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Di fronte a dilemmi etici, l’insegnante “deve presentare la vita”

PREGNANT

Shutterstock | Anastassiya Bezhekeneva

Fundación Pablo VI - pubblicato il 18/09/22

José Fernando Juan imparte un nuovo corso di Bioetica che aiuta i docenti ad affrontare le questioni più delicate

Il nuovo disegno di legge sull’aborto in Spagna, che permetterà ai minori di 16 anni di abortire senza il consenso dei genitori, rende ancor più difficile, nel caso in cui servisse, affrontare le situazioni che vivono ogni giorno i docenti.

Nonostante il loro ruolo importante nell’educazione di bambini e adolescenti, i docenti si vedono spesso in difficoltà al momento di affrontare molti dei problemi che emergono in aula: una gioventù sovraesposta e iperconnessa in una società che dà la priorità alla rapidità e al risultato immediato rispetto a tranquillità e costanza; solitudine; polarizzazione, problemi di salute mentale e confusione di fronte a questioni riferite alla propria condizione umana e alla propria dignità. Come rispondono i docenti ai dilemmi etici che si vivono quotidianamente in aula? Che strumenti hanno? Sono pronti ad affrontare questioni trasversali che vanno al di là dei temi propri di ogni materia?

JOSE FERNANDO JUAN

La Fundación Pablo VI imparte corso di Bioetica che offre una risposta ad alcune di queste inquietudini.

Quali sono i problemi etici che affrontano gli insegnanti nel loro lavoro quotidiano?

Uno dei grandi problemi etici è il fatto che lo studente impari che la sua vita ha un valore di per sé e come affrontare le relazioni con gli altri, perché la sua vita, i suoi interessi, i suoi doni e le sue capacità non si vedano soppressi al gruppo o debba smettere di essere se stesso. Io la chiamo “mondanizzazione”. A volte non ci occupiamo abbastanza dello studente. Ci occupiamo delle sue relazioni, delle sue emozioni, del suo risveglio sessuale… Sono tutte connessioni con la realtà, e nel frattempo non permettiamo che lo studente si chieda chi è. Quando non si pone questa domanda è alla mercé di mode, relazioni, costumi, o qualsiasi altra deriva proposta dalla società.

Molti dei temi che caratterizzano l’attualità hanno uno stretto rapporto con la propria dignità umana: eutanasia, aborto, disabilità, salute mentale, perfino la solitudine… I giovani si pongono domande su questi temi?

Ai giovani interessano tutti i problemi della società, in un momento in cui si stanno aprendo ad essa. Si formano opinioni, e a volte lo fanno per semplice opposizione, ideologizzata da fattori che non intervengono direttamente sul nucleo del problema. Parliamo di gruppi che cercano di dare idee preconfezionate, e se si appartiene a una corrente si devono accettare alcune cose senza criticare. A volte si formano anche opinioni molto lontane dalla propria vita, e quando uno studente vive situazioni in cui la propria dignità o quella di una persona vicina viene intaccata, la sua visione della situazione stessa cambia.

Bisogna pensare a come umanizzare i dibattiti, a come personalizzarli e a non dimenticare che non parliamo di idee o leggi, ma di persone. Questo è importante anche per l’educazione e per la crescita degli studenti. L’approccio mediatico a tutti questi temi è uno dei problemi a cui vogliamo dare risposta con questo corso di Bioetica per docenti.

Di quale formazione avrebbero bisogno gli insegnanti per affrontare questi argomenti?

La formazione dell’insegnante dovrebbe essere più integrale possibile. Non possiamo pretendere un’educazione integrale dello studente se il nostro sapere è troppo frammentario o se perdiamo di vista la persona nel suo insieme, la società e altre questioni che vanno al di là della nostra materia.

La formazione dell’insegnante deve avere due aspetti fondamentali. Il docente dev’essere molto bravo nella sua disciplina, conoscere la sua materia e la sua didattica particolare per insegnarla, ma deve anche essere aperto a dialogare con altre questioni, cosa che gli dà una ricchezza diversa in un cammino che promuove le competenze e l’interdisciplinarietà.

Ci sono molti insegnanti preoccupati, e credo che una buona formazione per loro, qualcosa che permetta un lavoro approfondito, apporti molto, perché servono professori ben formati che permettano di intavolare nuove conversazioni pensando alle opportunità e non ai problemi, visto che stiamo parlando dello sviluppo dello studente, non di un trattamento terapeutico. Più c’è ampiezza, più lo studente sarà preparato.

Il nuovo disegno di legge sull’aborto permette che adolescenti di 16 anni vi si sottopongano senza il consenso dei genitori. Cosa dovrebbe fare un insegnante di fronte a una realtà come il desiderio di una minorenne di abortire senza che i genitori lo sappiano? Non si pone forse il dovere morale di avvertire la famiglia, con cui spesso i docenti hanno un rapporto stretto?

Credo che il rapporto tra insegnante e studentessa, in generale, si basi su altri parametri, soprattutto alla scuola secondaria e all’università. Anche se c’è vicinanza, le questioni gravi hanno bisogno di tempo per essere elaborate e formulate. La cosa più comune è incontrare giovani che hanno bisogno di elaborare la propria storia.

