Uno shock cardiogeno a 10 giorni di vita lasciava presagire il peggio. Oggi Alessandro ha 14 anni, convive con una cardiomiopatia dilatativa e vuole fare il medico: "Forse la vita ha in serbo per me l'ipotesi di fare del bene agli altri".
Che ne sa il cuore, Alessandro?
In un certo senso, come diceva Chesterton, i morti sono vivi. Certe voci, di uomini indiscutibilmente defunti, continuano a generare occasioni di incontro tra i vivi. È infatti grazie adAlessandro Manzonise ho conosciuto e ascoltato la storia di un altro Alessandro, un ragazzo di 14 anni che vive a Busto Arsizio. Sua madre Francesca mi ha scritto per chiedermi consiglio per una tesina sui Promessi Sposi per l’esame di terza media di suo figlio, argomento: il cuore.
Quello che poteva essere un tema sdolcinato di letteratura, mi ha catapultato nella vita vera di una famiglia in cui troppo presto un piccolo cuore ha smesso di battere, e poi ha ripreso. Così mamma Francesca racconta il buio che all’improvviso è sceso su di loro:
Tutto è cominciato quando Alessandro aveva 10 giorni, ha smesso di mangiare e dormiva sempre. Non c’era verso di svegliarlo, siamo andati in ospedale per fare un esame delle urine, pensando che fosse un’infezione. Lì è svenuto e i dottori hanno visto che il suo cuore non pompava più bene. Nel giro di 24 ore siamo stati in 3 ospedali diversi e nel secondo ha avuto uno shock cardiogeno: non un infarto, il cuore di Alessandro si è fermato, la pompa non pompava più. La rianimazione è stata molto lunga, è rimasto in ipossia. Dalla risonanza magnetica si è visto che c’erano delle zone lesionate, erano molte ma piccole.
A questo punto della storia il buio è proprio pesto, le ipotesi dei medici non contemplano la speranza. Eppure:
La cosa brutta è che noi ci siamo trovati dal divano di casa al reparto di rianimazione nel giro di poche ore. Siamo stati catapultati nel terrore all’improvviso, io avevo ancora il taglio cesareo fresco. E all’inizio i medici ci dicevano: potrebbe non farcela, potrebbe non passare la notte. Poi le frasi sono diventate: potrebbe non passare la settimana, il mese, se arriva a 5 anni è fortunato. E invece siamo arrivati qui, ad Alessandro che oggi ha 14 anni.
Oggi siamo qui, Alessandro ha passato l’esame di terza media ed è pronto per le superiori. E ha scelto di preparare una tesina sul cuore per guardare dritto in faccia la sua fragilità, che forse – facendogli percorrere una strada non pianificata – gli sta svelando un grande progetto di vita: quello di diventare medico.
C’è sempre un Don Rodrigo che si pianta in mezzo alla strada, blocca la via più scontata. Ci costringe a mettere in discussione tutto, e forse ad abbracciare più realtà di quella che avevamo pianificato.
Ho aspettato che Alessandro finisse il suo esame, poi gli ho chiesto se volesse fare una chiacchierata con me. Si parla molto dei giovani sui giornali ma è raro farli parlare, lasciare, cioé, che sia la loro voce al centro della scena. Li etichettiamo più di quanto li ascoltiamo. E non è facile parlare con un 14 enne (lo dico da mamma di un ragazzo adolescente con cui il confronto quotidiano è un’ininterrotta avventura sulle montagne russe). Per questo in un primo momento avevo pensato di intervistare sua madre Francesca. Una chiacchierata da mamma a mamma significava rimanere nella comfort zone.
Alla fine ho messo al centro la voce di Alessandro, ritagliandomi un momento finale di confronto anche con Francesca. E in questa forma ‘doppia’ vi riporto la nostra chiacchierata, che mi ha permesso – una volta di più – di riconoscere che genitori e figli danno vita a un mostro (è un legame in cui ci si assomiglia anche riconoscendo una distanza abissale di tempra e di emotività … quello stupore assurdo per cui una madre dice: ‘Ma tu sei davvero mio figlio?).
Grazie Alessandro della tua disponibilità a raccontare la tua storia. Chi sei oggi?
«Sono una persona a cui piace muoversi, stare in movimento. Non mi piace stare seduto a fare la stessa cosa. In questo periodo estivo vado all’oratorio e lì mi piace fare soprattutto giochi dove ci si muove, come il calcio. Non ho un ruolo preciso, gioco per divertirmi. Ho molte energie, ecco. E sono un tipo da squadra, non sto da solo. Mi piace fare esperienze insieme agli altri. Caratterialmente sono forte ed entusiasta.
Se non avessi avuto questa malattia probabilmente sarei andato a fare il calciatore, il nuotatore, qualcosa di molto fisico. Non potendo dedicarmi allo sport in modo agonistico, diciamo che grazie alla mia malattia mi sono avvicinato alla musica. E adesso la considero come la mia via di fuga dalle apprensioni che mi può procurare la vita. Suono il pianoforte e, conoscendomi, il mio insegnante ha scelto per me come brano da eseguire all’esame di terza media un pezzo di Chopin molto energico, ci sono tanti ‘cambiamenti di umore’ nello spartito e sono tutti da rendere bene, in questo senso ci vuole energia. Sì, la musica mi permette di fare quello che in un campo all’aperto non posso fare».
Alessandro De Marchi
In fondo la musica è proprio ‘movimento’, certi pianisti mentre si esibiscono sono più energici di un attaccante di serie A. Hai trovato una via di espressione all’entusiasmo vitale che hai dentro. Ma hai accennato alla tua malattia, cosa mi dici di questo?
«La mia malattia è una cardiomiopatia dilatativa, in sostanza la mia funzione cardiaca è ridotta e il mio cuore non pompa con la forza con cui dovrebbe pompare. A causa dello shock cardiogeno che ho avuto da piccolo anche la forma del mio cuore è cambiata. Tengo a bada i problemi che insorgono con le medicine.
E finché io posso fare quello che voglio fare, lo faccio senza problemi. Se mi mettessi a considerare solo quello che non posso fare, mi deprimerei e basta».
Chiamare le cose col loro nome, andare al cuore
Dal divano di casa alla terapia intensiva, è stato questo il terremoto che ha scosso la vita di un’intera famiglia. Alessandro aveva appena 10 giorni di vita e ha vissuto tutto sulla sua pelle, eppure senza la consapevolezza terrorizzata dei genitori che aveva accanto. Crescendo, quello shock cardiaco ha continuato a fare parte della sua storia ed è cresciuta anche la sua coscienza dei fatti e della propria vita.
Alessandro oggi ha una spiccata attitudine scientifica, e ha scelto di approfondire il tema del cuore nella sua tesina d’esame considerandolo sia come ‘contenitore’ dell’emozioni, ma soprattutto come muscolo del corpo umano. Mi ha parlato con entusiasmo di come ha voluto studiare la storia dei trapianti e anche l’anatomia di Leonardo da Vinci, di cui ci restano disegni impressionanti del muscolo cardiaco.