Aleteia logoAleteia logoAleteia
martedì 16 Aprile |
Aleteia logo
For Her
separateurCreated with Sketch.

Doppio lieto fine: operate due donne incinte, salvi madri e figli

MAMMA, NEONATO, OSPEDALE

Natalia Deriabina | Shutterstock

Annalisa Teggi - pubblicato il 20/04/22

A Prato una gravidanza a rischio a causa di un fibroma enorme all'utero, a Torino una donna incinta con una grave patologia polmonare. In entrambi i casi i team medici hanno trovato la via per curare e salvare le vite di madri e figli.

La cronaca è un gran guazzabuglio, ci sbatte di fronte il caos di una realtà piena di eventi, imprevisti, disastri umani e naturali. Però talvolta s’intravede il filo rosso e sottile di una trama in cui emerge una collaborazione umana indaffarata a custodire la vita in mezzo al guazzabuglio. Magari è una collaborazione inconsapevole, e solo l’occhio di chi guarda riconosce il filo rosso che lega fatti separati. È quello che mi è parso di vedere stamattina, sfogliando le notizie.

Prato e Torino, da queste due città arrivano nello stesso giorno (anche se la cronologia dei fatti non è perfettamente parallela) due notizie simili. Due distinti team medici sono stati impegnati a intervenire su due donne in dolce attesa e affette da patologie diverse e gravi. In entrambi i casi si è arrivati al lieto fine, un tandem di energie guidate da un comune obiettivo: curare le madri facendo tutto il possibile per non compromettere la vita del nascituro.

Prato: un fibroma che non dà speranza

Il primo fatto è che Tommaso è nato, e non era affatto scontato. Anzi sua madre e suo padre si erano trovati senza alcuna speranza Tutto è cominciato frantumando l’idillio della dolce attesa. Scoperta la gravidanza, una donna di Prato – non si conosce il suo nome – ha fatto gli esami di routine, trovandosi di fronte a uno scenario tragico.

Quando una giovane donna ha scoperto di essere in dolce attesa e si è sottoposta ai controlli per la gravidanza, le è stata annunciata una seria notizia: il suo utero ospitava un fibroma di almeno 20 centimetri che avrebbe gravemente compromesso ed esposto a una condizione di estremo rischio la possibilità di proseguire la gestazione.

Da La Nazione

Si trattava di una massa davvero invandente, del peso di 3 chili, proprio come un bambino pronto a nascere. E invece era un’obiezione radicale alla vita che stava formandosi. Frase ‘facile’ da scrivere nel raccontare questa storia; farci i conti nella realtà è un altro ordine di pena.

Non mi sono state date speranze – ha raccontato la donna – Non avevamo aspettative di portare avanti la gravidanza. Abbiamo deciso di rivolgerci al team di ostetricia e ginecologia del Santo Stefano di Prato con la consapevolezza che il bambino non sarebbe nato.

Da Il Tirreno
PREGNANT, ECOGRAPHY

All’ospedale Santo Stefano di Prato il team di medici del reparto ostetrico-ginecologico ha unito le forze con quelle del team di anestesiologia. L‘intervento proposto alla signora era rischioso, ma aveva avuto già riscontri positivi nell’esperienza condivisa con la Fondazione Policlinico Gemelli.

Questa collaborazione non parla solo del valore del lavoro di squadra. Si allargano le alleanze e si cerca il confronto con le competenze altrui quando lo scopo non si limita alla buona esecuzione di una procedura insolita.

E tutto è andato per il meglio, i dottori hanno rimosso la massa. Da quel momento il decorso della gravidanza è stato regolare ed eccoci tornati al lieto annuncio di partenza: Tommaso è nato.

Tommaso, come l’Apostolo che ha toccato le piaghe di Gesù. Ed è vero che Gesù ci fa toccare le sue piaghe, c’infila nelle pieghe di un dolore che sanguina e pare intollerabile. E allora chissà che specie di gioia prova questa famiglia, ora che guarda l’esuberanza di vita di un figlio, dopo aver dato per certo di averlo perso prima che nascesse.

Torino: operata da sveglia perché incinta

La storia appena raccontata conferma che la vita ci prende in contropiede senza anestetici di sorta. E a Torino un’altra donna ha affrontato senza anestesia l’intervento che le ha permesso di guarire, senza compromettere la vita del figlio che aveva in grembo.

