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Donatella 27 anni: si suicida in carcere quando aveva finalmente trovato l’amore

DONNA DEPRESSA,

Dean Drobot | Shutterstock

Silvia Lucchetti - pubblicato il 11/08/22

Donatella Hodo, tossicodipendente, si è suicidata in carcere. Nel biglietto d'addio al fidanzato parole d'amore e l'angoscia di non farcela a liberarsi del mostro

Il 2 agosto scorso nel carcere Montorio di Verona si è suicidata di notte, inalando il gas dal fornelletto della cella, Donatella Hodo, una ragazza con problemi di tossicodipendenza di 27 anni.

Chi era Donatella Hodo

Era dentro per aver commesso reati di lieve entità, piccoli furti per procurarsi la droga. Si era allontanata dalla comunità dove era stata posta in alternativa al carcere per tentare di liberarsi dalla dipendenza, ma lì era tornata in seguito a quella che per il codice penale è un’evasione.

Dopo il rientro in carcere, grazie al lavoro del suo legale e dei servizi Donatella era in attesa che venisse predisposta una ulteriore misura alternativa che comprendesse un programma terapeutico da svolgersi sotto il monitoraggio del Sert. (Corriere

Nel biglietto d’addio: amore e paura di non farcela

Nelle foto pubblicate sui giornali in questi giorni mi colpisce lo sguardo di Dona, come la chiamavano il fidanzato e gli amici, gli occhi belli e tristi, le ciglia truccate di nero che mi hanno ricordato i versi di De Gregori: “Santa voglia di vivere e dolce Venere di Rimmel”.

Ma quella santa voglia di vivere Donatella l’aveva persa a causa della droga, e purtroppo la paura di non riuscire a liberarsi del “mostro” aveva preso il sopravvento nei suoi pensieri e nel suo cuore, fagocitando tutta la speranza. 

Donatella Hodo: “perdonami amore mio”

Chissà cosa accade negli attimi prima del gesto estremo, a cosa si pensa: certamente si è in preda ad una sofferenza intollerabile. Dal biglietto ritrovato sappiamo che Donatella ha pensato all’amore. L’amore per il suo fidanzato Leonardo a cui si rivolge nella lettera d’addio: 

Leo amore mio, mi dispiace. Sei la cosa più bella che mi poteva accadere e per la prima volta in vita mia penso e so cosa vuol dire amare qualcuno ma ho paura di tutto, di perderti e non lo sopporterei. Perdonami amore mio, sii forte, ti amo e scusami.

(Corriere)

L’ultimo incontro

Il fidanzato, che la conosceva dagli anni dell’adolescenza, aveva trovato una casa dove poter andare a convivere: lei avrebbe fatto l’estetista e insieme avrebbero costruito pian piano il loro futuro. Ecco il racconto dell’ultima volta che Leonardo ha incontrato Donatella poche ore prima che si uccidesse:

Era la solita Dona… con i suoi alti e bassi, aveva avuto anche quel giorno i suoi soliti cinque minuti in cui era partita per la tangente, ma poi l’avevo riportata sui binari. (…) ero l’unico che riusciva a rassicurarla.

(Corriere)

E poi:

Il fidanzato di Donatella Hodo: “per lei avrai fatto tutto”

Ci siamo detti ti amo, ci siamo baciati abbracciandoci. Uscendo le ho assicurato che le avrei telefonato e sarei tornato da lei la settimana dopo, come sempre. Non mancavo mai, avrei fatto tutto per lei, qualsiasi cosa.

(Ibidem)

Poco prima che si uccidesse qualcuno l’aveva sentita piangere

Qualcuno in serata l’aveva sentita piangere – continua Leonardo – sapevano quanto lei fosse fragile. Perché nessuno è andato a parlarle? Magari sarebbe bastata una parola, un consiglio, una pacca sulla spalla per farle passare la tristezza di un attimo e salvarle la vita.

(Corriere)

TEENAGER GIRL,

Lo sgomento del giudice di sorveglianza

Il giorno del funerale nella chiesa di Castel d’Azzano, è stata letta dall’amica Micaela la lettera scritta dal giudice di sorveglianza Vincenzo Semeraro che aveva seguito la vicenda di Donatella: 

Conoscevo Donatella dal 2016, avevo lavorato con lei e per lei in tante occasioni, ultima delle quali nel marzo scorso, allorché la inviai in comunità a Conegliano. Inutile dire che la sensazione che provo è quella di sgomento e dolore… So che avrei potuto fare di più per lei, non so cosa, ma so che avrei potuto fare di più!

