Una carriera nella pallavolo che comincia aiutando il figlio sordo. Dalle medaglie olimpiche ed europee con la Nazionale femminile sorde, oggi allena la nazionale iraniana. Prima straniera a occupare questo ruolo
Dal Trentino a Teheran, potrebbe essere l’inizio della cronaca di una disavventura. E invece è proprio un’avventura, è la trama di vita di Alessandra Campedelli che da insegnante di educazione fisica è arrivata ad allenare oggi la Nazionale di pallavolo femminile in Iran.
Seguire il proprio talento, ma anche i segni della realtà
Classe 1974, Alessandra Campedelli dallo scorso 2 giugno è la Ct della Nazionale iraniana femminile di pallavolo. Mi ha incuriosito incrociare la sua storia, e mi pare che parli di come si costruisce una carriera. E’ l’opposto della mera pianificazione per obiettivi ambiziosi e astratti. L’avventura è la cosa più corrispondente a noi umani, un percorso in cui le presenze inattese della realtà diventano una strada maestra verso ipotesi non messe in conto, eppure fecondissime.
E così il punto di partenza di Alessandra Campedelli è una forte predisposizione sportiva. Studia al liceo scientifico, consegue anche una maturità magistrale e poi frequenta l’Isef.
E’ brava in tutti gli sport, predilige quelli di squadra e diventa atleta professionista nell’hockey su prato. La predilezione per la squadra, anche nell’accezione di ‘famiglia’, è occasione di una svolta. Diventa mamma di due figli, Nicolò e Riccardo. Entrambi intraprendono la via dello sport, nel loro caso la pallavolo. E Alessandra segue con particolare premura Riccardo, affetto da sordità. Accompagnarlo si trasforma in un’occasione di lavoro a Verona:
[…] dove sono rimasta 3 anni con una giovanile maschile e dove ho allenato anche mio figlio Riccardo, sordo. Nato come palleggiatore, oggi è un libero. In quel periodo, mi resi conto che la situazione cominciava a pesargli: aveva 12 anni ed era un po’ in difficoltà perché non conosceva altre persone sorde, d’altronde l’avevamo cresciuto in un mondo di udenti. Così ho cercato un contesto nel quale potesse confrontarsi”.
L’avventura prende corpo così, scoprendo una vocazione dentro le circostanze e i bisogni che la vita le mette di fronte.
Una pioggia di medaglie olimpiche ed europee
Le medaglie olimpiche sono il traguardo più ambito da ogni atleta. Pur riconoscendomi agli antipodi da questo tipo di tempra, so che c’è una sana forma di competizione sportiva, quella che suda sul miglioramento (e non solo sul prevaricare sull’avversario).
Alessandra Campedelli forse non aveva messo in conto di conquistare medaglie prestigiose nel modo in cui sono arrivate. Ma questo suo capitolo di vita è proprio esemplare di cosa sia il lavoro di squadra.
La disabilità del figlio Riccardo fa conoscere ad Alessandra il mondo della FSSI, la Federazione sport sordi Italia. Ed è proprio il figlio a passarle una palla che lei schiaccia a punto.
Con Riccardo sono andata a vedere la finale del campionato italiano che quell’anno era a Brescia. Il padrino della manifestazione era il pallavolista cubano Hernández. Lui mi presentò agli organizzatori non come mamma di Riccardo, ma come allenatrice. Subito mi chiesero la disponibilità a dare una mano in una squadra bresciana di volley maschile. Accettai e, dopo un anno – era il 2016 – ricevetti la proposta di allenate la nazionale italiana femminile sorde di volley, sia senior sia Under 21. Nel 2017 c’erano le Olimpiadi.