Il calvario della signora Daniela inizia il primo aprile. “Pensavo di avere una banale influenza, ma a un certo punto non riuscivo a respirare e ho deciso di farmi portare al pronto soccorso”, racconta la donna, alla sua seconda gravidanza. È il primo aprile e la paziente viene ricoverata nel reparto di Pneumologia dell’ospedale Mauriziano. Le viene diagnosticato un empiema pleurico, una infezione del cavo pleurico, ma lo stato dell’infezione quasi sistemica.

Da Ansa

Ciò che poteva mettere a rischio la vita del bimbo era l’anestesia totale rischiesta per svolgere l’intervento di ‘pulizia’ del cavo pleurico. Il rischio di aborto sarebbe stato molto alto. Anche in questo caso i medici, e non è scontato, hanno avuto a cuore l’intero quadro clinico, proponendosi di trovare una strategia per preservare la vita del feto.

Si è scelto dunque di operare da sveglia la signora Daniela, procedendo solo con un’anestasia locale.

In un’ora l’equipe toglie il pus e pulisce la superficie del polmone, ma rincuora anche la paziente, cosciente e sveglia. Sempre. “Le dicevo quando poteva tossire e quando, invece, non doveva farlo – rivela Lyberis [chirurgo toracico-Ndr] – Partecipava anche alle nostre battute, interagiva, è stata davvero molto collaborativa…”. “Una vera e propria roccia”, la definisce il marito, “perché non è da tutti sopportare una cosa del genere”.

Da Ansa

Il decorso post-operatorio è stato buono, ora la famiglia si è riunita a casa con la figlia minore, di due anni e mezzo. Daniela sta pensando di chiamare il bimbo che nascerà Giulio, come l’anestesista che l’ha tenuta per mano per tutto il tempo dell’operazione.

Macigni da da far rotolare via

Magari si potrebbe ridurre la lettura di questi fatti a pura eccellenza medica, quell’eroismo da corsia che vediamo nelle serie TV. Il dottore che si prefigge di osare un nuovo approccio e raggiunge un obiettivo dato per impossibile sulla carta. Applausi e una pubblicazione scientifica ad hoc.

È diverso il filo rosso che ho intravisto nella cronaca che ha affiancato casualmente queste due storie, proponendole alla mia attenzione nello stesso giorno. Ho pensato che ci parlino di una disostruzione benedetta. Ammetto che una frase letta nel giorno di Pasqua, e condivisa da un’amica, ha giocato un ruolo essenziale in questo tipo di pensiero.

Ognuno di noi ha il suo macigno.

Una pietra enorme, messa all’imboccatura dell’anima, che non lascia filtrare l’ossigeno, che opprime in una morsa di gelo, che blocca ogni lama di luce, che impedisce la comunicazione con l’altro.

È il macigno della solitudine, della miseria, della malattia, dell’odio, della disperazione ,del peccato. Siamo tombe allineate. Ognuna col suo sigillo di morte.

Pasqua, allora, sia per tutti il rotolare del macigno, la fine degli incubi, l’inizio della luce, la primavera di rapporti nuovi.

Don Tonino Bello
SAD

Sono macigni reali quanto un fibroma di 3 chili o un massa di pus che ostruisce il respiro. Ostacoli che possono trasformare in tomba il grembo di una mamma. E possono trasformare in tombe anche altre piccole occasioni in cui la speranza attecchisce e poi viene minata. Queste masse pesanti da far rotolare via non sono una sfida atletica o dell’intelligenza. Sono invece il motivo per cui vale la pena lavorare in equipe, guardarci a vicenda per trovare procedure innovative per disostruire “le vie aeree” dell’anima dalla pesantezza delle obiezioni, delle fatiche, delle tentazioni di cedere alla disperazione.

La nota dominante del mondo batte sempre sulle pietre d’inciampo, c’invita a guardare l’ostacolo come la scusa perfetta per bloccarci. Chi è uscito vivo dal sepolcro capovolge il punto di vista: oggi quale macigno aiuterai, collaborerai a far rotolare via?

Tags:
cronacagravidanzamadriospedali
Top 10
See More