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Siamo in viaggio verso il “Metaverso cristiano”? 

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TierneyMJ / Shutterstock

Thomas Ka - pubblicato il 29/04/22

San Paolo si sarebbe imbarcato su una nave digitale per evangelizzare il Metaverso? È un’ipotesi plausibile. Per l’esperto in strategie digitali Thomas Ka, il Metaverso e la sua realtà virtuale, dopo Internet, può essere uno spazio fertile per le Chiese cristiane.

Il Metaverso (dall’inglese “Metaverse”) è un dono di Dio? I mezzi di comunicazione come Internet lo sono, se non altro per la Chiesa cattolica; e questo nuovo spazio di realtà virtuale a tre dimensioni, sul quale sta già scommettendo Facebook, divenuto “gruppo Meta”, comincia già ad attrarre i cristiani più “connessi”. 

Realtà virtuale o aumentata, educazione immersa, sale di riunione digitali… «gli spazi 3D nel Metaverso vi permetteranno di tessere legami, di apprendere, di collaborare e di giocare in maniera finora inimmaginabile» – ha annunciato Mark Zuckerberg col suo gruppo Meta. Un àmbito che, a partire dal lockdown, è stato utilizzato da alcuni cristiani americani per pregare online e in comunità grazie ai dispositivi ottici di realtà aumentata. Ultimamente, il sito fortune.com ha dedicato un dossier alla questione, prova che la pratica sembra volersi consolidare anche nel dopo-Covid. 

Lanciare il proprio Metaverso cristiano in tre giorni 

Una chiesa nel Metaverso in tre giorni: è la promessa ad esempio della VRchurch, una chiesa di realtà virtuale creata nel 2016. L’ente ha diffuso una conferenza della durata di quasi tre ore per insegnarvi a lanciare uno spazio di evangelizzazione nel metaverso.  

La conferenza è ricca di insegnamenti e potrà essere completata dalla lettura di un rapporto pubblicato a fine 2021 e dedicato alla questione di una chiesa “figitale” (Digital Hybrid “Phygital” Model for Church). Lo studio fa il punto sulle pratiche e soprattutto sulla tecnica necessaria per evangelizzare il metaverso. Secondo Jeff Reed, direttore della Metaverse Church NEXT, 

l’ecclesiologia di una chiesa in realtà virtuale è piuttosto vicina a quella di una chiesa fisica. Le omelie sono praticamente le stesse, il culto musicale è simile: i nostri avatar assistono virtualmente, seduti ai banchi. La grande sfida, nella chiesa in realtà virtuale è che non c’è interazione fisica. Vediamo già crearsi relazioni in cui persone dai 18 agli 80 anni si connettono a delle chiese in spazi di metaverso. La sfida non è nel metaverso in sé, ma nella capacità delle persone di riconoscere che il metaverso è un posto in cui le chiese possono prosperare. 

La creazione di questi spazi di realtà virtuale si iscrive in un altro passaggio, a complemento dell’evangelizzazione. Un metaverso cristiano offre uno spazio sicuro online per praticare la fede cristiana nei Paesi che non lo permettono, ovvero nei quali esporsi sarebbe pericoloso. 

È su questa basa, ma anche per raccogliere fondi a beneficio dell’Ucraina, che è stata lanciata l’iniziativa Holy Bibles NFT, uno spazio destinato a raccogliere tutti i credenti: Unique collection to gather all believers of Christ and build a digital community (per adorare Dio insieme senza distinzione di razza, di lingua o di nazionalità). L’iniziativa mostra che la struttura delle chiese “fisiche” può non applicarsi da sé a beneficio di uno spazio cristiano che si fonda sul kérygma

La fede trova dei limiti nel Metaverso… 

Se la realtà virtuale si presenta come un nuovo «spazio dei possibili», sembra che non tutto vi sia autorizzato – per ragioni sia fisiche sia teologiche. È la conclusione a cui giunge lo studio di un centro di ricerca teologica anglicano, the Oxford Centre for Mission Studies, il quale fin dal settembre 2020 ha considerato questa pratica accelerata dal Covid-19. L’autore, Guichun Jun, vi tratta del metaverso cristiano ponendosi diverse questioni relative alla digitalizzazione dei sacramenti. Se gli sta bene l’idea che il metaverso faccia parte della creazione di Dio, e che sia possibile “farvi Chiesa”, egli pone chiaramente dei limiti – in particolare relativi alla comunione. Un avatar, rappresentazione digitale di un partecipante, non può essere battezzato, né può comunicarsi al posto di una persona reale. 

A complemento di assemblee, preghiere e lodi (che sono possibili online), c’è una pratica che sembra poter avere un futuro nel virtuale: la benedizione. Se si sta infatti al Decreto in tempo di Covid emanato nel marzo 2020 dal cardinale Robert Sarah, 

i mezzi di comunicazione telematica in diretta, e non registrati, potranno essere utili. In ogni caso resta importante consacrare tempo conveniente alla preghiera, soprattutto valorizzando la Liturgia Horarum

Per estensione, una benedizione urbi et orbi et metaverso non sarebbe un’assurdità, come le benedizioni pontificie o la benedizione delle palme proposta nella diocesi di Réunion mediante i mezzi televisivi durante il lockdown

Necessario un quadro liturgico 

Se la tecnologia avanza rapidamente, bisognerà nondimeno pensare (prima o poi) alla liturgia praticabile nella VR (virtual reality). Cose che sanno ancora di futuristico, ma ormai sappiamo quanto rapidamente la materia digitale possa sparigliare le carte… Per il momento sono soprattutto gli evangelicals e gli avventisti ad avventurarsi su questo avamposto, nonché a promuoverlo (come indica questo articolo dell’Adventist News Network, agenzia di informazione ufficiale della Chiesa Avventista del Settimo Giorno, il cui titolo parla da sé –  How the Metavers Can Be an Opportunity for the Church (Come il Metaverso può essere un’opportunità per la Chiesa, N.d.T.). 

Il Catechismo della Chiesa Cattolica integrerà un giorno un capitolo dedicato ai mondi digitali… visto che già ne ha uno sull’uso dei mezzi di comunicazione sociale? Siamo comunque già avvertiti che i mass media possono generare una certa passività negli utenti. Quando la mediazione del corpo non è più necessaria, che ne è dell’anima? Un rischio da prendere in considerazione mentre si fa discernimento su queste pratiche nascenti. 

[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio] 

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