Per curare tristezza e malinconia, santa Ildegarda utilizzava due piante: la mandragora e il verbasco. La tesi della monaca naturalista vissuta nel medioevo, è rafforzata da evidenze scientifiche odierne. Di questo e di altre piante medicinali usate da santa Ildegarda, ne parlano Marcello Stanzione e Bianca Bianchini nel libro “Santa Ildegarda - Terapia fisica e spirituale del cuore” (Sugarco edizioni).
Verbasco e tristezza
« ...E chi ha il cuore debole e triste cuocia il verbasco con la carne o con il pesce o anche con le frittelle, senza altre erbe, e ne mangi spesso e rafforzerà il suo cuore e lo renderà lieto», scriveva Ildegarda.
Pozioni d’amore
il verbasco è noto fin dall’antichità: Dioscoride e Plinio lo utilizzavano per le problematiche polmonari. Marco Vipsanio Agrippa (63-14 a.C.), generale e genero di Ottaviano Augusto, sosteneva che il profumo delle sue foglie era efficace contro i demoni, e nel Medioevo era utilizzato per pozioni d’amore.
Cura della tubercolosi
Da un erbario in lingua inglese del XVi secolo si evince che il verbasco è stato utilizzato con successo nei secoli passati per curare la tubercolosi.
Tintura per capelli e tessuti
Le sue foglie venivano messe nelle scarpe per alleviare la fatica nel cammino, mentre i semi, che sono tossici, erano usati per prendere pesci. dai fiori si produceva un colorante giallo usato per tingere capelli e tessuti, mentre gli steli secchi immersi nel grasso venivano usati come torce.
Asma e mal di gola
Molte tribù di Pellerossa lo utilizzavano come erba medicinale. i Mohicani ne fumavano le foglie come rimedio per asma e mal di gola.
I consigli di Ildegarda: non solo cuore
ildegarda, a proposito del verbasco, scrive: «Ma anche chi è rauco di voce e in gola e chi ha dolori al petto faccia bollire verbasco e finocchio in ugual peso in un buon vino, lo filtri attraverso un panno e ne beva spesso e riacquisterà la voce e il petto guarirà».
Attuali evidenze
Il verbasco contiene mucillagini e gomme dall’azione emolliente; saponine che favoriscono l’espettorazione; glicosidi e flavonoidi che esercitano azione antinfiammatoria. Foglie e fiori sono stati utilizzati per la terapia della tubercolosi e hanno dimostrato attività antibatterica.
Effetti diuretici
Le foglie e i fiori sono usati non solo per curare affezioni bronchiali, ma anche, grazie all’azione antispasmodica, enteriti e diarrea. Sono inoltre moderatamente diuretici ed esercitano azione antinfiammatoria sul tratto urinario.
Contro la malinconia
Nel libro “Physica”, santa ildegarda consiglia la mandragora come rimedio contro malinconia e tristezza. «Quando un uomo è così dilaniato nella sua intima essenza da andar in giro sempre triste e ininterrottamente pieno di angoscia, quando egli sente nel suo cuore incessante miseria e dolore, prenda una mandragora che sia stata sradicata dalla terra e tenuta per un giorno e una notte in una fonte d’acqua sorgiva; la ponga accanto a sé nel letto, sì che la radice si riscaldi al calore del suo corpo, e poi parli...».
Il rito di purificazione
Per poterla utilizzare, visto che la si riteneva posseduta da influssi demoniaci, era necessario purificarla. e il metodo suggerito dalla badessa di Bingen è questo: «Quando la si strappa dal suolo, si deve metterla subito in una fonte per un giorno e una notte: in questo modo tutto il male e l’umore cattivo che contiene vengono evacuati, al punto che essa non ha più alcuna virtù magica né fantastica. Ma se, quando la si sradica, la si lascia semplicemente con la terra che vi è attaccata, senza purificarla in una fonte, in tal caso resta pericolosa in quanto favorisce incantesimi e visioni allo stesso modo in cui, talvolta, molte cose cattive sono state realizzate con gli idoli».
La trasformazione in farmaco
Da questo rito di purificazione «per aquam», accompagnato da una preghiera propiziatoria, la mandragora riemergeva trasformata in farmaco.
“Della stessa terra di Adamo”
Ildegarda, trattando delle virtù terapeutiche della mandragora la definisce «un pezzo di terra che non ha mai peccato». «La mandragola è nata dalla stessa terra con la quale fu creato Adamo, e la sua forma rassomiglia in un certo senso a quella di un uomo. Così è questa pianta e, a causa della sua rassomiglianza con il corpo umano, il diavolo con la propria influenza e con il proprio artificio è più vicino ad essa che alle altre erbe. Di conseguenza con essa l’uomo può suscitare il bene e il male, secondo i propri desideri, così come faceva un tempo con i propri idoli».
La regressione alle origini
Interpretando il pensiero della santa, la guarigione avviene tramite una regressione simbolica e rituale alle origini, ai tempi di Adamo nel Paradiso terreste. Grazie alla sostanza (terra del Paradiso) e alla forma (antropomorfa) della mandragora il malato reintegra, simbolicamente, la purezza, la santità e la gioia paradisiache. È il vero ritorno alle origini, al tempo della creazione dell’uomo e del mondo. E con la rinascita si è liberi dalla malattia.
I consigli di Ildegarda: non solo cuore
La mandragora, adeguatamente purificata, era utilizzata per la sua attività sul sistema nervoso.
Le evidenze scientifiche
La mandragora contiene, soprattutto nella radice, un gruppo di alcaloidi la cui azione è simile a quella dell’atropina che si estrae dalla belladonna. Fra questi i principali sono rappresentati da: Liosciamina; atropina; scopolamina. Questa miscela di alcaloidi è presente anche nelle foglie della pianta ed è responsabile degli effetti tossici a carico di sistema nervoso centrale, apparato gastrointestinale, sistema cardiovascolare.
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