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Alle radici del cambiamento con Enea

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Museo del Monastero delle Orsoline

Enea che fugge da Troia in fiamme portandosi sulle spalle il non indispensabile allo sforzo pruduttivo del paese, il padre Anchise.

Lucandrea Massaro - pubblicato il 16/06/22

Il nuovo libro di don Luigi Maria Epicoco ci guida nei momenti topici della vita dell'Eroe troiano, che sono anche i nostri...

“Una certa tradizione cristiana ci ha portato a sviluppare quello che col tempo abbiamo definito l’esame di coscienza come una specie di giudizio a noi stessi. Ma basta frequentare i grandi Maestri di vita spirituale della stessa tradizione cristiana per accorgerci che sono proprio loro a metterci in guardia contro questo tipo di rischio. Infatti un pensiero, un’emozione, non possiamo definirli buoni o cattivi perché in realtà sono neutri […]. E’ il modo con cui reagiamo davanti a quei pensieri […] a dirci se poi hanno suscitato un bene o un male dentro di noi. […] Il senso di colpa ci priva di consapevolezza interiore. Per paura di essere giudicati evitiamo anche di essere esaminati dalla nostra coscienza. Si viene a creare così in noi una doppia situazione negativa: o ci guardiamo per compiacerci oppure evitiamo di guardarci per non avere la sensazione di essere colpevoli rispetto a quello che troviamo dentro di noi”.

Enea come parabola della vita di tutti noi

Questo lungo esergo che ho riprodotto dall’ultimo libro di don Luigi Maria Epicoco (La scelta di Enea. Per una fenomenologia del presente, Rizzoli) è un passaggio che si trova nelle prime pagine di questo agile quanto denso volume che attraverso una rilettura della vicenda di Enea – come il titolo suggerisce – accompagna il lettore in una disamina degli avvenimenti della vita di ognuno. Ma non c’è cambiamento che non sia accompagnato dalla comprensione di sé e talvolta anche dal perdono verso fasi precedenti della propria vita, della propria immaturità. Questo passaggio detta un po’ il tono di un’opera di pregio, che è soprattutto un piccolo specchio verso la propria anima. Lo si pone di fronte a sé per guardarsi dentro. Come reagiamo ai cambiamenti? Come ai lutti e agli eventi negativi? Se ci poniamo sempre nello stesso modo di fronte ad una situazione possiamo dire di essere maturati? Siamo capaci di cambiamento? L’accostamento – nel testo – col Vangelo di Luca (5, 17-26) e del paralitico che viene guarito è una parabola che vale per tutti noi: Gesù rimette i peccati e solo dopo dice “alzati e cammina”. Il peccato è una paralisi dell’anima, il perdono è una guarigione dell’essere, non di quanto fatto in precedenza. Quella semmai sta a noi cercare di rimediare – quando possibile – consci della nuova vitalità e “mobilità” che il perdono ci concede.

La vita come viaggio

Ecco che i temi si collegano gli uni agli altri, e la mobilità dell’anima è sinonimo della mobilità della nostra vita. La paralisi del cuore, del desiderio con Gesù entra in contatto per aiutarci a superarla, diventa prodromo della mobilità che attraversa la nostra vita. La vita stessa diventa viaggio, ma un viaggio ha bisogno di una meta, un punto di approdo, quello che sembra mancare – dice l’autore – a tanti delle ultime generazioni, sballottati qui e là dalle intemperie della vita, pensiamo ai più giovani usciti da due anni di pandemia e adesso proiettati verso un presente di guerra e un futuro di incertezza economica ed esistenziale.

“La vita che non ha un orientamento è destinata molto spesso a ripetere i propri errori, a rimuginare quasi sempre le stesse questioni che possono cambiare il vestito ma in fondo sono nella sostanza le stesse questioni di sempre. […] Soltanto quando abbiamo l’intelligenza di domandarci verso dove stiamo andando, solo allora ogni cosa si riempie di luce diversa. Ma è proprio a questo punto che siamo chiamati a fare una distinzione importante: la meta non è mai semplicemente pianificazione, essa non nasce da un ragionamento […]. La meta in realtà sfugge alla pianificazione, è una sorta di rivelazione, quasi a volerci ricordare che l’unica maniera che abbiamo di sapere dove stiamo andando è cominciare un viaggio e metterci in cammino”.

Una bussola non è una prigione

Darsi un orientamento nella vita, un sogno, una speranza, una aspettativa ci mette nelle condizioni di prendere una direzione, senza vagare. La meta arriverà, talvolta diversa da quanto ci si immaginava, come la vita sa spesso sorprendere chi vuole farsi sorprendere dalla vita sembra voler dire l’Autore. Vale anche per la vita spirituale, tanti pensano che la vita di parrocchia sia sufficiente, ma non entrano mai nel vivo della propria fede. Pensano che il percorso sia scritto e scandito, ma quanto spesso si interrogano sul divino? Quanto spesso un cristiano si interroga con passione circa la propria fede?

Questi sono solo accenni ai temi trattati dal libro, che tuttavia speriamo siano sufficienti a destare curiosità verso un’opera che non è psicologismo, ma discernimento, quello che il Papa ci suggerisce spesso di fare di fronte alla propria vita e alle situazioni che essa ci pone.

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don luigi maria epicocovitavita spirituale
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