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“Hitler era indignato dall’immagine del crocifisso; vi vedeva un essere debole e deforme”

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HITLER

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Vidal Arranz - pubblicato il 26/04/22

Intervista a Santiago Mata, storico e autore dell'opera “Mártires cristianos bajo el nazismo”

La Chiesa e Hitler, due delle principali linee di indagine dello storico e giornalista Santiago Mata, confluiscono nel suo ultimo libro, Mártires cristianos bajo el nazismo (Martiri cristiani sotto il nazismo), un documentato lavoro che registra in modo dettagliato gli episodi principali della resistenza cristiana al totalitarismo del III Reich, anche da prima che si configurasse come tale.

Il libro è anche una cronaca del tortuoso rapporto tra la Chiesa cattolica e Hitler e un tentativo di spiegazione di quelli che oggi potrebbero sembrare silenzi incomprensibili.

Un gran numero di cristiani morti per il nazismo

Mata dimostra che migliaia di persone sono state assassinate perché cristiane e cattoliche, soprattutto in Polonia, e documenta i due casi di santità collegati al dramma nazista (Massimiliano Kolbe ed Edith Stein), come anche i circa 360 martiri cattolici, a cui bisognerebbe aggiungerne altri più di 200 di confessioni protestanti.

Prima di arrivare qui, Mata si era occupato dei martiri della Guerra Civile in Holocausto católico, ma anche di figure come Óscar Romero, o di Ramón Llull ne El hombre que demostró el cristianismo, e di espressioni di religiosità popolare come la Madonna di Guadalupe o le apparizioni (allo studio) di Garabandal.

Quanto al nazismo, ha pubblicato almeno altri due lavori: U-Boote. El arma submarina alemana e La flota de Hitler.

“In Germania, ti salvavi non aprendo la bocca. Il martire tedesco è il cristiano che osa parlare, o che dà rifugio agli Ebrei”, spiega Santiago Mata. “Ma in Polonia e in altri Paesi occupati li andavano direttamente a cercare, andavano a cercare il clero cattolico, e infatti ci sono più di duemila sacerdoti polacchi assassinati dai nazisti”.

Sorprenderà molti lettori scoprire la fobia che Hitler aveva per la Chiesa cattolica.

Hitler era un tipo che fingeva molto. Era nato in uno Stato, l’Austria, che rifiutava e odiava sia la monarchi austriaca che il cattolicesimo. In una conversazione con i suoi parenti, commentò il suo proposito di distruggere la chiesa principale della sua città per installare al suo posto un osservatorio astronomico. Spiegò che voleva distruggere “il tempo dell’idolo”, come si riferiva al Dio cattolico, per sostituirlo con il tempio della scienza.

Rivela anche che detestava l’immagine del crocifisso…

Nella stessa conversazione, accusò la Chiesa di essersi impadronita della bellezza e di averla corrotta. E si indignava per il fatto che si adorasse un essere deforme e ripiegato su di Sé come il Cristo crocifisso, mettendolo in contrasto con gli dèi dell’antichità, greci e romani, di cui si diceva che erano ammirevoli perché erano belli. È un culto della bellezza mondana, e della scienza.

Il suo disprezzo lo portava anche ad accusare la Chiesa di oscurantismo. Diceva che dove c’è il cattolicesimo si finiva per perseguitare la gente per il suo pensiero e le sue idee.

Visto a distanza, e sapendo quello che sappiamo oggi, è un sarcasmo piuttosto acido…

Quando l’uomo idolatra se stesso inizia a perseguitare tutto il resto, anche la religione. Hitler, però, lo ha fatto in modo sibillino, perché nel suo Paese c’erano milioni di cristiani e non poteva dire apertamente quello che voleva. Dall’altro lato, il regime nazista si presentava come un baluardo di difesa dei valori europei di fronte al comunismo.

Nel suo rifiuto della croce c’è un rifiuto della debolezza, che si collega all’idea del superuomo.

È così. La sua ricerca della perfezione lo portava a cercare una società in cui non ci fossero deboli. Accusava il cristianesimo di essere il più grande passo indietro della storia dell’umanità, perché aveva frenato il progresso dei potenti costringendoli a prendersi cura dei poveri, dei deboli e dei malati. Nel suo modello, tuttavia, erano annientati.

Possiamo dire che la religiosità di Hitler era pagana?

Sì, certamente. È una religiosità intramondana. Non c’è un dio trascendente. Sorprende la similitudine tra la sua difesa della scienza e l’appello alla dea Ragione della Rivoluzione Francese.

È la contraddizione tra le parole e i fatti. Diceva che si doveva insegnare alla gente ad essere umile, a imparare… e poteva sembrare che il suo discorso non fosse tanto malvagio, ma alla fine lo è stato.

È come ciò che è accaduto con la Rivoluzione Francese, quando in nome della libertà sono stati commessi grandi crimini. Nel caso specifico, in nome della perfezione è stato affrontato il progetto di eliminare ciò che era imperfetto.

