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La fede non toglie i tagli del dolore nella vita, li rende fecondi

MANO, POTARE, PIANTA

Krisana Antharith | Shutterstock

don Luigi Maria Epicoco - pubblicato il 22/07/22

Incontrare Cristo non toglie la sofferenza, significa incontrare un fondamento abbastanza grande da poter trasformare una perdita in una potatura.

Vangelo di sabato 23 luglio

«Io sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiolo. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo toglie e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già mondi, per la parola che vi ho annunziato. Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può far frutto da se stesso se non rimane nella vite, così anche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci.

Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e si secca, e poi lo raccolgono e lo gettano nel fuoco e lo bruciano. Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quel che volete e vi sarà dato. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli.

(Giovanni 15,1-8)

Non abbiamo certamente bisogno del dono della fede per accorgerci di come la vita a volte opera dei tagli drastici che ci segnano in maniera indelebile. La grande domanda che dobbiamo porci però è quanto peso essi hanno nella nostra esistenza. Il Vangelo di oggi sembra voler rispondere proprio a questa domanda:

“Io sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiolo. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo toglie e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto”.

Gesù sembra dire che non c’è un modo per evitare “i tagli”; la fede non è un portafortuna che ci tiene lontani dalle sventure della vita. L’esperienza della fede è poter vivere “un taglio” con una finalità più grande: diventare più fecondi di quanto eravamo prima. Infatti certe volte prima di alcune cose che ci sono accadute vivevamo di apparenza, dando importanza a cose futili, ma dopo alcune esperienze forti e molto spesso drammatiche abbiamo smesso di dare importanza a certe cose inutili e abbiamo cominciato a vivere per ciò che conta.

Certamente questo non è un meccanismo automatico: non basta soffrire per un taglio per dire che ciò porta un miglioramento. Delle volte certe cose ci portano a sperimentare un’autentica morte interiore perché non abbiamo nessun vero valido motivo per cui vivere. Incontrare Cristo significa incontrare un fondamento abbastanza grande da poter trasformare una perdita in una potatura. Ma anche questo è dono, non tecnica. E i doni si possono chiedere e attendere con molta umiltà.

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