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Nascere orfani per via di una GPA o PMA “post-mortem” 

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Studio 37

Christine Pellen - Gènéthique - pubblicato il 07/07/22

Nascere di orfani di padre per una fecondazione assistita, oppure orfani di madre per via dell’utero in affitto. Ecco a cosa portano le tecniche di procreazione artificiale.

Negli Stati Uniti una vedova ha dato la luce a un bambino concepito con lo sperma del marito, il quale era defunto 14 mesi prima della nascita del bimbo (nel febbraio 2020 – Metro.co.uk, 22 giugno 2022). La storia però non finisce qui: le resta uno dei due embrioni “adatti alla vita”, che erano stati congelati. Sarah Shellenberger, insegnante 41enne, ha deciso di far nascere questo secondo bambino. Prodotto appena una settimana prima della morte di Scott, lei sperava che «il transfert riuscisse». «Sono così grata del poter sperare di recuperare un secondo frammento di mio marito», ha dichiarato. L’embrione è stato impiantato il 23 giugno. Se tutto va come previsto, Hayes incontrerà il fratello (o la sorella) da qui a nove mesi, più di tre anni dopo la morte del loro papà. 

Una decisione di giustizia 

Una storia eccezionale? Neanche tanto: in Gran Bretagna un vedovo ha ottenuto il diritto di utilizzare un embrione concepito con la propria defunta sposa (BioNews, 27/06/2022). Tra il 2013 e il 2018, Ted Jennings e la moglie Fern-Maria Choya si sono sottoposti a quattro cicli di FIVET in una clinica della fertilità a Londra. Dopo il decesso della moglie, occorso nel 2019, Ted Jellings ha voluto utilizzare il loro ultimo embrione congelato per avere un figlio mediante la pratica dell’utero in affitto. Accordo che da principio non era riuscito ad ottenere, dal momento che gli mancava il consenso scritto della moglie (Gènéthique, 6/5/2022). Alla fine un giudice gli ha fornito l’autorizzazione. 

Una prima GPA post-mortem 

Per il giudice Theis, 

la Human Fertilisation and Embryology Authority (HFEA) dovrebbe rivedere i propri formulari di consenso nel caso di decesso di uno dei coniugi, e dovrebbe chiarire quel che dovrà avvenire degli embrioni superstiti. 

Secondo lei ne sarebbe mancata l’occasione, ma Fern-Maria Choya avrebbe dato il proprio consenso. Si tratta del primo caso di maternità vicaria post-mortem nel Regno Unito. Sono procedure che interpellano: l’embrione è utilizzato per prolungare, diciamo risuscitare, il genitore defunto? Come afferma Monette Vacquin, psicanalista, membro del Consiglio scientifico del dipartimento di etica biomedica del Collège des Bernardins, 

l’embrione è [divenuto] posta in gioco, egli stesso è un oggetto metafisico per il fatto di trovarsi al crocevia tra le differenze dei sessi e delle generazioni. [Egli è] figura del passato e dell’avvenire. 

Talvolta suo malgrado. 

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[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio] 

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