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Quando la superbia può diventare violenza? Risponde il cardinale Zuppi

Cardinal-Zuppi-Rabbia

Andreas SOLARO / AFP - Ollyy / Shutterstock

Gelsomino Del Guercio - pubblicato il 08/07/22

"Il superbo deve essere perfetto. Ha paura di chiedere aiuto e pensa di dovere essere sempre lui a decidere”

La superbia può degenerare: può portare una persona a diventare violento. E’ un rischio che si corre e di cui parla il cardinale Matteo Zuppi nel libro Guarire le malattie del cuore (Edizioni San Paolo).

“Il superbo dimentica che tutto è grazia”

La superbia, spiega Zuppi, colpisce proprio i più dotati, quelli che coltivano caratteristiche e capacità e fanno di queste motivo di vanto, rovinando così le virtù nel modo peggiore, usandole per fare a meno degli altri o per compiacersi di sé. Il superbo dimentica che tutto è grazia e che il talento è affidato ma perché sia usato per gli altri. Il superbo non sarà mai grato, perché crederà che tutto è dovuto e meritato frutto del suo sforzo. E chi non ringrazia è in realtà triste. 

Cardinal Italian prelate Matteo Maria Zuppi
Il cardinale Zuppi ci aiuta a guarire le “malattie del cuore”.

“Preferiamo restare soli”

A volte per superbia, pur di essere noi stessi e non cambiare, preferiamo restare soli, ci accontentiamo di avere ragione anche se questo significa chiudersi agli altri e diventare sterili. Il superbo dimentica anche il buon senso per cui non siamo proprio nulla, nulla, senza gli altri perché, fosse anche per esercitarci nei loro confronti, ne abbiamo sempre bisogno! 

“Ha paura di chiedere aiuto”

Il superbo non accetta il contraddittorio; ascolta solo – prosegue il cardinale Zuppi – per nutrire il proprio io; non sa parlare con intimità di sé; spiega, non ascolta; cambia da solo e non perché aiutato; non si lega in fondo per davvero a nessuno perché questo significherebbe dipendenza e debolezza. Il superbo deve essere perfetto. Ha paura di chiedere aiuto e pensa di dovere essere sempre lui a decidere. Non pensa per gli altri, ma sempre per sé, fosse anche nelle virtù. Migliora, si perfeziona, ma per piacersi, per affermarsi, non per amare!

Passione violenta 

La superbia, avverte Zuppi (che è anche il nuovo presidente della CEI), diventa passione violenta, come quando non accettiamo che quello che pensiamo acquisito e nostro non sia più tale. Pensiamo, per esempio, alla terribile violenza, quasi ordinaria, che colpisce donne colpevoli di essersi sottratte alle imposizioni del superbo. Il superbo nasconde la paura: si impone e, disperatamente, resta solo: è in questi casi che il suo stato d’animo turbato può scatenare violenza.

priest superb
Anche un prete può rivelarsi superbo? Si, il prete è prima di tutto un uomo e può cadere come tutti gli uomini in questa “malattia del cuore”.

Diventiamo ripetitivi

L’esaltazione di sé è considerata da molti un valore, accompagnata da un modo esibizionista che premia chi è più abile, chi dimostra capacità e furbizia. Il superbo, egocentrico, diventa, in realtà, una caricatura di sé. Infatti siamo noi stessi solo quando siamo con gli altri e per gli altri, sfuggendo proprio alla legge del io, alla superbia che ci rende in realtà inservibili e ripetitivi, anche se pensiamo di essere importanti e determinanti. Solo la via dell’umiltà ci fa trovare il nostro io. 

Sbagliare e amare

Il superbo vuole essere perfetto, ma la vera perfezione non è non sbagliare, come spesso pensiamo, credendo di essere a posto perché non ci facciamo rimproverare nulla dagli altri.

Per Gesù, ci ricorda il cardinale Zuppi, il problema non è non sbagliare, ma amare! Non si diventa perfetti da soli, senza affidarsi a Dio. L’umiltà è via di perfezione nonostante il nostro peccato, perché ci fa amare dal Signore e ci rende simili a lui, mite e umile di cuore. Superbi sono i farisei che non accettano, se non alle loro condizioni, nessun aiuto da parte di Gesù. 

La difesa dei farisei 

Essi si difendono dall’amore appassionato del Maestro: si pensano loro maestri. Pongono pesi insopportabili sugli altri, giudicano senza misericordia, esibiscono quello che sono con ipocrisia, scappano da un confronto vero e personale sulla loro vita. 

Scuse e rimproveri: il superbo li “ignora”

Il superbo pensa di avere ragione, si deve continuamente imporre. Non chiede mai scusa, critica i rimproveri rimuginando e giustificandosi, non vuole e non riesce a vedere quello che c’è di buono nell’altro, e non accetta che ci possa essere qualcuno migliore di lui. Se ammette il peccato, conclude il cardinale Zuppi, si crede perso perché, superbo, si crede grande anche nella colpa. Non si fa aiutare perché non sa riconoscere il bisogno che ha. L’umiltà è la via per liberarsi dalla superbia. È la grande medicina del cuore!

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