A pochi giorni dalla canonizzazione di Charles de Foucauld padre Bernard Ardura torna con i.Media sul miracolo che ha salvato la vita a un giovane carpentiere, Charle, caduto da un ponteggio cantieristico, nel 2016, con un volo di 15 metri. Parla del fatto che il miracolato non abbia, al momento, chiesto il battesimo e spiega perché papa Francesco consideri Charles de Foucauld come un santo per la nostra epoca.
i.Media: In cosa la postulazione di Charles de Foucauld è stata particolare per lei?
p. Bernard Ardura: Il miracolo che permetterà a Charles de Foucauld di diventare santo è assolutamente singolare. Esso appartiene a una categoria di miracoli poco frequente. Non si tratta di una “guarigione” ma di un caso di scampato pericolo.
Abbiamo dovuto provare tecnicamente che il giovane Charle è scampato alle conseguenze fatali – morte o tetraplegia – di un incidente occorsogli. Un ingegnere aerodinamico ha studiato il caso, prendendo in considerazione la durata della caduta e la velocità alla quale il giovane carpentiere ha impattato il suolo.
I medici, statistiche alla mano, hanno dedotto gli effetti attesi da queste informazioni. Ne viene fuori che quanto accaduto non corrisponde agli effetti previsti dalle nostre conoscenze. Charle è caduto e un utensile gli ha trafitto il fianco. Nessun organo vitale è però stato toccato, né ci sono state conseguenze – né fisiche né psichiche. Il giovane chirurgo che l’ha operato mi ha detto: «È stato molto impressionante da vedere, ma ho subito capito che non era grave».
i.M.: Come si può essere certi che il miracolo si debba all’intercessione di Charles de Foucauld?
p. B. A.: Tutta la dimostrazione che ho fatto è consistita nel mettere in luce le coincidenze provvidenziali attorno all’evento. Anzitutto una coincidenza temporale: il miracolo ha avuto luogo durante l’anno centenario della morte di Charles de Foucauld, un anno durante il quale tutte le famiglie spirituali del beato hanno pregato, nei diversi continenti, per ottenere delle grazie e un miracolo. Ora, l’incidente si è prodotto il 30 novembre 2016, alla vigilia del 1º dicembre, giorno anniversario della morte di Charles. Lei sa che la liturgia fa cominciare il giorno con i primi vespri, ossia al tramonto della vigilia. Nella serata, François Asselin, il capo dell’impresa di Charle, ha inviato decine di SMS per chiedere agli amici di pregare Charles de Foucauld per il suo operaio. Si può dunque dire che il miracolo ha avuto luogo il giorno dell’anniversario della morte. Altra coincidenza, la parrocchia Charles de Foucauld di Saumur aveva appena ultimato la novena di preghiera in preparazione alla festa.
Poi ci sono coincidenze impressionanti a livello di luoghi: la caduta è avvenuta a Saumur, lì dove Charles de Foucauld è passato, quando era in accademia. Ha poi avuto luogo nel settore della parrocchia Charles de Foucauld, creato quattro anni prima. È una parrocchia in cui il beato è stato invocato tutto l’anno con una preghiera recitata dopo la comunione, alla fine di ogni messa.
Charle è caduto mentre lavorava sul cantiere della cappella dell’Institution Saint-Louis, una scuola secondaria che doveva accogliere le celebrazioni parrocchiali del centenario.
i.M.: Charle, il giovane carpentiere miracolato, non è battezzato e a oggi non sembra essersi avviato sulla via del battesimo. C’è di che sorprendersene?
p. B. A.: È una cosa che interpella… Ma forse è un segnale e un insegnamento di Charles de Foucauld, che si considerava un missionario, ma un missionario che non predica con le parole. Diceva: «Voglio predicare con l’accoglienza della carità».
Il miracolo sbalorditivo al quale abbiamo assistito mi conferma nell’idea che il buon Dio non voglia fare a meno di nessuno: quando dà, dà totalmente, senza esigere nulla in cambio. Dio non elargisce doni considerando un possibile ritorno.
Charles de Foucauld non ha suscitato molte vocazioni, in Algeria. Si potrebbe anzi dire che, sul metro delle considerazioni umane, la sua missione è stata uno scacco. Eppure il suo carisma è così potente che si è diffuso in tutto il mondo. Quando poi incontri le Piccole Sorelle di Gesù a Bangalore ti chiedi: «Ma come! Charles de Foucauld è arrivato fino a qui?!». Papa Benedetto XVI aveva una parola che potrebbe ben spiegare quel che accade con Charles de Foucauld: «La fede non si propaga per persuasione, ma per attrazione».