C’erano differenze nel suo apprezzamento di cattolicesimo e protestantesimo?

Hitler odiava in modo particolare il cattolicesimo perché era cattolico, e poi non ha trovato tanta resistenza nella Chiesa protestante. I Protestanti tedeschi si sono lasciati trascinare più facilmente perché la Riforma luterana è molto legata al nazionalismo tedesco. Di fatto, i Protestanti hanno creato una Chiesa nazionale – i cristiani tedeschi -, che ai tempi di Hitler si è fusa con la Chiesa del III Reich.

Questo, però, non deve portarci a pensare che non ci siano state reazioni contro il nazismo da parte dei Protestanti. C’è stata, e duecento Evangelici tedeschi sono stati assassinati dai nazisti. È stata una reazione locale di pastori e credenti che si sono uniti contro Hitler. È stata una reazione notevole, non va sottovalutata.

Nel mondo cattolico, chi ha guidato il rifiuto del nazismo? Le basi, il mondo locale, o il vertice, il Vaticano?

Come sempre, i forti sono pochi. Ci sono stati sia pastori che gente semplice, ma è sempre una minoranza ad essere più fedele. In Polonia c’è stato un rifiuto più forte e generalizzato perché il Paese è stato oggetto di invasione, e la persecuzione dei cristiani è stata più esplicita.

Nella Chiesa cattolica, i vescovi avevano chiaro il rifiuto a livello dottrinale, e dal 1930 hanno affermato che non si poteva collaborare con il nazismo. Ma era un rifiuto timido. Anche se è vero che nella Chiesa cattolica, a differenza di quello che è accaduto con quella protestante, non ci sono difensori di Hitler.

Perché l’opposizione è stata timida?

È stato un rifiuto timido per la consapevolezza del fatto che bisognava obbedire all’autorità. L’idea era questa: bisogna resistere, ma non ribellarsi. Tutti i sacerdoti sapevano che non potevano permettere che i nazisti entrassero nelle chiese, perché non le strumentalizzassero, ma sono stati timidi al momento di offrire una testimonianza più attiva.

Ci sono momenti difficili nella storia, guerra e dittature, in cui bisogna fare qualcosa e non basta dire “Non ho fatto niente di male”. È un po’ come la situazione attuale.

Alcuni storici criticano fortemente l’atteggiamento di Pio XII nei confronti di Hitler.

Viene criticato perché non ha parlato pubblicamente, ma non è che non abbia fatto nulla. Ha promosso una rete internazionale per salvare gli Ebrei e ha addirittura partecipato a una cospirazione per abbattere Hitler tra il 1939 e i primi mesi del 1940. Questo è dimostrato e provato dalle testimonianze di chi vi ha partecipato con lui. È qualcosa di inaudito nella storia, e tuttavia la gente ricorda i suoi silenzi. Ma lui passava i messaggi dei cospiratori. Ciascuno ha il suo stile. Quello che sappiamo è che non è rimasto senza far niente.

Perché Pio XII ha taciuto?

Pio XII ha sicuramente pensato che le sue parole non sarebbero risultate decisive, e anzi avrebbero potuto far sì che Hitler uccidesse molta gente che altrimenti non sarebbe morta. Sentiva questo peso sulla coscienza: non poteva condannare a morte i cattolici per il fatto di dire la verità.

C’è un episodio collegato alla morte di Edith Stein che illustra molto bene questo fatto. I vescovi olandesi sfidarono i nazisti e si espressero pubblicamente contro la deportazione degli Ebrei non cristiani, e come rappresagli i nazisti arrestarono anche gli Ebrei convertiti, come la Stein. Se i vescovi avessero taciuto, non sarebbero morti. E la denuncia non ha risolto nulla. È molto difficile giudicare la storia.

Qual è stata la strategia del Papa in quel momento?

La sua strategia è stata non negare la verità, che il regime nazista era negativo e condannabile, ma senza dirlo troppo forte. Ha scelto di smorzare gli effetti del male.

Quello che non ha apprezzato è il fatto che quel silenzio ha sicuramente aiutato a far andare avanti la macchina dell’Olocausto. Io non posso giudicare Pio XII, e credo che nessuno possa farlo.

Possiamo trovare qualche parallelismo con la guerra in Ucraina?

È un esempio molto attuale. Perché Papa Francesco non ha condannato Putin? Sicuramente perché crede che sia possibile giungere a un accordo di pace ed evitare che la guerra peggiori. Probabilmente Pio XII pensava qualcosa di simile e voleva evitare mali maggiori. Ma forse non si evitano. Chi può essere sicuro? È questo il problema. Se domani Putin lancerà bombe nucleari e scatenerà il terrore, non mancherà chi criticherà Francesco per non aver condannato chiaramente Putin.

È facile giudicare partendo dal presente?

A posteriori è molto facile recriminare sul fatto che il Vaticano non sia stato più deciso contro Hitler fin dall’inizio. Ma questo si vede chiaramente ora perché sappiamo cos’è accaduto e si sa dell’esistenza delle camere a gas.

