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Lutto perinatale: come dire addio al proprio figlio?

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Solenn Gaillard-Varennes - pubblicato il 30/05/22

Ogni situazione è diversa, e ogni coppia deve poter fare le cose in base alla propria sensibilità, ai propri desideri e a quello di cui si sente capace

30 o 40 anni fa, la morte di un bambino nell’utero materno era ampiamente ignorata, visto che il piccolo non era considerato dalla società una persona a pieno titolo. Oggi la professione medica, come anche le coppie colpite dalla perdita di un figlio, testimoniano i benefici del fatto di poter dire addio a un bambino nato morto. È un passo importante nel lutto per la perdita di un figlio o di una figlia che spesso non si è avuto il tempo di conoscere. Come congedarsi?

1. Vedere il proprio figlio

Anche se può essere doloroso vedere il/la proprio/a figlio/a dopo il parto, può essere un modo di dirgli addio, di dare un volto al bambino che si aspettava. “A volte il personale infermieristico in questi casi di lutto perinatale è un po’ confuso. Il bambino che nasce senza vita a volte è difficile da vedere, e il personale non preme perché i genitori lo conoscano, perché ritengono che sia una situazione molto dolorosa. Proiettano le proprie paure sui genitori”, spiega Pascaline Chazerans, ostetrica da più di dieci anni. “Ricordo una madre che voleva vedere il figlio dopo la nascita. Quando gli si è avvicinata e lo ha toccato, ha detto subito che assomigliava a suo nonno. Aveva visto il suo bambino con gli occhi e il cuore di madre. È stato molto toccante”, ha affermato.

Attualmente, nella maggior parte dei reparti maternità si offre la possibilità di mantenere un registro dei bambini nati morti. Dopo la nascita, vengono scattate delle foto del piccolo da inserire nella sua cartella, che resta nell’ospedale e può essere consultata dai genitori quando lo desiderano. Marie, madre di due bambini nati prematuri, ha detto ad Aleteia: “Abbiamo perso il nostro primo bambino dieci anni fa, e all’epoca non abbiamo avuto il coraggio di vedere nostro figlio. Sapere che c’erano quelle fotografie ci ha sempre dato la fiducia nel fatto che potevamo cambiare idea e vedere nostro figlio se lo avessimo desiderato”. L’ostetrica prende anche le impronte dei piedi e delle mani e dà il registro ai genitori, il che mantiene una memoria amorevole del bambino.

3. Dare un nome al bambino

Dare un nome a un bambino nato senza vita è un bel passo perché permette il riconoscimento reale del piccolo. Nominandolo, riconosciamo la sua esistenza. Quel bambino era presente nel grembo materno, e nonostante la sua breve vita è esistito. È bene non dimenticare, e a volte far capire ai familiari che quel bambino era una realtà per i genitori. Per i fratelli e le sorelle, se ce ne sono, è un buon modo per parlare del bambino che non hanno conosciuto, e permette loro di nominare il fratello o la sorella e di considerarlo un membro della famiglia a pieno titolo.

4. Registrare il bambino nell’albo di famiglia

Oltre a dare un nome al bambino, alcune famiglie decidono di inserirlo nel registro di famiglia. Dal 2008, un bambino nato senza vita può essere inserito nel registro. Non è un obbligo, ma ad alcuni genitori permette di accogliere simbolicamente questo piccolo in famiglia. È un grande passo per la considerazione di questi bambini da parte della società. Riconosce il dolore della famiglia e ne permette il lutto. Dalla fine del 2021, i genitori possono anche dare il proprio cognome ai bambini.

5. Organizzazione di un funerale

“Quando abbiamo perso il nostro primo bambino, il nostro medico, oltre a darci una possibilità di scelta completa, ci ha consigliato di non celebrare un funerale perché sarebbe stato troppo doloroso, ma per come la vedevo io non c’era modo di lasciare il nostro bambino in ospedale. Dovevamo sapere dove stava e poterlo ‘vedere’ ogni volta che volevamo”, dice Marie. Anche se tutta la logistica della preparazione di un funerale può sembrare molto dolorosa, permette di dare un vero “addio” al figlio e di processare il lutto. Affidare il bambino, tutta la famiglia e il suo dolore a Dio permette di vedere questa perdita come meno terribile. “Seppellire un bambino permette anche ai fratelli di rattristarsi. Può sembrare difficile per i bambini, ma anche per loro è importante poter dire ‘addio’ al fratello o alla sorella. E i bambini lo vedono come un addio e lo sperimentano in modo più semplice degli adulti”.

Pascaline Chazerans spiega che “alcuni genitori approfittano del funerale per mettere una copertina o un pupazzetto nella bara del bambino. È un gesto simbolico, ma è importante per i genitori, che in quel modo si prendono cura dei propri figli”.

6. Percorrere un cammino di consolazione

Quando si perde una persona cara, soprattutto un bambino, la parola-chiave perché il dolore diminuisca è “tempo”. Per superare, o imparare a convivere con la realtà, serve tempo. È ovvio, e bisogna esserne consapevoli. Per alcuni il cammino sarà più “rapido”, per altri molto più lungo. Le cose non vengono poi vissute allo stesso modo dal padre e dalla madre. La madre ha sperimentato tutto nella propria carne, è una cosa anche fisica. Per il padre è diverso, anche se non vuol dire che soffra meno.

Ciò che conta è poter dire addio al bambino che si aspettava. A volte è difficile farlo da soli, e avere l’aiuto di terze persone può essere una buona soluzione.

Oggi esistono anche associazioni per aiutare i genitori a vivere il lutto. L’associazione Mãe da Misericórdia, ad esempio, offre ritiri e sessioni per accompagnare le persone che hanno perso un figlio. Attraverso gruppi di discussione, gesti concreti e momenti di preghiera, gli organizzatori di queste sessioni aiutano i genitori che hanno difficoltà a superare il proprio dolore. I genitori possono beneficiare di persone che ascoltano attentamente e non giudicano.

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