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“Immischiati” nella vita, prima di tutto

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Lucandrea Massaro - pubblicato il 14/10/22
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Un progetto sotto l'egida di Gigi De Palo che dall'esperienza decennale nell'associazionismo e in una lotta quotidiana contro la denatalità propone un percorso sulla Dottrina Sociale

Né un corso di auto aiuto, quelli bravi dicono self help, né un corso teorico di filosofia e teologia cattolica, ma un percorso per scoprire la bellezza, troppo spesso nascosta, che sta dentro la Dottrina Sociale della Chiesa.

Il progetto “Immischiati”, finanziato dalla Fondazione Cattolica e portato avanti dalla Fondazione per la natalità e dall’“Associazione OL3 – Né indignati né rassegnati”, che si occupa di divulgare la Dottrina sociale della Chiesa (Dsc), ha lanciato a settembre un corso completamente gratuito proprio sui pilastri della Dsc: persona, bene comune, solidarietà, sussidiarietà e partecipazione. Un percorso che è una sfida: 5 anni, che nell'epoca della velocità, del tutto e subito è quasi una bestemmia. E invece è non solo una scommessa, ma un voler fare sul serio, perché come dice il sito di immischiati "Le cose che durano necessitano di radici profonde e perché la politica e la partecipazione non si improvvisano".

Che cos'è "Immischiati"

Di nuovo leggiamo dal sito: "L’obiettivo è quello di portare un “primo annuncio” di Dottrina Sociale della Chiesa tutti gli uomini e le donne di buona volontà che cercano, spesso invano, una chiave di lettura sulla realtà, che sia radicata nella tradizione della Chiesa, ma che vada oltre le divisione ideologiche ormai superate e, spesso, limitanti".

Un progetto che nasce da una constatazione. Dopo aver letteralmente rifondato il Paese nel dopoguerra, la cultura cattolica, l'impegno politico dei cattolici in quanto tale nell'ultimo trentennio almeno è sparito, si è come prosciugato, eppure la sorgente - che è il Vangelo e il Magistero della Chiesa - c'è e non si esaurisce mai.

Cosa è successo? Tanti i motivi naturalmente, ma la scommessa è: se l'acqua c'è, si tratta solo di costruire i pozzi. E per farlo ci vuole tempo. Da qui l'idea di un progetto di lungo termine: cinque anni, un percorso lungo che vuole destrutturare, decostruire le etichette che, anche inconsapevolmente, ognuno si porta dentro e permettere alle persone di ri-partire dalla realtà, dalla concretezza dei problemi e delle gioie della vita, per poterle condividere e risolvere o farle diventare comuni. Lo scopo? Creare cittadini-pivot che siano innamorati del Bene Comune, che si gettino nella mischia per migliorare l'esistente con un progetto chiaro e un orizzonte di senso vero e reale. Non una teoria a cui il reale si adatti, ma una bussola per venire incontro ai bisogni di ciascuno, in una fase di grave crisi per il paese.