(Corriere)

Donatella Hodo: una personalità fragilissima

Intervistato da Repubblica ha aggiunto:

L’avevo vista entrare in carcere a 21 anni, per furti e altri reati minori. Aveva una storia di dipendenza già pesante, con una vicenda personale drammatica per tanti motivi. Quella situazione mi aveva colpito. Aveva una personalità fragilissima ma nascondeva questa fragilità dietro una corazza. Aveva un carattere che poteva sembrare ostico, irritante. Ma non era così. Bisognava lavorarci a fondo, dedicarci tempo e pazienza.

(Ibidem)

Da alcuni mesi si stava disintossicando, ci stava provando con tutte le sue forze lottando contro i mostri della dipendenza. 

Dopo 16 anni come magistrato di sorveglianza posso dire che il primo periodo di ingresso in comunità è delicato e difficile. Per un tossicodipendente significa mettersi davanti a uno specchio e iniziare a lavorare sui problemi.

(Repubblica)

“Si poteva fare di più ma non so se sarebbe servito”

E afferma:

(…) so che si poteva fare di più: magari tenerla una mezz’ora in più quando veniva ai colloqui, o forse due parole di conforto in più. Dovevo forse impuntarmi e pretendere che provasse ancora ad andare in comunità. Mi vengono da fare tante ipotesi ma non so se tutto questo poi sarebbe servito

(Ibidem)

Il dolore della famiglia

Il padre aveva tante volte tentato di aiutarla portandola in vari centri specializzati in Italia a e all’estero. Ora, oltre che dal dolore, è affranto dal senso di colpa e da un sentimento di impotenza. 

Il padre

Mi sto dilaniando nel dubbio. Dove ho sbagliato? In che cosa? Mai comunque mi sarei aspettato che la mia Dona facesse una cosa simile, mai.

(fanpage)

La cugina

Anche la cugina il giorno delle esequie è salita sull’altare per parlare a nome di tutta la famiglia e chiedere perdono a Donatella:

Ci sentiamo in colpa, noi della famiglia sentiamo di non aver fatto abbastanza, soprattutto quando sei uscita dalla comunità. Perdonaci Dona.

(Corriere)

Il sentimento di colpa

Il senso di colpa è un sentimento comune nella cerchia delle persone che avevano un legame affettivo di qualunque natura con il soggetto suicida: tecnicamente vengono chiamati i “sopravvissuti”. Per alcuni di essi questo sentimento può diventare un macigno e condizionare negativamente, anche molto a lungo, la loro esistenza.

ALONE

Senso di colpa spesso irrazionale

Questo senso di colpa è spesso irrazionale: i sopravvissuti hanno fatto tutto quanto era in loro potere per aiutare il suicida che, nonostante tutto, ha “scelto” di sottrarsi alla sua sofferenza uccidendosi.  

È probabile che un profondo senso di colpa albergasse anche nel cuore Donatella, che di fronte a chi le stava donando una promessa d’amore temeva di non riuscire a ricambiare redimendosi dalla droga.

Il Senso del perdono

Donatella si è uccisa il 2 agosto, proprio nel giorno del Perdono di Assisi

Chissà se qualcuno le aveva mai parlato di perdono, misericordia, di Dio che fa nuove tutte le cose e scrive dritto sulle nostre righe storte.

Donatella forse non aveva ancora trovato quell’amore totale, profondo, che tutti desideriamo e che nessun essere umano può donarci veramente. Non l’amore limitato degli uomini, ma quello sconfinato di Dio che ti dice che per Lui vai bene così, che ti vuole bene adesso non quando cambierai, non quando chiuderai con i vizi, ma oggi, come sei, con tutte le ferite, le cadute, i limiti che ti porti dentro.

Un significato nuovo

E di quello stesso perdono e della misericordia di Dio hanno adesso bisogno i sopravvissuti per lenire il loro senso di colpa, motivato o irrazionale che sia, e riprendere il corso della vita ridandole un significato nuovo, diverso e più profondo.

 Nell’Apocalisse c’è scritto:

(…) E tergerà ogni lacrima dai loro occhi; non ci sarà più la morte, né lutto, né lamento, né affanno, perché le cose di prima sono passate.

(Apocalisse 21, 4)
UOMO, CIELO,

Dall’inizio dell’anno 47 suicidi in carcere

Nelle scorse ore il Dap (Dipartimento amministrazione penitenziaria) ha varato “le linee guida di una task force per prevenire i suicidi in cella” mentre don David Maria Riboldi, cappellano del carcere di Busto Arsizio, ha lanciato un appello al Ministro Marta Cartabia e Carlo Renoldi, Capo del Dap, affinché sia concesso il telefono nelle celle. Dall’inizio dell’anno sono 47 le persone che si sono uccise nelle carceri italiane.

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