Per tre volte, a pagina I de Il Tirreno di oggi, si legge che “Wouldn’t you miss me?” significherebbe, «tradotto», “Non ti manco?”. Lo scrive il giornalista Roy Lepore in fondo al primo capoverso; lo riprende l’editor nella didascalia fra la penultima e l’ultima colonna; lo incorona il titolista nelle prime tre parole del titolo. Sotto alla foto con la frase in inglese. Che però dice un’altra cosa (e difatti nell’edizione online hanno doverosamente corretto).
«Chi parla male pensa male e vive male» (Moretti dixit)
La questione non è peregrina, perché il Second Conditional si usa per parlare di fatti collegati a condizioni ipotetiche, mentre “non ti manco?” è una semplice domanda all’indicativo, tutta fatta e finita tra il parlante e il suo interlocutore in quel preciso istante e a prescindere da ogni altra circostanza. La frase della discordia è oggetto di contesa non in sé, bensì perché suppone una condizionale implicita: «…se fossi stato/a abortito/a». Mentre la domanda scritta suona delicata e tenera, al limite velatamente malinconica, l’eventualità paventata è cruenta e funerea. Non tanto, però, da togliere i colori al dipinto a parete: la proposizione condizionale è infatti irreale – la frase scritta sullo sfondo cilestrino con bei caratteri minuscoli neri implica necessariamente che il/la bambino/a sia poi effettivamente nato/a. Messaggio non del tutto coesteso lo dà invece il feto sottostante, soprattutto per quelle ali da puttino che spesso (ed erroneamente, peraltro) vengono ascritte al contesto semantico dell’aldilà, ossia alla condizione cui la morte fa da premessa e da introduzione.
Ma gli angeli non sono bambini, in nessun caso, e solo figuratamente (né senza eccessi) si dice talvolta che i bambini sono angeli. Il punto della questione, per i ragazzi che hanno sollevato il caso, non verte però su questioni di filosofia del linguaggio o di esegesi iconografica, bensì sull’assunto che l’intento dell’opera sarebbe quello di rappresentare «un manifesto contro l’aborto». Alessio Vitali, il giovane rappresentante dell’associazione studentesca che ha avuto il merito (absit iniuria verbis) di alzare il polverone, ritiene di poter leggere nella rappresentazione «un chiaro messaggio antiabortista all’interno del liceo scientifico». La cosa lo preoccupa:
In tempi come questi, in cui il diritto all’aborto non sembra più dovuto e irrinunciabile, crediamo che il murales [sic!] sia un affronto a tutto il mondo femminile che continua a lottare per il raggiungimento di un obiettivo fondamentale: poter decidere finalmente sul proprio corpo, senza limiti imposti da una vetusta e bigotta morale.
Bisognerebbe anzitutto che il giovane Vitali, prima di lanciare le consuete invettive contro la solita “vetusta e bigotta morale”, ci spiegasse dove si troverebbe sostanziato e tutelato il preteso diritto all’aborto. Cerchi pure quanto vuole, ma la risposta è semplice: da nessuna parte, perché tale “diritto” non esiste, nel nostro ordinamento, e l’aborto è ancora trattato dal Codice di Diritto Penale. Perché si tratta di un crimine. Depenalizzato (a certe condizioni), ma crimine. Lo stesso è in molti Paesi le cui istituzioni forse il giovane studente considererà degne di attenzione, a cominciare dalla Francia – non a caso quando Macron ha annunciato di voler inserire il “diritto all’aborto” nella Carta dei Diritti dell’Unione Europea c’è stata una levata di scudi, perché il ballon d’essai proponeva un’assurdità, buona appena per conquistare qualche titolo di giornale.
Cose che (non) sappiamo degli Americani (e dell’aborto)
Ove non lo avesse saputo, sarebbe comunque in buona compagnia: appena dieci giorni fa Bill Maher (uomo di spettacolo USA tutt’altro che conservatore – o anche religioso) dichiarava di aver appena scoperto che in Europa le legislazioni sono «molto più restrittive» di quella vigente negli States, in materia di aborto. Come pure del fatto che la maggior parte degli attivisti prolife sono donne. Ma come? L’aborto non era il gonfalone del femminismo? E il femminismo non è ipso iure l’opinione mainstream delle donne? Non si direbbe.