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Le immagini miracolose di Gesù a Malta e Gozo

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INP - knisja.org/ritratti

Marinella Bandini - pubblicato il 12/08/22

Ecco le quattro immagini miracolose di Gesù venerate da migliaia di devoti nell’arcipelago di Malta

Com’era il volto di Gesù? Il Nuovo Testamento dice molto poco, quasi nulla, sul suo aspetto. Tuttavia, la tradizione cristiana lo ha sempre rappresentato, utilizzando di volta in volta diversi modelli iconografici. Dal “Cristo alessandrino”, senza barba e giovanile, basato sui canoni classici greci, al “Cristo siriano”, con capelli lunghi e barba, secondo l’uso dell’Impero bizantino, il cristianesimo ha sempre riconosciuto nell’immagine non solo un elemento liturgico, ma anche un efficace strumento di evangelizzazione. Ecco quattro eccezionali immagini miracolose di Gesù – o considerate tali -, che potrete trovare visitando l’arcipelago maltese.

Crocifisso di Ta’ Giezu, La Valletta

Il Crocifisso di Ta’ Ġieżu è la più famosa tra le immagini miracolose di Gesù. Si tratta di un manufatto ligneo della metà del XVII secolo. La scultura incute soggezione e meraviglia in chi lo guarda. Ogni elemento è magistralmente armonizzato dalla mano sapiente e dalla profonda fede del suo scultore, il frate francescano Innocenzo. L’opera fu da subito ospitata nella chiesa francescana di Santa Maria di Gesù, meglio conosciuta come Ta’ Ġieżu, a La Valletta. Il crocifisso mostra in modo drammatico i duri segni della Passione sul corpo di Cristo. Di solito, nei crocifissi, Cristo guarda verso l’alto, comunicando con Dio Padre. In quello di Frate Innocenzo guarda in basso, dritto negli occhi del devoto, creando così un forte legame devozionale ed emotivo.

L’artista ha utilizzato la ceralacca per creare l’effetto del sangue denso e fluente. Nel Medioevo si usava questa resina per sigillare documenti importanti. Si può dire che, con il suo sangue, Cristo ha “sigillato” la nostra salvezza. Frate Innocenzo usa la pergamena per produrre una resa iperrealistica della pelle flaccida intorno alle ferite. L’analogia richiama il simbolismo dell’agnello immolato per liberarci dai nostri peccati. La corona di spine, composta di rami intrecciati, forse di vite, rimanda al sacramento dell’Eucaristia.

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Crocifisso di Ta’ Ġieżu – Cortesia dell’Arciconfraternita della Santa Croce di La Valletta

Il Crocifisso di Ta’ Ġieżu è una delle immagini di Gesù più note a Malta, popolarmente chiamato “Crocifisso miracoloso”. Da secoli essi pregano davanti a questo crocifisso. Sono certi che il solo pregare davanti a questa immagine significhi ottenere la grazia. Attorno ad esso sono nate anche leggende che ne indicano le caratteristiche “angeliche”. In tempi di calamità era sempre il Crocifisso di Ta’ Ġieżu a essere portato in processione penitenziale. I frati francescani della chiesa di Ta’ Ġieżu e l’Arciconfraternita della Santa Croce mantengono viva ancora oggi questa devozione tra i fedeli maltesi.

Il Redentore di Senglea

Due volte l’anno – il quarto venerdì di Quaresima e la domenica successiva alla solennità del Sacro Cuore di Gesù -, migliaia di persone si riversano a Senglea. Il motivo? In queste due occasioni l’immagine miracolosa di Cristo, viene portata a spalla per le strade della città. La scultura, conosciuta localmente come “Ir-Redentur”, rappresenta Cristo che inciampa sotto il peso della croce. Originariamente commissionata dalla Confraternita del Santissimo Crocifisso, nel 1742, come statua per la rappresentazione della Passione, è presto diventata una delle immagini di Gesù più care e amate dai maltesi. Tanto che Papa Pio VII diede il permesso di tenere una festa in suo onore ogni anno dopo la fine del periodo pasquale. Nel 1813, il clero e la popolazione di Senglea fecero voto al “Redentore” di essere salvaguardati dalla peste, che dilagava a Malta. Da allora il numero di donazioni di ex voto è aumentato in modo esponenziale.

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Ir-Redentur, primo piano – Cortesia dell’Arcidiocesi di Malta | Foto di Ian Noel Pace

Custodito nell’Oratorio del Santissimo Crocifisso, il Cristo Redentore è fonte di pace interiore per coloro che giungono qui a riversare davanti a Lui le loro più intime sofferenze. Soprattutto durante la Quaresima, molte parrocchie organizzano visite penitenziali e di preghiera davanti a questa immagine, dove nei silenziosi momenti di contemplazione i fedeli chiedono al Signore di aiutarli, fermamente convinti che le loro preghiere siano ascoltate. Le testimonianze registrate di miracoli privati sono innumerevoli: guarigione da malattie terminali, cura di disturbi fisici, ricucitura di relazioni e, più comunemente, conversioni personali e guarigioni spirituali, che riportano a Dio.

