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Una selva di “matite verdi” saluta e ringrazia il professor Luca Serianni

Prof. Luca Serianni

Sapienza Università di Roma | Youtube

Giovanni Marcotullio - pubblicato il 22/07/22

Dopo tre giorni di agonia a seguito del malaugurato incidente stradale che lo ha coinvolto, il 21 luglio 2022 l’Accademico italiano è morto. Molte iniziative già lo ricordano. Merita menzione un suo uso didattico particolare, già adottato e diffuso da legioni di suoi alunni.

Nel giorno in cui si attende di conoscere i dettagli sui funerali di Luca Serianni, e nel frattempo gli enti culturali e mediatici producono comunicati e ricordi, piace anche a noi raccontare una cosa sul celebre linguista scomparso ieri, 21 luglio 2022. 

Non si tratta di uno scoop, anzi in giro per i social molti suoi alunni la stanno ricordando, e questo è senz’altro il segno che davvero si tratta di un insegnamento destinato a felice tradizione, ma poiché nei giorni scorsi – quello del malaugurato incidente e quanti immediatamente gli sono succeduti – Serianni è stato presentato come “colui che ha insegnato a scrivere ‘sé stesso’ con l’accento”, vale forse la pena di giustapporre a questa pennellata un’informazione meno asettica e più vivida. 

Valorizzare il virtuosismo

Moltissimi suoi studenti ricordano e raccontano infatti che Serianni era solito correggere le prove scritte con una penna aggiuntiva: tutti conoscono la leggendaria “matita bicolore” (punta rossa per gli errori lievi, punta blu per gli errori gravi), ma il Professore teneva a portata di mano sulla scrivania anche una matita a punta verde. Che se ne faceva? Evidenziava con quella un dettaglio particolarmente accurato, una ricercatezza stilistica, una delicatezza lessicale e/o linguistica, e ciò conferiva un “valore aggiunto” alla prova esaminata, che andava a bilanciare in positivo il computo realizzato “per difetto”, a partire dalla votazione piena e a scendere, sulla base della sola considerazione degli errori. 

Considerare gli errori, certo, perché una prova deve valutare che si sappiano delle cose; e tuttavia non omettere di valorizzare il virtuosismo, perché è lì che la personalità tenta di esprimersi, ed è anzitutto per il gusto che l’ordine della logica si sintetizza nell’espressione bella, nel piacere di parlare e di scrivere bene. 

L’ultima lezione di Luca Serianni in Sapienza

Serianni è stato un accademico di primo rilievo con il cuore e la mente costantemente rivolti ai discenti (coloro che imparano), agli alunni (coloro che vengono nutriti e quindi crescono): non per nulla la sua (applauditissima) ultima lezione in Sapienza è stata dedicata a Insegnare l’italiano nell’Università e nella Scuola (e non a un pure degnissimo “nuove ipotesi sull’attribuzione di frammento adespota del XVI secolo fiorentino”). Conta cioè il sapere, sì, e (senza alcuna banalizzante avversativa) conta quindi chi nel sapere si edifica (perché resta verificato anche in quest’àmbito il detto paolino per cui solo l’amore edifica, mentre la mera scienza produce palloni gonfiati): per questo l’insegnamento è stato vissuto e professato da Serianni con la religiosa passione di chi esperisce e propone quasi una consacrazione, certamente una missione. 

Chi ha scelto di fare l’insegnante – una sua frase che in moltissimi stanno ricordando quest’oggi – non può prendersi il lusso di essere pessimista. 

Perché no? Perché ogni educatore investe sul futuro, scommette sulle generazioni di domani; e nessuno che sia pessimista è tagliato per investimenti e scommesse, questo è lapalissiano. La scommessa di Serianni vede oggi levarsi al cielo in sua memoria decine di migliaia di penne verdi, molte delle quali impugnate da docenti di scuola e/o di università. Ora il pessimista potrebbe domandare: «E quanti nuovi Luca Serianni ci sono, in questa falange di penne verdi?». Forse Serianni stesso accennerebbe un sorriso, a quest’ultima obiezione, e replicherebbe qualcosa come un asciutto “speriamo nessuno”. Un bravo insegnante è un appassionato indagatore del fuoco che si può accendere nelle anime altrui, non un narcisistico esportatore della propria (a questo punto smorta) fiamma. L’investimento di Serianni è stato in vista dell’amore alla lingua italiana, e dunque il suo ritorno ci sarà non se sarà un suo alunno a rilevarne lo scranno all’Accademia dei Lincei, bensì se sempre più persone avranno cura di stupirsi davanti alla bellezza della nostra lingua, fragile e possente, ricca di storia e capace di avvenire.

Davanti a un Giudice “con la penna verde”

Dal momento che il virtuosismo (come la virtus da cui esso deriva) è spia sicura della gioia di aderire al bene e del cominciare a conoscere la verità, c’è da immaginare (anzi, lo sappiamo con certezza per divina Rivelazione) che anche l’Altissimo corregga i nostri “compiti” con la “penna verde”, compendiando volentieri gli errori con le espressioni ben riuscite. Per questo Cristo correda ogni suo “non fate” con un “fate invece”, ricordando che “con la misura con la quale giudicate sarete giudicati anche voi” (Mt 7,2), e aggiungendo inoltre che “tutto quanto avrete o non avrete fatto a uno solo di questi miei fratellini lo avrete fatto o non fatto a me” (cf. Mt 25,40.45). 

È certamente un cattivo professore uno che gode nell’emettere giudizi, come se nella sua valutazione fosse racchiuso il verdetto definitivo sulla persona giudicata; laddove la verità è che egli stesso «conosce in maniera imperfetta» (1Cor 13,9) ed è esposto a un Giudizio maggiore, perché al di qua dell’amore, «è come una campana che suona a vuoto» (1Cor 13,1). Serianni invece ha sempre cercato di far crescere i suoi studenti, spronandoli all’amore per una verità sempre maggiore. La selva di penne verdi levata oggi al cielo per salutarlo verrà di certo sottolineata in verde dal vero Giudice, il grande Autore che ha detto:

Chi dunque trasgredirà uno solo di questi precetti, anche minimi, e insegnerà agli uomini a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà agli uomini, sarà considerato grande nel regno dei cieli. 

Mt 5,19

Il mondo è assetato di giustizia e di verità, ma di giustizia e verità «superiori a quelle degli scribi e dei farisei» (Mt 5,20). Scrivere è cosa buona, e cosa migliore è scrivere bene. L’ottimo però è tornare sempre a stupirsi del fatto che ci si voglia comunicare qualcosa – una verità, una bontà, un amore –… e ancora di più che (malgrado tutte le enormi difficoltà) ci si riesca.

La lingua è un miracolo che riecheggia la Parola su cui sta fondato il mondo, per questo ad essa sono affidate cose immani come i destini delle persone e dei popoli, le loro conversioni, le loro salvezze: «Dio perdona tante cose – sentenziava la Lucia manzoniana – per un’opera di misericordia!». Tale è stata (anche per la penna verde, certo non solo per quella) la lezione di Serianni: una grande opera di misericordia. 

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