Questa è la storia di un uomo ricco che lascia casa e spende tutte le sue fortune. Diventa povero, fino a trasformarsi in un mendicante solitario. Poi rinasce grazie all'incontro con una persona. Sarà lui a far tornare la voglia di vivere a "Fango" e fare in modo che riconquisti la fiducia di suo padre. Nel libro "Io sono fango" (edizioni San Paolo), Roberto Allegri fa una rivisitazione di una delle più celebri parabole di Gesù: quella del "Figliol prodigo".
I protagonisti di questa storia sono Nacor, un agricoltore, la sua famiglia e un mendicante che si fa chiamare "Fango".
L'incontro nei campi
Nacor un giorno incontra questo uomo privo di forze ai bordi di un campo. E decide di aiutarlo, ospitandolo in casa. Un incontro casuale che si trasforma in una bella amicizia. Nacor è un bracciante che ha diversi ettari e chiede all'uomo se, una volta ritornato in salute, voleva lavorare per lui. L'uomo accetta e diventa un operaio di campagna, professionale e capace.
La storia di "Fango"
Un giorno Gad, figlio di Nacor, gli chiede come si chiami. «Domando scusa a tutti voi. Mi avete salvato la vita e non vi ho nemmeno detto come mi chiamo - risponde l'uomo -. Ma c’è un perché e vi prego di accettarlo. Il fatto è che io non ho più un nome. L’ho perso tanto tempo fa». E confessa che il nome che ha deciso di darsi è "Fango". «È il nome che mi sono dato. Fango. Sono fango perché ho imbrattato il mio vero nome, il nome di mio padre, la fiducia che aveva in me. Sono fango perché sono caduto in basso, più in basso della polvere. Sono fango perché proprio nel fango ho sguazzato, come un maiale, finché neppure i maiali mi hanno più voluto».
Bravo e coraggioso
"Fango" non dice altro. Ma non è uno sprovveduto. E' abile nel lavorare la terra e si distingue per coraggio, forza. Come quando protegge Gad dall'aggressione di un maiale sfuggito al padrone. Un giorno confessa: «Vorrei dirvi che la decisione di lasciare la casa di mio padre fu dettata dal desiderio di avventura o da quello della conoscenza. Vorrei dirvi che fu per andare a Roma o a Damasco o in Egitto a vedere di persona le città di cui parlavano i mercanti e i soldati. Invece, mi vergogno a confessarvi che fu per cercare quelle donne».
Le donne e la lussuria
Il Figliol prodigo "Fango" aveva lasciato il padre procurando un gran dolore all'uomo. E aveva speso tutto in feste, notti con le donne. Da lì inizia la parabola discendente della sua vita, in fuga tra campi, nascosto nelle campagne o tra il bestiame dei pastori. Senza soldi, vestiti, lusso. Niente di niente. Con lui solo una bisaccia per l'acqua trovata in una stalla e cibo occasionale. L'incontro con Nacor sembra frutto della Provvidenza perché consente di rinascere e lo sfogo, con il racconto della sua vita passata, è una liberazione.
Faccia a faccia con il fratello
Ma le origini di "Fango" non sono così sconosciute in quelle terre. Infatti un uomo che lo conoscevo lo vedo lavorare nei campi di Nacor e riferisce della sua presenza al fratello Nadas. Quest'ultimo, avuta la notizia, corre subito a casa di Nacor e minaccia di morte il fratello, reo di aver abbandonato casa e poderi, deludendo la famiglia. «Ho vissuto. Ed è stato peggio che morire. Ho portato la mia vita attraverso il dolore, fino a te. E allora è tua, Hadas. Prendila. Prendila se pensi che poi potrai finalmente vivere libero dalla rabbia», diceva "Fango" al fratello che gli punta contro il coltello. Ma questi lo risparmia. «Tu sei un pazzo, ti lascio vivere», replica Hadas.
Il ritorno a casa
Dopo quell'incontro Nacor sollecita "Fango" a svoltare nella sua vita. Lasciando i campi e tornando a casa come il Figliol prodigo della parabola di Gesù. "Fango" ha anche un sogno, una visione, che lo riavvicina a suo padre. Non sa se tornando da lui troverò un'atmosfera di odio, come quello di suo fratello, o più favorevole. "Fango" allora parte, e il racconto si conclude con l'incredibile incontro tra il genitore e il figlio che si riabbracciano e cadono in lacrime, uno di fronte all'altro.
L'abbraccio con il padre
Ed è sempre il padre a calmare Hadas, con parole commoventi: «Ho sbagliato, ti ho lasciato in balia dell’odio, ma mi dicevo che prima o poi avresti capito, che ti saresti rassegnato. Che prima o poi avresti realizzato che la nostra era diventata una famiglia spezzata. Mi dicevo tutto questo. Ma intanto, tu eri qui. Tuo fratello invece non c’era. Di lui non avevo notizie, mai. Tu c’eri, lui no. Ho aspettato tanto. Ho aspettato che tu smettessi di odiarlo. Aspettavo che lui tornasse. E adesso è qui. È di nuovo con me. Con noi!».