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Una nuova tecnica di datazione conferma che la Sacra Sindone ha 2000 anni

La Sacra Sindone è conservata nella cattedrale di Torino

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Bérengère Dommaigné - Francisco Vêneto - pubblicato il 21/04/22
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Grazie a una nuova tecnica di datazione chiamata WAXS, gli scienziati italiani che hanno studiato un campione della Sindone di Torino affermano che la reliquia risale all'epoca della morte e resurrezione di Cristo

Una nuova tecnica di datazione a raggi X conferma che la Sacra Sindone è coerente con la tradizione cristiana e risale all'epoca della morte e resurrezione di Cristo. È la conclusione dello studio di un campione della Sindone condotto da un esperto della reliquia, Liberato De Caro, dell'Istituto di Cristallografia del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Bari, e i cui risultati sono stati pubblicati l'11 aprile.

Accompagnato da un'équipe di ricercatori e in collaborazione con il professor Giulio Fanti dell'Università di Padova, De Caro ha usato un metodo di “dispersione di raggi X a grandi angoli” per esaminare l'invecchiamento naturale della cellulosa in un campione della Sindone di Torino. A suo avviso, la Sacra Sindone ha ben più dei sette secoli stimati dagli scienziati che hanno realizzato la datazione con il carbonio 14 nel 1988. Si ritiene che in realtà abbia 2000 anni.

Misurare l'invecchiamento naturale del lino

In un'intervista al National Catholic Register rilasciata due giorni dopo la pubblicazione dello studio, Liberato De Caro ha spiegato il suo approccio scientifico, che mira a svelare il mistero del Santo Sudario.

Lo scienziato, che ritiene la Sindone di Torino “la reliquia più importante del cristianesimo”, ha riferito che studia il telo da 30 anni utilizzando “tecniche di ricerca nella scala degli atomi, soprattutto attraverso i raggi X”, e riferisce che la sua équipe ha sviluppato tre anni fa il nuovo metodo per misurare l'invecchiamento naturale della cellulosa del lino usando i raggi X. A suo avviso, le nuove ricerche dipenderanno dalla possibilità di accesso a nuovi campioni della reliquia, il che è possibile perché nel 2002 l'arcidiocesi di Torino ha estratto e immagazzinato alcuni fili della Sindone per studi scientifici futuri.

“Questo nuovo metodo di datazione, basato su una tecnica chiamata Dispersione dei Raggi X a Grandi Angoli (WAXS), è stato prima testato su campioni di lino già datati con altre tecniche e che non avevano nulla a che vedere con la Sindone, e poi applicato a un campione della Sindone di Torino”, ha spiegato De Caro.

I risultati della ricerca sono stati pubblicati sulla rivista internazionale Heritage dopo un mese di preparazione e revisione da parte degli esperti, e sono riportati anche nel sito web del Consiglio Nazionale delle Ricerche.

La Sindone sfida la scienza

Per lo scienziato italiano, la Sindone di Torino “sfida la scienza”. “Ogni nuova ricerca potrebbe chiarire una parte del complesso puzzle che rappresenta”.

“Ad esempio, l'immagine della Sindone non ha ancora trovato una spiegazione definitiva tra quanti l'hanno studiata, ovvero una spiegazione condivisa da tutta la comunità scientifica”, ha aggiunto.

Di fatto, ancora oggi nessuno scienziato è in grado di spiegare quale tecnica spettacolare e senza precedenti potrebbe essere stata usata all'epoca per riprodurre quell'immagine su un telo di lino, perché è come se per radiazioni fosse stata impressa sul sudario una lastra fotografica.