Anche per questo, nel 2016 l’Oratorio è stato scelto come uno dei luoghi privilegiati per il Giubileo della Misericordia. Tra il 2017 e il 2018 la statua ha subito un necessario intervento di conservazione e restauro da parte dell’Atelier del Restauro. Con l’occasione, il Can. Dr. Jonathan Farrugia ha svolto un’analisi approfondita delle fonti documentarie recentemente scoperte. Questi due progetti hanno dato vita a una pubblicazione scientifica, intitolata “Ir-Redentur: Storia, arte e culto della miracolosa effigie di Cristo Redentore a Senglea”. Il libro getta nuova luce sulla storia dimenticata di questa immagine e fornisce dettagli sul processo di conservazione.

Il Crocifisso di Gozo

Il crocifisso della chiesa dei Cappuccini di Gozo è un’immagine che occupa un posto di rilievo tra quelli venerati nell’arcipelago maltese, per la sua storia e la devozione che ispira. Si tratta di un’opera d’arte siciliana del XVII secolo. Prima di arrivare a Malta, era conservato in una casa. La casa fu distrutta da un incendio, ma il crocifisso rimase miracolosamente intatto. In seguito, durante il trasferimento via mare, l’imbarcazione fu seguita da una nave nemica e fu miracolosamente salvata. Nel 1736, la statua era in possesso dei frati cappuccini. Era custodita in una piccola cappella rurale sotto la Cittadella di Gozo, dedicata a Nostra Signora delle Grazie. In una lettera che il canonico gozitano Francesco Agius de Soldanis (1712-1770) scrisse a un amico, si parla sia della Cappella dei Cappuccini che del crocifisso.

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Il Crocifisso di Gozo – Cortesia del Rev. Dr. Martin Micallef

Il canonico afferma che il crocifisso è “considerato da tutti come uno degli oggetti più preziosi posseduti dalla cara Custodia dei Cappuccini”. L’artista di questa immagine ha trasmesso una visione dura e cruenta del corpo del Redentore. Quest’opera trasmette ai fedeli gli ultimi momenti dell’agonia di Gesù. Cristo è rappresentato nel momento della morte. Ha il fianco trafitto, il volto sofferente e il violento cedimento di un corpo senza vita. Il sangue che sgorga dalle ferite riflette gli scritti mistici di Santa Brigida di Svezia. È la preghiera dell’Anima Christi scolpita nel legno. Questa sua forte dimensione spirituale lo ha reso un’opera dall’alto valore devozionale per i maltesi.

Il Crocifisso di Kandja, Cospicua

Nella Collegiata della città vecchia di Cospicua si trova quello che è diventato noto come il Crocifisso di Candia (Kandja in maltese). Il crocifisso è molto antico e risale almeno al XVI secolo, ma molti lo collocano tra XII e XIII secolo. Il nome “Candia” è quello della capitale di Creta; il crocifisso si trovava qui, all’interno della chiesa domenicana dedicata a San Pietro. Non c’è dubbio che la sacra effigie avesse un grande valore spirituale per la comunità cattolica di questa città. Dai resoconti di una visita apostolica (1670-1679) emerge che, a Candia, questa immagine era considerata sacra e miracolosa da oltre cento anni. Candia fu in mano ai Veneziani fino al 1669, quando passò agli Ottomani.

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Il Crocifisso di Kandija – Cortesia dell’Arcidiocesi di Malta | Foto di Ian Noel Pace

I Cavalieri di San Giovanni di Malta avevano inviato una spedizione in aiuto ai Veneziani nella lotta contro gli Ottomani. A tale spedizione partecipò anche un marinaio di Cospicua, Gian Angelo Balzano. Un frate domenicano avrebbe incaricato quest’ultimo di portare il crocifisso a Venezia, ma il marinaio lo donò alla Confraternita del Crocifisso di Cospicua. I domenicani, a cui apparteneva la sacra immagine, si appellarono alle autorità ecclesiastiche locali e persino al Santo Inquisitore per rientrare in possesso del crocifisso. La controversia durò anni. Nel frattempo, a Cospicua, la devozione al crocifisso si era diffusa a macchia d’olio. Così, per non deludere la popolazione ed evitare problemi, fu deciso di lasciarlo alla Confraternita.

La Santa Icona è sempre stata venerata con grande devozione dal popolo. Un evento particolare ha aumentato il fervore: durante la processione di Pentecoste del 1674, con l’ostensorio, schiere di soldati salutavano la processione sparando con le armi. Uno di loro sparò con munizioni vere, ma il colpo non ferì nessuno tra la folla. Un evento considerato miracoloso.

Ringraziamenti e crediti:

Il Crocifisso di Gozo: Rev. Dr. Martin Micallef, Docente presso la Facoltà di Teologia (Università di Malta) e Capo Redattore di Melita Theologica.

Il Crocifisso di Ta’ Giezu: Christian Attard e P. Noel Muscat ofm dell’Arciconfraternita della Santa Croce, Valletta.

Il Redentore di Senglea: Can. Jonathan Farrugia – Capo Dipartimento (Dipartimento di Storia della Chiesa, Patrologia e Archeologia Paleocristiana – Università di Malta).


Questo contenuto è frutto della collaborazione con l’Ente del Turismo di Malta (MTA).

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