L’ultimo rito di canonizzazione risaliva al 13 ottobre 2019: cinque nuovi santi erano stati allora proclamati, tra i quali spiccava il cardinal John Henry Newman. Nessuno dei fedeli raccolti allora in piazza San Pietro poteva allora immaginare che quella sarebbe stata l’ultima canonizzazione pubblica prima di una lunga parentesi di due anni e mezzo (in forza della pandemia da Covid-19, che ha ostacolato gli assembramenti e gli spostamenti internazionali).
Il rito del 15 maggio sarà al contempo eccezionale per il numero di nuovi santi – dieci in tutto – e ordinario, perché segna il ritorno a una consuetudine che si riproponeva due volte l’anno – in primavera e in autunno – al fine di favorire la presenza più vasta possibile del popolo di Dio.
Il rito di canonizzazione in sé è relativamente sobrio e rapido: consiste nella lettura della bolla di canonizzazione da parte del Papa, in risposta alla richiesta formulata dal prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi, attualmente il cardinale Marcello Semeraro. Dopo questa petizione, seguita dalla lettura di brevi biografie dei nuovi santi e dal canto delle litanie dei santi, il Papa legge il decreto di canonizzazione, composto in latino.
«Questo rito è stato semplificato da papa Francesco», precisa don Rémi Bazin, prete francese della Communauté Saint-Martin e officiale in seno alla Congregazione per le Cause dei Santi.
Dopo questo rito, la messa segue il suo corso normale, e l’omelia del Papa verte generalmente sulle letture del giorno, più che sulle agiografie.
I processi di canonizzazione – un iter lento e complesso
Contrariamente a quello che molti pensano, la lista dei nuovi santi non è necessariamente legata a una scelta personale del Papa. Certo, l’autorizzazione alla pubblicazione dei decreti riguarda il suo magistero, ma le beatificazioni e le canonizzazioni sono il frutto di un processo lunghissimo, che può prendere diversi decenni o anche svariati secoli. Nel caso di Charles de Foucauld, il processo era cominciato 95 anni fa. Sui 2-3mila dossiers in corso di esame presso la Congregazione per le Cause dei Santi, «alcuni arriveranno al loro fine, altri no», riconosce don Rémi Bazin.
La regola della distanza di cinquant’anni dalla morte è stata abrogata da Giovanni Paolo II, il quale l’ha ridotta a cinque anni per permettere l’elevazione agli altari di figure più contemporanee. Spetta all’Ordinario del Luogo (spesso il Vescovo diocesano) del decesso della persona in questione discernere se vale la pena avviare un processo, e quindi la procedura segue il suo iter a livello diocesano. A quel punto il dossier arriva a Roma. La domanda però non viene mai dal Papa o dal Vaticano: l’iniziativa viene sempre dalle comunità locali, e la Congregazione per le cause dei Santi non prende mai in mano i dossiers se non dopo la conclusione dell’inchiesta diocesana.
L’identificazione di un martire in odium fidei o dell’eroicità delle virtù della persona di cui si parla, poi il riconoscimento dei miracoli legati alla sua intercessione, rappresenta un lavoro di lunga durata. Questa inchiesta implica degli storici, dei medici, dei teologi e, naturalmente, per i casi più contemporanei, dei testimoni diretti. Alcune beatificazioni recenti hanno potuto implicare l’entourage intimo del nuovo beato: il caso più noto è certamente quello di Carlo Acutis, il giovane deceduto nel 2006 e beatificato nel 2020 ad Assisi alla presenza dei suoi genitori. Il partigiano austriaco Franz Jägerstatter, resistente ai nazisti e da loro assassinato nel 1943, è stato beatificato a Linz nel 2007 alla presenza della sua vedova.
Dal pontificato di Benedetto XVI in qua, le beatificazioni sono generalmente celebrate da un inviato del Papa nel paese di apostolato del nuovo beato. La beatificazione di Charles de Foucauld, il 13 novembre 2005, fu celebrata nella Basilica di San Pietro, ma si è trattato di una eccezione: l’organizzazione di una tale liturgia in Algeria avrebbe posto troppe difficoltà pratiche e diplomatiche. I martiri cristiani della guerra civile algerina degli anni 1990, molti dei quali furono ispirati nella loro vocazione da Charles de Foucauld, furono invece beatificati a Oran l’8 dicembre 2018, nella solennità dell’Immacolata Concezione.
Papa Francesco, recordman delle canonizzazioni
Le canonizzazioni restano invece quasi sistematicamente celebrate a Roma, a parte qualche caso legato ai viaggi del Papa – come fu per il caso dei martiri di Corea. Essi sono generalmente oggetto di cerimonie di gruppo. Papa Francesco aveva ciononostante fatto la scelta di una canonizzazione individuale per Madre Teresa, nel settembre 2016, tenendo conto della notorietà della fondatrice delle Missionarie della Carità. Nel 2014 egli aveva scelto di canonizzare insieme Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II, per segnare la continuità storica tra i Papi. Giovanni Paolo II aveva fatto la medesima scelta, nell’anno 2000, beatificando insieme Pio IX e Giovanni XXIII.
Durante il suo pontificato, papa Francesco ha presieduto 11 cerimonie di canonizzazione in Piazza San Pietro e tre altre nel contesto di viaggi (Sri Lanka, Stati Uniti, Portogallo). In totale, egli ha già canonizzato quasi 900 santi. Questa statistica è tuttavia largamente legata a una canonizzazione di gruppo, quella degli 813 martiri del sacro di Otranto, che aveva autorizzato il suo predecessore Benedetto XVI.
Bisogna notare, infine, che papa Francesco ha autorizzato diverse canonizzazioni “equipollenti” per via di semplice decreto, senza che la cosa si iscrivesse in alcuna celebrazione liturgica. Nel 2013 fu questo il caso, in particolare, della mistica Angela da Foligno e di Pietro Favre, membro del primo gruppo di Gesuiti al seguito di sant’Ignazio di Loyola, nel XVI secolo.
[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]