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Da Traditionis custodes a Desiderio desideravi: un altro anno è passato 

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Valdemar De Vaux - pubblicato il 18/07/22
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Ormai un anno fa, il 16 luglio 2021, papa Francesco pubblicava un motu proprio sulla liturgia, Traditionis custodes. Torniamo su un anno di testi, di decisioni e di incomprensioni fino alla lettera apostolica dello scorso 29 giugno Desiderio desideravi.

Con Summorum pontificum del 2007, papa Benedetto XVI aveva deciso di liberalizzare l’uso del messale preconciliare, dicendolo “forma straordinaria del rito”, per favorire le relazioni tra i tradizionalisti e la gerarchia, ma anche sperando in un «mutuo arricchimento» tra la messa di san Pio V e la «forma ordinaria del rito, quella di san Paolo VI». 

Quattordici anni dopo, il suo successore sulla cattedra romana, Francesco, decideva di mettere fine a un’esperienza che, secondo lui, aveva per effetto il favorire la nascita di una sorta di “chiesa parallela”, legata alla messa preconciliare e soprattutto alla contestazione della legittimità del concilio Vaticano II. 

Il 16 luglio 2021, il motu proprio è stato dunque uno choc per molti che avevano a cuore la “forma straordinaria” (definizione ormai soppressa). Prima di pubblicare questo testo disciplinare, il Santo Padre aveva letto le conclusioni di un’inchiesta condotta da Roma presso i vescovi di tutto il mondo per valutare i frutti di Summorum pontificum. Avendo a cuore l’unità, il Papa ha ritenuto che essa venisse minata proprio dai conflitti attorno alla messa, segno e strumento della comunione ecclesiale. 

Gli ambienti tradizionalisti disorientati 

Il testo, e la lettera ai vescovi che l’accompagna, hanno suscitato vive reazioni negli ambienti tradizionalisti (specialmente in Francia, dove certe comunità sono vivaci e missionarie). Tuttavia, poiché il motu proprio non entra in dettagli, dei dubia (cioè delle domande sulla concreta attuazione delle decisioni) sono stati raccolti e spediti a Roma. 

Le risposte della Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti, che cura il caso, pubblicate il 18 dicembre 2021, hanno sorpreso per la loro fermezza. Divieto di celebrare secondo il rito preconciliare qualunque altro ufficio che la messa, impossibilità di erigere parrocchie personali o di fare pubblicità a una celebrazione tradizionale su un foglietto di avvisi parrocchiali, necessità per un chierico di chiedere al proprio vescovo il permesso di assistere a un ufficio tridentino… il messaggio è chiaro: ormai il messale di san Pio V è una deroga, ma la lex orandi (legge della preghiera) è quella del Concilio Vaticano II. 

I vescovi, a cui Traditionis custodes ha restituito mano libera sulle celebrazioni preconciliari, hanno così potuto adottare misure, nelle loro diocesi, per applicare il testo pontificio e fare in modo che la comunione sia meglio manifestata nella celebrazione dell’eucaristia. L’incomprensione è però cresciuta quando papa Francesco, il 21 febbraio 2022, ha firmato un decreto che autorizzava la Fraternità San Pietro a utilizzare il messale preconciliare. Questa comunità di preti, il cui carisma si fonda sulla celebrazione tridentina, ha così ricevuto conferma della propria specificità. Da allora, alcuni si sono domandati il perché di una siffatta eccezione, che potrebbe significare la persistenza di una Chiesa parallela. 

La risposta del Papa 

Per i tradizionalisti, queste differenti decisioni manifestano soprattutto una mancanza di conoscenza dell’ambiente e delle comunità, perlomeno in Francia. Il testo (del quale il sito del Vaticano non ospita una traduzione in francese) sembra dunque ritenere che gli adepti del messale tridentino siano piuttosto chiusi e poco missionari. Un’idea sconfessata dal pellegrinaggio Notre-Dame de Chrétienté. Organizzato a Penteceoste attorno alla Fraternità San Pietro, ha raccolto 15mila pellegrini con un’età media di 21 anni… e tre vescovi venuti ad accompagnarli. 

Cosciente delle incomprensioni e delle divisioni in àmbito liturgico, papa Francesco ha dunque cercato di uscire dall’impasse, il 29 giugno scorso, pubblicando una lettera sulla «formazione liturgica del popolo di Dio». Vi si ricorda che la liturgia è anzitutto un incontro con Cristo, e che l’eucaristia non deve essere luogo di polemiche. Egli insiste sulla necessità di celebrare bene la messa di san Paolo VI per non prendere in ostaggio i fedeli e anzi dare loro ciò che è loro dovuto. 

In modo piuttosto nuovo, papa Francesco enfatizza anche lo stupore che prima di tutto deve presidiare il campo liturgico. Solo così potrà tornare nella Chiesa una pace liturgica, che porterà frutto come Dio vorrà. 

[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]