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Perché durante la Rivoluzione Francese i cattolici sono stati perseguitati?

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Jean-Pierre Houël - Bibliothèque nationale de France I Public Domain

Prise de la Bastille.

Marcelo López Cambronero - pubblicato il 15/07/22

Si cercava di espellere la religione dallo spazio pubblico? Non è stato proprio così...

Affermare che la Rivoluzione Francese abbia perseguitato l’elemento religioso non è del tutto corretto, o almeno va ben chiarito.

Quando diciamo una cosa del genere, tendiamo a pensare che i rivoluzionari volessero costruire una società laica in cui le realtà religiose non avessero privilegi e non fossero fattori rilevanti nella vita pubblica, ma non è vero.

Piuttosto, quello che si è verificato è stata l’apertura di un processo in cui le religioni considerate “storiche” dovevano essere sostituite da una “religione di Stato” con le proprie convinzioni teologiche, funzionari, élites e privilegi, che assicurasse più di ogni altra cosa che i cittadini fossero sottomessi alla legge a livello di cuore e coscienza. Il re non sarebbe più stato re, né men che meno per grazia di Dio, perché ora la legge, e solo lei, era dio, qualsiasi cosa dicesse.

Gli Stati Generali convocati da Luigi XVI nel 1789 erano divisi in tre ordini: clero, nobiltà e “terzo stato”.

I primi due avevano 561 rappresentanti (291 e 270 rispettivamente), mentre il terzo stato, i cui rappresentanti erano eletti dai maschi con più di 25 anni che pagavano le imposte, ne aveva 578. Il numero non era comunque così importante, visto che il re desiderava che si votasse per classi e non per individuo.

L’obiettivo della convocazione era aiutare la monarchia a realizzare le riforme che potessero aiutare a migliorare la situazione generale del Paese, immerso nella povertà e nello scoraggiamento.

All’inizio il clero non “infastidiva”

Ciò che è certo è che il clero non era un ostacolo alla politica di riforme iniziale. Questo stato sosteneva le misure, promosse dal terzo stato, che dovevano stabilire la separazione dei poteri, la riunione frequente degli stati generali, la sua supremazia nello stabilire le imposte, il riconoscimento delle libertà individuali, ecc., ma solo una quarta parte dei suoi membri desiderava la rottura dell’ordine degli stati e una rivoluzione democratica.

Il clero sosteneva per la maggior parte una riforma graduale e non una rottura rivoluzionaria. Nonostante questo atteggiamento moderato, la presa della Bastiglia il 14 luglio e la successiva abolizione dei privilegi feudali, che favorivano soprattutto la Chiesa, non furono fatti che allarmarono particolarmente vescovi e sacerdoti, più preoccupati per i risultati della riforma costituzionale avviata da una nuova assemblea.

La “Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino” promulgò la libertà religiosa, riservando allo Stato il potere di determinare quando le opinioni in materia di credo risultavano incompatibili con la legge.

Una libertà di breve durata

Il 12 luglio 1790 venne istituita la “chiesa costituzionale”, che nella pratica e a partire da un rapido processo di fondamentalismo statalista divenne l’unico credo accettato dalle autorità.

Questa “chiesa” aveva un’organizzazione e un funzionamento propri, decisi dallo Stato, e ai cattolici venne offerta la possibilità di giurare fedeltà alle norme promulgate in materia di religione slegandosi dall’obbedienza al loro vescovo e a Roma.

Purtroppo, nonostante la determinazione di Papa Pio VI e la ribellione dei vescovi (solo quattro giurarono il nuovo ordine), molti presbiteri, soprattutto nel centro del Paese, si unirono alla “chiesa laica” e divennero commissari politici dello Stato in materia religiosa. La creazione di questa chiesa si celebrò nel Campo di Marte, con gli officianti in abiti tricolore, nello stile della nuova bandiera nazionale.

Persecuzione brutale contro chi non accettava la situazione

I sacerdoti “refrattari” – quelli che rimasero cattolici – venivano perseguitati, non potevano celebrare i sacramenti né predicare, e dal 18 marzo 1793 se venivano arrestati sul suolo francese dovevano essere giustiziati in meno di 24 ore.

A molti di loro la pena venne commutata in un destino ancor peggiore nelle carceri malsane della Guayana Francese, tristemente celebri. Allo stesso tempo, si impediva la comunicazione tra i cattolici francesi e il Papa, le cui lettere e i cui documenti non potevano essere letti nel Paese senza l’approvazione degli organi legislativi.

La Chiesa cattolica subì una delle peggiori persecuzioni della storia. I bambini non potevano ricevere il Battesimo, né la comunità celebrare l’Eucaristia. Si riuscivano a officiare i sacramenti solo in alcune occasioni e in segreto.

In Bretagna, regione che registrò il più alto numero di sacerdoti contrari alla nuova chiesa scismatica, i fedeli si riunivano in barche lontane dalla costa o all’interno dei boschi. Chi partecipava a queste “riunioni illegali” poteva essere condannato a morte venendo considerato nemico dello Stato. In questa regione vennero assassinati per motivi religiosi circa 120.000 cattolici, poco più del 15 % della popolazione.

Nel frattempo, le autorità rivoluzionarie stabilivano per decreto, su impulso di Robespierre, l’esistenza dell’“Essere Supremo” e “l’immortalità dell’anima”, e instauravano la celebrazione di “festival dell’Essere Supremo” a partire dal 1794. Prima erano già stati creati templi alla ragione usando chiese e sinagoghe, e il popolo veniva continuamente forzato a legare la propria coscienza a una serie di norme politiche e morali in base al gusto (peraltro mutevole) del potere.

Non si trattava, quindi, di un tentativo di eliminare la religione o di reprimere la Chiesa cattolica, o ancora di eliminare molti dei suoi a volte stravaganti privilegi, ma di uno sforzo per trasformare lo Stato nel massimo gerarca della coscienza individuale e in un oggetto di devozione pubblica. È molto importante comprendere il ruolo della religione nella società, come anche rendersi conto del fatto che lo Stato non può pretendere di occupare il posto della Chiesa, neanche sotto il velo equivoco e astratto della nozione di “cittadinanza”.

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