La pericolosità di Hitler non era ovvia?

Hitler nascondeva molto bene le sue intenzioni. Sul momento non era così chiaro. Prometteva una Germania con valori, in cui le religioni fossero al centro, prometteva di disarmarsi, perché non sosteneva la corsa agli armamenti, ma la pace. Mentiva come un vigliacco parlando della pace e della religione.

Possiamo imparare qualcosa da questi momenti critici?

Quello che ci insegnano questi momenti storici è che non possiamo rimanere a guardare, né collaborare col male. Da qui la grande difficoltà di giudicare quello che ha fatto ciascuno.

I martiri ci insegnano che bisogna andare controcorrente. Se ci si abitua a fare sempre ciò che piace, alla fine il male si presenterà sempre come qualcosa di piacevole che ci porterà su un cammino facile e ci lasceremo trascinare. Il martire è quello che se ne rende conto e reagisce in tempo, ma perché questo sia possibile serve un allenamento a non lasciarsi trascinare dalla comodità.

Non manca chi trova nella Bibbia cristiana l’origine dell’antisemitismo, per la colpa degli Ebrei nella morte di Cristo.

È vero che in Germania si era radicato un sentimento antisemita molto forte, e da questo è derivato il tentativo dei nazisti di creare un cristianesimo senza Antico Testamento. Nel libro apporto la testimonianza di alcuni martiri indignati perché vedevano alcuni sacerdoti felici per la persecuzione degli Ebrei. Non si può negare che ci furono comportamenti scandalosi, ma questo non è attribuibile al cristianesimo, ma a un cristianesimo insufficiente.

Il cristianesimo non era radicato…

Credo che il miglior esempio contrario che si possa offrire sia quello del cardinale di Monaco, che non appena Hitler arrivò al potere, nel 1933, scrisse un libro sottolineando l’importanza dell’Antico Testamento e delle radici ebraiche per il cristianesimo. Ciascuno cercò di frenare il male a modo suo. E sicuramente molti altri hanno collaborato, perché nella Chiesa ci sono santi e peccatori.

Ora, noi consideriamo l’esempio dei cristiani che hanno reagito, e quelli sono i martiri. Per questo Edith Stein è stata nominata dal Papa patrona d’Europa.

Spieghiamo l’importanza di queste due figure che sono state beatificate, come esempio delle altre. Iniziamo con Massimiliano Kolbe.

Massimiliano Kolbe non ha fatto propriamente nulla contro il nazismo. Non lo ha criticato pubblicamente, né lo ha attaccato. Quello che ha fatto è stato nascondere migliaia di Ebrei. Per questo lo hanno incarcerato, per il suo impegno caritativo. Di fatto, dopo un primo arresto lo mandarono a casa, ma quando si verificò che stava offrendo rifugio agli Ebrei lo spedirono senza indugio al campo di concentramento.

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C’è inoltre un fortissimo impegno d’amore nei confronti del prossimo, perché Kolbe si è offerto al posto di un altro prigioniero che era stato scelto per essere giustiziato. È stato sensibile al suo grido, perché la sua morte avrebbe lasciato orfani i figli. È stato un supremo atto d’amore per il prossimo.

Kolbe è stato beatificato come confessore della fede e canonizzato come martire. Perché queste differenze?

Nel 1971, quando Papa Paolo VI lo ha beatificato, c’era un concetto molto rigoroso di martirio, e l’odio alla fede doveva essere esplicito nell’atto dell’omicidio. E questo non è accaduto nel caso di Kolbe, la cui morte è stata piuttosto una rappresaglia.

Poi, però, il criterio è stato corretto, e ora l’odio alla fede dev’essere un elemento imprescindibile nella morte, ma non deve voler dire espressamente che uccida la persona. Nel caso di Kolbe, questo porta a capire che se non fosse stato un religioso, un francescano, non sarebbe stato arrestato e mandato nel campo di concentramento. Per questo Giovanni Paolo II alla sua canonizzazione lo ha riconosciuto come martire.

E nel caso di Edith Stein?

Nel suo caso, l’hanno uccisa perché era ebrea, anche se si era convertita al cattolicesimo. Si potrebbe dire che non l’abbiano uccisa per odio alla fede, ma che sia stata vittima della rappresaglie per la protesta dei vescovi olandesi di cui abbiamo parlato prima.

Edith Stein – che è stata una donna straordinaria, filosofa e aiutante di Husserl – ha anche il merito di essere stata profetica, perché non appena Hitler arrivò al potere scrisse una lettera al Papa chiedendogli di esprimersi pubblicamente contro il nazismo e dicendo che non poteva permettere la confusione derivante dal fatto che i nazisti parlassero come se fossero cristiani quando predicavano l’odio per una razza, quella ebraica, che era tra l’altro quella di Gesù Cristo.

È questo che la Chiesa benedice: ha avuto il coraggio di avvertire prima di tutti – anche se dopo quell’episodio non ha più denunciato altro e si è dedicata alla sua vita da monaca –, e poi ha subìto il martirio.

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