Quanto a quello che credo debba fare un insegnante, soprattutto di alcune materie, è presentare la vita e cercare una razionalità, principamente nei temi complessi. Le prove scientifiche, insieme ai principi etici. Quanto all’aborto, quello che constatiamo a livello sociale è precipitazione, molta ideologia e mancanza di riflessione. Per questo i temi di questo tipo non si chiudono con calma, né si arriva facilmente ad accordi. I casi di cui si parla, poi, sono in genere strani ed esagerati. Con i temi seri serve pace.

Dobbiamo sempre garantire la comunicazione con le famiglie con rispetto e libertà. I genitori devono sapere che siamo umanamente disponibili e professionalmente preparati per affrontare alcuni temi; quanto ad altri, penso che sia meglio affrontarli con esperti o persone con più esperienza, altrimenti il professore può vedersi sopraffatto.

L’insegnante sta forse diventando responsabile di quello su cui non si lavora a casa?

Diciamo da anni cose del genere. La scuola e la famiglia sono sempre andate di pari passo nell’educazione, sopportando anche tutte le tensioni. Il grande cambiamento avviene in una società sempre più diversificata e priva di figure con autentica autorità, leadership e orientamento vitale. Ci è stato proposto un discorso sull’incertezza a ogni livello che provoca molto disagio.

In questa situazione, l’insegnante non deve perdere di vista il fatto che è un punto di riferimento per i suoi studenti, e da questo deriva la necessità di essere coerenti ed esemplari. Non impostati, non ricercati. Nelle lezioni ci assumiamo un’enorme responsabilità nella vita dei nostri studenti, e accompagniamo il loro destino. Ne sono consapevole, e credo che sia un lavoro personale e un compito degli insegnanti. Un valido progetto educativo aiuta a ripensare e a riproporre costantemente il rapporto dell’insegnante con i giovani.

I giovani soffrono per una loro “leggenda nera”? Sono così negativi come vengono spesso dipinti?

Questo è uno dei miei cavalli di battaglia: la considerazione positiva dell’infanzia e della gioventù. Non ci sarebbe scuola se qualcuno non avesse visto delle possibilità in quel periodo così ricco, fecondo e ricettivo. Ecco perché credo che queste analisi che parlano dei giovani in modo negativo e lanciano continuamente allarmi educativi possano avere un effetto contagioso reale e peggiorino la vita dello studente, il rapporto con gli insegnanti e la visione della scuola da parte delle famiglie, e avvelenino tutto il mondo educativo.

Noi insegnanti dobbiamo anche curare l’immagine che abbiamo dei nostri studenti. È vero che in alcuni casi, come il mio, ci separano una distanza di due generazioni e un’esperienza di vita, ma continuo a guardarli con la bontà e la novità che credo che la vita dia loro in un tempo privilegiato, come il fatto di vivere per la prima volta certe cose. Dobbiamo lasciarli vivere con freschezza e permettere loro di crearsi il proprio cammino aprendo loro orizzonti e accompagnandoli. A scuola ci sono conoscenze che non si possono dare per scontate e a cui bisogna sempre tornare, perché più vivo, più mi rendo conto che meno so e più domande ho.

Il mio sguardo verso i giovani è positivo, e credo che il dialogo conflittuale sull’educazione danneggi la scuola. Se ci fosse una maggiore fiducia, un riconoscimento reciproco e una valorizzazione del percorso compiuto, tutto il sistema migliorerebbe.

STUDENTS

Si dice che viviamo nella generazione “tenera”. I giovani hanno meno tolleranza nei confronti delle frustrazioni?

Penso che sia indiscutibile che ci sia stato un cambiamento nello stile e nei modi di vivere. Le nostre condizioni sono molto migliorate rispetto alla generazione precedente. Non viviamo abitualmente da bambini il peso della natura, i condizionamenti della storia, e siamo inseriti in società del benessere con Governi che in un modo o nell’altro devono garantire dei diritti ai loro cittadini. Questo influisce sul modo in cui viviamo la nostra condizione umana e il nostro posto nel mondo

A mio avviso, ciò che conta non è il fatto di enfatizzare i problemi, ma di cercare, come chiede papa Francesco nel Patto Educativo Globale, di far sì che i centri educativi si assumano il compito di formare persone mature. Le sfide della globalizzazione e dell’unificazione globale, l’impatto e l’alterazione della tecnologia sugli stili di vita, la dipendenza economica dai nostri consumi e la struttura sociale, i cambiamenti nel clima, la natura, l’organizzazione mondiale… tutto questo richiede persone con una grande capacità umana di discernimento, dialogo e decision-making a lungo termine.

Siamo in un momento in cui la scuola riprende i suoi obiettivi e li ripensa in questo scenario aperto al futuro con speranza. Dal mio punto di vista, tutto questo passa attraverso il recupero delle radici profonde del progetto cristiano europeo, fraterno, libero e giusto.

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