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Perché alla proclamazione del Vangelo durante la Messa ci alziamo in piedi

GOSPEL

TATJANA SPLICHAL | DRUŽINA

Toscana Oggi - pubblicato il 26/08/22

«Partecipando alla Messa mi è venuta una curiosità», dice un lettore. «Perché la lettura del Vangelo si ascolta in piedi, mentre le altre letture si ascoltano a sedere?» La risposta del teologo


Risponde padre Valerio Mauro, docente di Teologia sacramentaria

Una prima risposta alla domanda consiste nel rinvio a quanto prescrive l’Ordinamento generale del Messale Romano sui gesti corporali da assumere durante la celebrazione eucaristica: «I fedeli stiano in piedi … durante il canto dell’Alleluia prima del Vangelo; durante la proclamazione del Vangelo…» (Ordinamento generale del Messale romano, 43). Ancora più avanti si legge come «La lettura del Vangelo costituisce il culmine della Liturgia della Parola. La stessa Liturgia insegna che si deve dare a essa massima venerazione, poiché la distingue dalle altre letture con particolare onore: sia da parte del ministro incaricato di proclamarla, che si prepara con la benedizione o con la preghiera; sia da parte dei fedeli, i quali con le acclamazioni riconoscono e professano che Cristo è presente e parla a loro, e ascoltano la lettura stando in piedi; sia per mezzo dei segni di venerazione che si rendono all’Evangeliario» (Ogmr, 60). Infatti, poco prima si era affermato che «Quando nella Chiesa si legge la sacra Scrittura, Dio stesso parla al suo popolo e Cristo, presente nella sua parola, annunzia il Vangelo» (Ogmr, 29).

Queste semplici annotazioni, tuttavia, invitano a riflettere con una maggiore profondità sul senso dello stare in piedi durante la lettura del Vangelo. Prima di tutto occorre ricordare quanto lo stesso Ordinamento generale del Messale romano prescrive sugli atteggiamenti del corpo e sul valore della loro uniformità: «I gesti e l’atteggiamento del corpo sia del sacerdote, del diacono e dei ministri, sia del popolo devono tendere a far sì che tutta la celebrazione risplenda per decoro e per nobile semplicità, che si colga il vero e pieno significato delle sue diverse parti e si favorisca la partecipazione di tutti. … L’atteggiamento comune del corpo, da osservarsi da tutti i partecipanti, è segno dell’unità dei membri della comunità cristiana riuniti per la sacra Liturgia: manifesta, infatti, e favorisce l’intenzione e i sentimenti dell’animo di coloro che partecipano (Ogmr, 42).

All’interno della Liturgia della Parola appare chiaro come la proclamazione del Vangelo sia accompagnata da gesti e movimenti che la distinguono dalle rimanenti letture. Prima di tutto, prendendo come paradigma la sua forma più solenne, ricordiamo come durante la processione d’ingresso sia portato sull’altare l’Evangeliario, che viene deposto sull’altare, manifestando come al centro della prima parte della liturgia sia proprio l’ascolto della Parola. Nella pluriformità di ministeri liturgici la proclamazione del Vangelo è riservata al diacono, se presente, altrimenti al presbitero. Così, durante il canto dell’Alleluja, il diacono, dopo aver chiesto la benedizione a colui che presiede la celebrazione, prende dall’altare l’Evangeliario e lo porta in processione all’ambone. Qui, dopo il saluto al popolo, lo incensa e lo proclama, segnandosi all’inizio tre volte, sulla fronte, sulla bocca e sul cuore. È interessante notare come, qualora la liturgia sia presieduta dal vescovo, questi ascolta le letture con la mitria, mentre, al momento del Vangelo, la depone per prendere in mano il pastorale.

Alla luce di queste precisazioni, la singolarità della lettura evangelica non risalta solo nell’ascoltarla in piedi, ma in tutta una serie di gesti, movimenti e relazioni che la contraddistinguono per la sua importanza. Ricentrando l’attenzione sul valore dell’ascoltare in piedi, possiamo ricordare due passi della Scrittura. Il primo è l’invito del Signore a Ezechiele, perché lo ascolti alzato: «[Il Signore] mi disse: “Figlio dell’uomo, alzati, ti voglio parlare”. Ciò detto uno spirito entrò in me, mi fece alzare in piedi e io ascoltai colui che mi parlava» (Ez 2,1). Il secondo, molto più significativo, è l’episodio della predicazione di Gesù nella sinagoga di Nazaret: «[Gesù] si recò a Nazareth, dove era stato allevato; ed entrò, secondo il suo solito, di sabato nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia; apertolo, trovò il passo dove era scritto: Lo Spirito del Signore è sopra di me […] Poi arrotolò il volume, lo consegnò all’inserviente e sedette. Gli occhi di tutti nella sinagoga stavano fissi sopra di lui. Allora cominciò a dire: Oggi si è adempiuta questa Scrittura che voi avete udito con i vostri orecchi» (Lc 4,16-21). È interessato notare come Gesù stia in piedi durante la lettura, mentre si mette a sedere per insegnare.

Infine, sul valore specifico dello stare in piedi durante la liturgia, possiamo ricordare un passo di Romano Guardini: «Lo stare in piedi significa innanzitutto che ci raccogliamo. Anziché l’atteggiamento libero dello stare seduti, ne assumiamo uno dominato, rigido. Significa che siamo attenti. Nello stare in piedi c’è qualche cosa di teso, di desto. E infine significa che siamo pronti; chi sta in piedi, infatti, può subito aprir la porta e uscirne, può senza indugio eseguire un incarico, o iniziare un lavoro, appena gli sia assegnato. Questo è l’atro aspetto della reverenza a Dio… Tale reverenza, tutta propria del servo premuroso e del guerriero armato, si manifesta nello stare in piedi» (Romano Guardini, Lo spirito della liturgia. I santi segni, Brescia 1996, p. 131).

Un’ultima osservazione, un po’ fuori contesto, ma importante da sottolineare è quanto prescrive la rubrica del cerimoniale dei vescovi. Al termine della lettura del Vangelo, portato il libro al vescovo perché lo baci (oggi si è aggiunta come prassi comune la benedizione del popolo con il libro), «il diacono e gli altri ministri ritornano al loro posto. Il libro dei Vangeli viene portato alla credenza o in un altro luogo adatto» (Cerimoniale dei vescovi, n. 141). La proclamazione cede il posto alla sua attualizzazione, l’omelia, dopo di che l’altare diventa luogo centrale per la liturgia eucaristica. Così, nella struttura dinamica della celebrazione eucaristica, attraverso gesti e parole, avviene un ritmo liturgico di fede, che parte dalla convocazione dell’assemblea per l’ascolto della Parola, per dare luogo alla preghiera del rendimento di grazie affinché, attraverso la manducazione del Corpo sacramentale di Cristo, si conformi nell’unità il Corpo ecclesiale di Cristo, per una testimonianza gioiosa di fede nella vita quotidiana dei credenti.

L’originale su Toscana Oggi

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