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Servire gli altri inginocchiandomi?

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Dusan Petkovic | Shutterstock

padre Carlos Padilla - pubblicato il 27/04/22

Amare un po' sì, quanto basta, il necessario, quanto mi serve per riempire il vuoto della solitudine che provo. Ma fino a umiliarsi?

Vorrei aiutare gli altri, ma all’improvviso dimentico il mio desiderio di servire quando l’amore è esigente, quando quel mio “Sì” di sequela mi pone in una posizione che non mi piace.

Gesù ci insegna a metterci all’ultimo posto per servire i fratelli. In ginocchio di fronte agli uomini.

In ginocchio senza alcun protagonismo. Senza spiccare, senza vincere in niente, umiliati. Mi sento così debole, così piccolo…

Amare fino a un certo punto

Molte volte mi riempio la bocca con le parole “amore” e “servizio”. È come se dicessi a Gesù che voglio camminare con Lui mentre me ne allontano.

Dico di amare fino all’estremo come Gesù, ma è una bugia. Spesso amo a modo mio, in base alle mie necessità, riempiendo i miei vuoti, sostenendo le mie paure, pacificando le mie angosce.

Ma amare fino all’estremo? Impossibile. Qual è il mio estremo? Qual è l’estremo di Gesù?

Quanto l’amore inizia a far male smetto di amare. Perché fa male, e non voglio soffrire, né voglio rinunciare a niente per amore.

Perché non voglio gli ultimi posti, essere umiliato o vinto per amore. Amare fino all’estremo non mi sembra così necessario.

Amare un po’ sì, quanto basta, il necessario, quanto mi serve per riempire il vuoto della solitudine che provo. Ma non più del giusto.

L’amore di Gesù

Perché mi piace di più spiccare, stare al centro, essere ammirato o seguito. Raggiungere obiettivi, mietere successi.

Mi rifiuto di rimanere in silenzio e di passare inosservato nel mio cammino. Perché mi costa molto ammirare gli altri e sentire che sono migliori di me e meritano un posto più importante.

Forse quel posto che volevo io.

E allora Gesù mi ricorda che mi ha chiamato perché lavi i piedi dei miei fratelli. Indipendentemente da come sono, dalla loro vita, da quello che hanno fatto bene o male. Questo non importa.

Importano i piedi, non se sono puliti o sporchi. Gesù vuole solo che mi inginocchi togliendomi di dosso quella dignità di cui mi rivesto non appena posso farlo.

Vuole che rifugga i primi posti. Che mi lasci alle spalle lodi e applausi e mi dimentichi di me stesso per un momento, per un istante.

Solo per servire la vita che mi viene affidata e mettere l’altro al centro del cuore di Dio.

Umiliarmi mi avvicina a Dio

E io in ginocchio ai piedi degli altri, lavando la loro sporcizia, coprendo con tenerezza le loro ferite, baciando la loro indegnità.

E umiliandomi davanti agli occhi degli uomini. Questo mi rende più simile a Gesù.

Mi unisco a Lui più che mai. Più di quando le mie imprese hanno successo o ascolto lodi per i traguardi di Dio in me.

Scopro allora che la mia unica missione nella vita è lavare i piedi inginocchiandomi. E io credevo che fosse un’altra…

Dimentico il colore della Sua chiamata. Lo dimentico quando cerco dignità e riconoscimento. Quando penso che gli altri debbano essere al mio servizio, prendersi cura della mia vita, amarmi anche più di quanto io sia disposto ad amare.

Amore estremo

Sono così povero nel mio sguardo, nei miei gesti d’amore… Amare finché fa male, fino all’estremo. Me lo ha insegnato Gesù, e non voglio dimenticarlo.

Lavare l’altro perché sappia che Dio lo ama. Perché sperimenti la Sua tenerezza. E scopra che la legge non serve per colpire nessuno, ma per accarezzare l’anima di chi soffre.

Perché comprenda che la misericordia ha la forma di un abbraccio, di un bacio, di una carezza. E di piedi lavati da mani ferite. L’amore di Gesù nella mia vita è così.

Così vuole essere il mio amore, ed è ben lontano dall’essere un amore estremo. È il mio orgoglio che vuole vincere e imporsi al di sopra di tutti.

Voglio essere più umile, più servo, più bambino, più povero. Più docile al volere di Dio nella mia anima.

Voglio inginocchiarmi perché il Suo amore brilli in me. Umiliarmi perché non sia io a spiccare, ma Lui che mi ama, amando in me.

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