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8 domande sulla vocazione che tutti dovremmo porci

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Philippe Lissac | Godong

Catholic Link - pubblicato il 17/07/22

Sicuramente ve le state facendo anche voi!

di María Belén Andrada

Sappiamo che la vocazione è una “chiamata”, ma è molto, molto di più. È un dono, è una sorpresa, un’avventura e una storia d’amore. E ancora molto altro.

Di fronte al dono, proviamo gratitudine perché è immeritato. Essendo una sorpresa, si prova stupore di fronte a quello che non ci si aspettava. Essendo un’avventura, ecco le vertigini! E come ogni storia e romanzo d’amore, vogliamo dire al protagonista “Dai, baciala!”, “Chiamala!”, “Non lasciarlo andare!”, “Che stai facendo? Non vedi che ti ama?”

Solo che stavola i protagonisti siamo noi. Ma non abbiamo un copione tra le mani, la scena diventa confusa, il regista (Dio) sembra nascondersi. E poi noi, seduti nello scenario della vita, con una miriade di domande.

Ma non siamo mai soli. Il regista non se n’è andato, ci osserva dalla sua sedia, come uno spettatore al buio, aspettando che ci alziamo e diciamo la parola che nel cuore sappiamo che è l’unica che potremmo pronunciare: “Sì!”

Ora andiamo al concreto. Se vi trovate in questa fase della vostra vita, so che intuite che questa è la risposta migliore. Volete dire di sì, altrimenti non stareste pensando a niente del genere. Ma ci sono tante domande!

Sapete una cosa? Rispondere a queste domande non deve provocare ansia. Affrontarle fa parte del bel processo della risposta alla vocazione. Un domani ricorderete questo periodo con un sorriso.

Ho selezionato 8 domande comuni che ci poniamo (o forse che dovremmo porci) quando pensiamo a una vocazione. Forse qualcuno di questi suggerimenti potrà aiutarvi nella vostra riflessione.

1. “C’è un momento per pensare alla vocazione?”

Se provate inquietudine nell’anima, è Dio che bussa alla vostra porta e vi propone di parlare. Come ho detto all’inizio, la vocazione è una chiamata, ma non rumorosa, dolce. Potrebbe anche passare inosservata quando viviamo immersi in noi stessi, nel rumore e cercando distrazioni.

Ma all’improvviso la sentiamo. Forse non abbiamo ancora chiaro cosa stiamo sentendo, ma inizia una ricerca, che in genere non comincia con progetti ambiziosi. Dio ci conduce passo dopo passo. Per mano.

Ci invita a un’amicizia con Lui. A conoscerlo. A trattarlo. È da lì che la conversazione assume un tono più intimo: “Cosa posso fare per Te? Cosa vuoi che faccia per Te? Qual è il sogno che hai per entrambi?”

Lì comincia “ufficialmente” il fatto di pensare a una vocazione. Quando accade? A che età? Non c’è un momento. Dio può chiamare a una vocazione determinata persone molto giovani o affacciarsi amorevolmente nella loro vita più tardi, quando queste pensavano di avere un panorama più formato.

2. “C’è una vocazione migliore di un’altra?”

Teologicamente si potrebbe parlare della perfezione del celibato, ma “il meglio” è quello che Dio ha pensato per ciascuno. “Il meglio” è come corrispondiamo alla vocazione che ci è stata data. “Il meglio” è come la trasformiamo davvero in una via di santificazione, e in un cammino per aiutare gli altri.

Credete che una Carmelitana faccia meno di un missionario? O che una madre di cinque figli sia meno generosa di una Missionaria della Carità? O che un sacerdote diocesano sia meno santo di un Certosino?

Non c’è una risposta affermativa o negativa. Tutti possono essere santi, ciascuno in base al progetto che Dio gli ha proposto. E ciascuno sarà più santo in base a quanto corrisponderà alle esigenze del suo cammino, con generosità e fedeltà.

3. “Dev’essere qualcosa che mi ha sempre attirato?”

