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Il ruolo del sacerdote nell’aiutare ad affrontare le crisi matrimoniali

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Volodymyr TVERDOKHLIB | Shutterstock

i.Media per Aleteia - pubblicato il 17/08/22

Don Fabio Rosini, vicario per le vocazioni – inclusa la vocazione al matrimonio – di Roma, su come aiutare le coppie quando le cose non sono andate come si aspettavano

Come si possono accompagnare meglio le famiglie e le coppie?

Questa domanda è stata al centro delle riflessioni del X Incontro Mondiale delle Famiglie, svoltosi a Roma a giugno.

Le Chiese locali di tutto il mondo stanno riconsiderando questa sfida dopo che il Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita ha pubblicato una guida il 15 giugno per chi è coinvolto in quest’opera pastorale. Il testo offre orientamenti alle diocesi, invitate a lanciare un “progetto pilota” nelle parrocchie. Papa Francesco ha scritto la prefazione del documento.

Intervenendo all’Incontro Mondiale delle Famiglie il 24 giugno, don Fabio Rosini, direttore delle vocazioni del Vicariato di Roma dal 2012, ha parlato di come sacerdoti e seminaristi possano essere formati nella cura pastorale delle Coppie. I.MEDIA lo ha intervistato sull’argomento. La prima parte dell’intervista è stata pubblicata QUI.

Come può un sacerdote parlare legittimamente di sessualità a una coppia che si prepara al matrimonio? Non sarebbe più opportuno lasciare che siano i laici a parlare di sessualità?

Sì, infatti io non faccio questi corsi di preparazione al matrimonio da solo. Ho delle coppie bravissime che mi aiutano e che logicamente affrontano determinati argomenti in maniera molto più credibile. Senza ombra di dubbio bisogna sapere parlare di tutta questa avventura, inclusa la sessualità, che è delicatissima e vitale per l’esistenza umana.

Allo stesso tempo, se c’è una cosa che dà luce e dà sostanza a tutta la sfida dell’affettività e della sessualità umana è l’arte di amare. Noi dobbiamo addestrare i cuori, rispetto ai corpi, perché un cuore che non ama non pratica la sessualità in maniera sana. Quello che manca nella sessualità è l’amore. L’amore non si può dare senza averlo ricevuto. Bisogna prima sperimentare un amore incondizionato per essere capace di amare in maniera incondizionata e autentica.

Siamo anche in una fase in cui il Santo Padre ci ha invitato molto a parlare della sinodalità, cioè di fare insieme le cose, di camminare insieme. Io non ho mai fatto niente come prete da solo. L’ho fatto sempre con delle coppie accanto che mi hanno aiutato tantissimo perché mi hanno relativizzato, mi hanno fatto crescere, mi hanno addestrato loro stessi. Oggi come oggi un prete che fa da solo le cose è fuori dalla realtà. I laici, le coppie, i preti, noi siamo parte organica della Chiesa. Le funzioni dell’evangelizzazione richiedono che qualcuno incarni e abbia sperimentato ciò di cui parlo. Se parliamo di amore dobbiamo essere persone di comunione che sanno collaborare.

Come pensa i sacerdoti possano accompagnare le coppie anche dopo che si sono sposate, e non solo prima?

C’è assolutamente bisogno che le coppie abbiamo sempre un punto di riferimento esterno di ascolto, di dialogo e di oggettività. Un sacerdote può essere di un grandissimo aiuto per una coppia soprattutto se l’accompagna in un’esperienza di crescita. Il problema è quando si diventa il pronto soccorso per quando le situazioni diventano difficili. Non è che ci si sposa e poi se c’è un problema casomai chiamiamo il prete e ci aiuta. L’importante è continuare a crescere ed andare sempre verso il meglio e il prete può proporre questo percorso di evoluzione, di maturazione umana, di perdita sempre maggiore del proprio infantilismo.

Se gli sposi camminano insieme, dialogano e hanno un punto di riferimento il loro rapporto cresce automaticamente. Tantissime volte le coppie degenerano perché non fanno niente insieme. Hanno una coincidenza locale, nella stessa casa, ma poi sono due persone che fanno percorsi estranei. Allora i preti possono proporre percorsi di crescita che facendogli insieme diventano il luogo dove si intesse la comunione.

Come pensa la pastorale può essere diversa per coppie che sono divorziate o sono lontane dalla Chiesa?

Qualunque battezzato ha sempre da vivere una crescita, qualunque Figlio di Dio ha diritto di tornare alla casa del Padre. La Parola di Dio è per tutti e proporla è proporre un cammino alle persone. L’importante è sempre accogliere. Quello che molto spesso non abbiamo capito rispetto alla cura di coloro che hanno avuto la dissoluzione del proprio matrimonio, e magari una vita che è andata avanti in altre direzioni, è che fondamentalmente si tratta sempre e comunque di una cura personale.

Bisogna vedere il bene della persona e il percorso dell’intimità che può fare con il Padre Celeste. E questo si può fare sempre e comunque con chiunque in qualunque condizione. Crediamo che sia una questione legale di “o si o no” e invece è una questione di creare un percorso, di camminare o non camminare, di accogliere o non accogliere, di curare o non curare.

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