i.M.: Effettivamente ci si sarebbe potuto immaginare che il giovane Charle fosse persuaso dell’esistenza di Dio, dopo essere uscito indenne dalla sua caduta…
p. B. A.: Eh, sì… Questo sembra evidente, in uno schema classico. Del resto molti mi pongono la domanda sul battesimo, se cioè Charle ne abbia fatto richiesta. Credo però che dobbiamo prendere coscienza della realtà: cinquant’anni fa, il 90% dei bambini veniva battezzato, e probabilmente Charle lo sarebbe stato. La situazione del cattolicesimo in Francia è stata rovesciata: una nascita su due avviene fuori dal matrimonio, e soltanto il 30% dei bambini viene battezzato. Viviamo in una società in cui Dio non esiste più. Non siamo più ricettivi a Dio.
i.M.: Che cosa rappresenta Charles de Foucauld per papa Francesco?
p. B. A.: Per lui è il fratello universale; e poi è il santo giusto per i nostri giorni, il santo della fraternità universale. La sua canonizzazione interviene in un clima di sofferenze e di lacerazioni crudeli. Tutte le guerre sono fratricide, ma quella che si svolge in Ucraina lo è ancora di più.
Papa Francesco ama molto Charles de Foucauld. Dopo aver letto la sua biografia scritta da Pierre Sourisseau, fece aggiungere un piccolo paragrafo alla fine dell’enciclica Fratelli tutti. Vi sottolineava la fede profonda dell’uomo che ha saputo fare esperienza di Dio e diventare fratello di tutti gli uomini e di tutte le donne. Il papa ha poi offerto ai membri della Curia questo libro su Charles de Foucauld.
i.M.: Che messaggio la Chiesa vuole mandare con la canonizzazione di Charles de Foucauld?
p. B. A.: Quando Charles de Foucauld incontra Dio, egli comprende che tutta la sua vita deve essere interamente donata a Dio. Cercando di imitare Cristo, egli si è recato anzitutto alla trappa di Notre-Dame-des-Neiges. Certo, si tratta di un luogo austero, ma Charles si rese conto che vivendo in comunità non avrebbe mai mancato di nulla. Allora partì per la Terra Santa e si stabilì a Nazaret, fino a quando comprese che imitare Cristo non esige che lo si segua geograficamente. Cristo lo avrebbe incontrato in quelli che considerava i più poveri, i più emarginati, abbandonati, disprezzati. Così scelse di partire per il Sahara e di vivere con i Tuareg.
È questa la testimonianza e il percorso di Charles de Foucauld, che la Chiesa vuole proporre al mondo con questa canonizzazione. Francesco è il papa delle periferie e canonizzerà Charles de Foucauld, il santo delle periferie.
i.M.: Durante la messa di canonizzazione, che posto il papa accorderà a Charles de Foucauld?
p. B. A.: In generale, il papa non fa che sfiorare la vita delle persone canonizzate, tanto più che queste sono assai numerose: il 15 maggio ci saranno altri nove nuovi santi! Papa Francesco dovrebbe impostare l’omelia sul Vangelo del giorno, come del resto fa praticamente sempre.
i.M.: Tra gli altri nove futuri santi a cui or ora faceva allusione ce ne sono altri due francesi: César de Bus e Marie Rivier. In cosa questi due santi sono dei modelli per i cristiani di oggi?
p. B. A.: César de Bus fu un uomo del XVI secolo che visse nella regione di Avignone. Ci sono numerosi paralleli fattibili tra lui e Charles de Foucauld. Crebbe in un contesto agiato, condusse una vita dissoluta, maneggiò armi. E anch’egli avrebbe conosciuto una conversione, o piuttosto una ripartenza, visto che era già battezzato: entrò in pieno nella riforma cattolica che usciva dal Concilio di Trento. Avrebbe consacrato tutte le sue forze all’insegnamento del catechismo, considerato strumento privilegiato della formazione dei fedeli, e fondò così la Società dei Preti della Dottrina Cristiana e delle Orsoline di Francia.
Come Charles de Foucauld – battezzato alla nascita –, anche egli era uno che ricominciava nella fede. Penso anzi che si possa dire che sono due santi per chi ricomincia. César de Bus ha realizzato che la fede appresa con le parole dell’infanzia è destinata ad attualizzarsi nel corso della crescita, che c’era un processo di maturazione da innescare, pena il suo diventare muta e irrilevante. Egli ha dunque insistito su un aspetto fondamentale: la trasmissione. Certo, la fede si trasmette per attrazione, ma a condizione che se ne possa dire qualcosa. Ecco, una cosa che oggi si può deplorare è la mancanza di trasmissione culturale o spirituale.
Quanto a Marie Rivier, si tratta di una piccola signora… una donna forte! Nell’ora della Rivoluzione francese, mentre tutte le case religiose venivano chiuse, Marie Rivier fondò una congregazione! Ebbe fiducia nella Provvidenza e non esitò ad andare controcorrente. Mi fa pensare a Jean-Baptiste Forque, un sacerdote venerabile di cui ho curato la causa. Di lui si disse che fu il temerario della carità: credo che di Marie Riviere si potrebbe dire che fu “la temeraria del buon Dio”.
[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]