Può essere che qualcosa che vi ha sempre attirati sia un indizio, ma non è determinante. Credete che i sacerdoti non siano mai stati attirati dall’idea di sposarsi? O che una persona celibe non si sia mai immaginata come padre o madre? Il fatto che abbiano optato per una dedizione totale non implica un disprezzo di altre strade.

Al contrario, apprezzare altre vocazioni dà anche un grande valore alla propria. Ve lo spiegherò con due esempi: “Signore, scelgo di restare con Te e di non sposarmi perché non mi importa di sposarmi e preferirei vivere single e tranquillo per sempre” versus “Signore, questo desiderio che ho avuto in gioventù Te lo offro oggi liberamente perché voglio donarti tutto il mio cuore, dal momento che voglio rinunciare a qualcosa di prezioso per sognare un nuovo progetto”. Notate la differenza?

Ci sono poi molte (moltissime!) testimonianze di persone (alcune delle quali già sante) che non avevano pensato a una vocazione fino a quando una persona cara, un amico o un direttore spirituale non ha parlato loro di questa possibilità: “Non hai mai pensato di…?” Di fronte a questa proposta inaspettata, hanno detto subito di sì, e in seguito hanno capito le dimensioni di questo consenso.

Ci sono tante storie e testimonianze di come è nata o si è sviluppata una vocazione quanti sono i modi che esistono per innamorarsi.

4. “Quanto tempo richiede il discernimento”?

Spesso si tarda ad ascoltare nitidamente la voce di Dio. Un consiglio di Alfonso Aguiló nel suo libro La llamada de Dios è questo: “Forse dobbiamo affinare la nostra sensibilità interiore, e questo a volte richiede tempo. Dobbiamo parlarne con Dio nella preghiera, e migliorare le nostre condizioni personali perché quel seme possa germinare. E forse chiedere consiglio a qualcuno che possa davvero aiutarci e ci orienti a scoprire la volontà di Dio anziché a chi ci dice sempre di non complicarci la vita”.

Ma teniamo conto di una cosa: anche se è vero che il discernimento richiede tempo, ciò non vuol dire che si debba verificare in modo indeterminato. Alla fine bisogna prendere una decisione. Non siamo sicuri al 100% tra Piano A e Piano B? Non avremo mai una sicurezza totale. Basta avere “una luce sufficiente”.

5. “Ho il necessario per rispondere?”

Non avere impedimenti, avere una retta intenzione – voler compiere la Volontà di Dio – ed essere idonei a quella vocazione sono tre fattori imprescindibili.

Qualsiasi vocazione è esigente. Con i nostri meri sforzi umani (anche se sono molti) forse ci vedremmo di fronte a qualcosa di “troppo grande” per noi. “No, allora non ho quello che serve per rispondere”, potreste pensare.

Ma attenzione, se Dio vi chiede qualcosa, vi darà la grazia. Necessari – veramente necessari – per rispondere non sono poteri straordinari, ma santo abbandono, fiducia, amore per Dio, buona volontà.

6. “I fattori esterni possono influire?”

Non è sinonimo di “lasciarsi influenzare”, ma bisogna stare attenti alle voci altrui, a quelle del tempo e delle circostanze, per interpretare quello che ci dicono. E per capire se quello che ci dicono viene da Dio.

A volte, infatti, le circostanze o i fattori esterni sono la Sua Voce che ci manifesta la Sua Volontà.

Chiara Luce voleva essere missionaria, ma la malattia che ha fatto irruzione nella sua vita le ha presentato un modo nuovo (e inaspettato) di diventare santa.

La salute può influire perché una congregazione o un istituto indichi a una persona l’idoneità o meno per seguire quel cammino. Come dice Alfonso Aguiló, “non sarebbe corretto, ad esempio, ammettere una persona in un’istituzione ecclesiale il cui stile di vita deteriorasse la sua salute o la rovinasse a livello fisico o psichico”.

Queste “svolte” inaspettate nei nostri progetti ci incamminano verso il piano che Dio ha ideato per noi.

