le dovute facoltà o licenze ministeriali, deve anche essere pronto ad assolvere, rapidamente e sotto condizione, una persona (compreso il complice contro il sesto comandamento, canone 977) che sia in grave pericolo di morte, indipendentemente dal fatto che questa sia cosciente o meno (Canone, 976; Canone 986, 2).

In riferimento all’amministrazione ordinaria del sacramento della Confessione, se il penitente chiede il sacramento ma il sacerdote in quel momento non può assistere il fedele, il presbitero può e deve rinviare la Confessione.

Può anche raccomandare di rinviare l’assoluzione, e può e deve imporre il suo rinvio quando non vede nel fedele la giusta e dovuta disposizione.

Il penitente non ha la dovuta disposizione quando gli manca o non ha compiuto bene almeno uno dei quattro passi precedenti all’assoluzione, che sono gli atti del penitente (Catechismo 1450 e segg.). Ed è molto facile che il sacerdote se ne accorga.

Si deve rimandare l’assoluzione anche quando il parrocchiano afferma con forza di non avere alcun peccato solo perché dice di non aver ucciso o rapito nessuno, o che non ha nulla di cui convertirsi; quando si crede perfetto e dice che approfitta della Confessione solo per ‘sfogarsi’, quando espone qualche situazione per chiedere consiglio, quando confessa solo i peccati altrui…

Quando si nega una Confessione

Rimandare la Confessione e/o l’assoluzione, però, non significa in alcun modo negare il sacramento.

Anzi, differire la Confessione e/o l’assoluzione è fare un favore al penitente. Il sacerdote deve però spiegare il motivo di questa decisione.

In ogni caso, il penitente non deve andarsene con cattivi sentimenti né contro la Chiesa né contro il sacramento della Riconciliazione, né contro il sacerdote.

Nell’immaginazione del penitente, non può rimanere alcuna idea o sospetto che il sacerdote sia stato negligente, apatico, indifferente, ecc..

“Se il confessore non ha dubbi sulle disposizioni del penitente e questi chieda l’assoluzione, essa non sia negata né differita”.

Canone, 980

Di conseguenza, il sacerdote ha la facoltà di negare o rinviare l’assoluzione se lo ritiene opportuno.

Non si nega il sacramento per aver peccato insistentemente

JESUS

Il fatto che si sia recidivi non è motivo per negare l’assoluzione del penitente.

Nel caso di persone recidive per un peccato grave dopo l’assoluzione, oltre all’assoluzione e all’orientamento pastorale o spirituale può essere opportuno raccomandare al penitente di cercare ulteriore aiuto professionale, un aiuto psicologico.

In ogni caso, bisogna tenere presente che i peccati influiscono sulla persona non solo a livello spirituale, ma anche a livello psichico, emotivo e persino corporale.

Una cosa, tuttavia, è rinviare temporaneamente la Confessione e/o l’assoluzione, un’altra molto diversa è negarla del tutto.

Quando un sacerdote deve negare l’assoluzione?

1 Quando non c’è volontà di cambiamento

Il sacerdote deve negare l’assoluzione quando il fedele, violando o ignorando il terzo requisito per fare una buona Confessione, vive in un’occasione prossima e volontaria di peccato, ovvero quando chi si confessa vive in una situazione che lo fa peccare in modo abituale o lo mantiene in quello stato, e la persona non può o non vuole porre fine a questa situazione.

Non si fa il giusto proposito di emendamento quando la persona non si allontana dall’occasione di peccato, quando si giustifica il peccato, a volte quando dopo la Confessione persiste la situazione di peccato, quando la persona è ormai adagiata nel peccato.

È il caso, in generale, delle persone che vivono in concubinato, adulterio, uso costante di anticoncezionali immorali, unioni omosessuali (anche se legali), unioni di poliamore, difesa a oltranza dell’aborto…

Il motivo per negare l’assoluzione è semplice: se non c’è proposito di emendamento, non c’è neanche un atto di contrizione o di pentimento sincero, perché entrambe le cose vanno intrinsecamente e indissolubilmente di pari passo.

Ad ogni modo, ogni situazione è unica, e conoscerla può aiutare a realizzare un accompagnamento che dia buoni frutti:

“La Chiesa possiede una solida riflessione circa i condizionamenti e le circostanze attenuanti. Per questo non è più possibile dire che tutti coloro che si trovano in qualche situazione cosiddetta ‘irregolare’ vivano in stato di peccato mortale, privi della grazia santificante”. 

Amoris Laetitia, 301

2 Quando ci sono peccati riservati

Il sacerdote deve negare l’assoluzione anche quando il penitente confessa di aver commesso i cosiddetti peccati riservati, ovvero i peccati che generano scomunica.

Sono peccati che il sacerdote ordinario non può legittimamente assolvere a meno che il penitente non corra serio pericolo di morte.

Ci sono peccati riservati al vescovo: eresia, scisma, apostasia, fingere di essere sacerdote e agire come tale (Canone 1378), cogliere e divulgare ciò che si dice in Confessione…

Ci sono anche peccati riservati al Papa: sacrilegi (profanazione di specie eucaristiche consacrate); attentare alla vita del Papa; assolvere il complice del peccato contro il sesto comandamento; in qualità di vescovo, consacrare un altro vescovo senza mandato pontificio o attentato di ordinazione sacerdotale di una donna; per il sacerdote, violare il segreto della Confessione.

3 A distanza

Il sacerdote deve negare l’assoluzione quando la persona, approfittando, ad esempio, di una telefonata o di un altro mezzo per raccontare al sacerdote i propri peccati, ha la speranza o l’intenzione di essere assolta a distanza. In quel caso non può esserci il sacramento della Confessione.

La Confessione con qualsiasi altro mezzo, escludendo contemporaneamente la presenza sia del sacerdote che del penitente, non solo non è valida, ma è anche sacrilega (Denzinger-Schonmetzer, 1994).

Per la validità della Confessione, è imprescindibile la presenza fisica del penitente davanti al confessore.

4 Quando il sacerdote non ha licenze ministeriali

Un sacerdote sospeso a divinis e/o senza licenze ministeriali deve in coscienza rifiutarsi di ascoltare Confessioni e di assolvere.

Può accadere che i fedeli non conoscano la situazione del sacerdote e gli chiedano di confessarli, ma egli, senza necessità di dare spiegazioni, deve astenersi dall’esercitare, in questo senso, il ministero sacerdotale, altrimenti non assolve in modo lecito.

Le vere ragioni per negare una Confessione

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Rinviare o negare l’assoluzione sacramentale da parte del sacerdote è un atto che non dipende dalla sua volontà, ma dalla verità delle circostanze e dall’essenza del sacramento.

Pertanto rinviare o negare l’assoluzione quando è realmente necessario o obbligatorio non deve essere quindi motivo di preoccupazione per il sacerdote.

Gesù stesso, durante la Sua crocifissione, assolse il buon ladrone, cosa che non ha fatto con l’altro ladrone per la sua insolenza, perché non ha chiesto perdono, perché mancava di umiltà e soprattutto perché non riconosceva la divinità di Gesù, il Cristo.

È anche ben noto che Padre Pio da Pietrelcina e il Santo Curato d’Ars, molto malvolentieri, hanno spesso negato l’assoluzione.

In ogni caso il sacerdote, che assolva o meno il penitente, deve sempre custodire il sigillo sacramentale di ciò che è stato ascoltato in Confessione.

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