7. “E se cambio idea?”

La questione è un po’ ampia, ma vi presenterò due risposte. Da un lato, può accadere che decidiate di seguire Dio in un convento, un seminario o un’altra istituzione, ma una volta che lo fate il processo di discernimento continua. Per questo esistono tempi e inserimenti parziali prima di un’accettazione definitiva.

Se in questo periodo di inserimento temporaneo ricevete la formazione e sperimentate il modo di vivere una determinata spiritualità ma percepite che non è questo che Dio vi chiede, potete decidere di non andare avanti. Non solo è legittimo e sano, ma sarà il meglio per voi e per la vostra felicità, perché Dio vi chiama e vi aspetta altrove.

Accade lo stesso in una coppia. Dal momento in cui inizia a uscire insieme fino al “Sì” definitivo sull’altare c’è un periodo di conoscenza e discernimento. In quel lasso di tempo, si può vedere se l’altro è la persona adatta o meno.

San Tommaso Moro ha vissuto quattro anni nella Certosa, poi ha provato ad essere Francescano, e alla fine ha capito che Dio lo voleva nel mondo. Don Bosco voleva essere Francescano, ma dopo un sogno e la direzione spirituale ha capito che il suo cammino era un altro. Madre Teresa parlava della sua “chiamata dentro la chiamata”, che l’ha resa fondatrice delle Missionarie della Carità. Tre santi.

Se quello che vi preoccupa è invece la domanda “Sarò fedele per sempre a questa vocazione?”, è difficile dare una risposta. Non sappiamo cosa ci riserva il futuro, e se nel presente non possiamo contare sulle nostre forze, come possiamo pretendere di gestire quelle di domani?

Affidate i vostri dubbi a Dio, confidate nel fatto che Egli vi darà ogni giorno la grazia di cui avete bisogno. Ma questa “vale” solo un giorno, come la manna che ha fatto cadere nel deserto, perché è necessario che usciate ogni giorno a coglierla. Ogni giorno ve ne manderà una nuova, in base alle sfide e alle opportunità che vi presenterà la giornata.

L’importante è perseverare in quella “raccolta” della grazia, giorno dopo giorno. Perseverare quotidianamente. Potete essere fedeli per un giorno? Per una settimana? Credete di poter amare per un mese? Allora potrete amare per tutta la vita. Perché la fedeltà è questo: la perseveranza dell’amore nel tempo.

8. “Posso dire no alla vocazione?”

Da quando ci ha creati, Dio ci ha dato la possibilità di dire di no. Tutti i giorni abbiamo la possibilità di dirgli “No”, ma Lui non dirà “Ok, è finita. Prova ad essere felice, ma io non ti aiuto, fai a modo tuo, come vuoi…”

Ovviamente se diciamo di sì abbiamo garantita la felicità, perché la vocazione che vediamo è la via più breve, più rapida e con il paesaggio più bello che potremmo sperare, perché Dio lo ha ideato e lo ha preparato in modo speciale per noi. Per il nostro modo di essere, per rispondere ai desideri che non sapevamo neanche di avere. Per tutto questo, è la risposta migliore che potremmo dare.

Ma se diciamo “No”, Dio non scomparirà. Sarà a una parola di distanza, cercando di farci innamorare, di offrirci un passaggio alternativo per incontrarci nuovamente con Lui. “Ricalcolando” la rotta per arrivare allo stesso fine, che è Lui stesso.

Se rifiutate il romanzo d’amore “originale”, Egli trarrà dal nulla una storia nuova in cui potremo amarlo e amare gli altri, essendo felici.

La Storia della Salvezza non è forse questo? Due persone che hanno rifiutato la proposta originale e un Dio buono che ha “inventato” la Redenzione per tornare nel nostro cuore? 

Nel corso Discernimiento Espiritual: entenderse con Dios en las pequeñas y grandes decisiones de nuestra vida parliamo di come riconoscere la voce di Dio in ogni momento.

Qui l’articolo originale pubblicato su Catholic Link.

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