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Cos’ha a che vedere Giuda con ciascuno di noi?

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Radio Maria - pubblicato il 14/04/22

Il tradimento di Giuda è una grande lezione per i cristiani oggi e sempre

La liturgia del Mercoledì Santo ci pone di fronte all’annuncio di Gesù del tradimento di Giuda. Cos’ha a che vedere questo apostolo con ciascuno di noi?

“Allora uno dei Dodici, chiamato Giuda Iscariota, andò dai sommi sacerdoti  disse: «Quanto mi volete dare perché io ve lo consegni?». E quelli gli fissarono trenta monete d’argento. Da quel momento cercava l’occasione propizia per consegnarlo.

Il primo giorno degli Azzimi, i discepoli si avvicinarono a Gesù e gli dissero: «Dove vuoi che ti prepariamo, per mangiare la Pasqua?». Ed egli rispose: «Andate in città, da un tale, e ditegli: Il Maestro ti manda a dire: Il mio tempo è vicino; farò la Pasqua da te con i miei discepoli». I discepoli fecero come aveva loro ordinato Gesù, e prepararono la Pasqua.

Venuta la sera, si mise a mensa con i Dodici. Mentre mangiavano disse: «In verità io vi dico, uno di voi mi tradirà». Ed essi, addolorati profondamente, incominciarono ciascuno a domandargli: «Sono forse io, Signore?». Ed egli rispose: «Colui che ha intinto con me la mano nel piatto, quello mi tradirà. Il Figlio dell’uomo se ne va, come è scritto di lui, ma guai a colui dal quale il Figlio dell’uomo viene tradito; sarebbe meglio per quell’uomo se non fosse mai nato!». Giuda, il traditore, disse: «Rabbì, sono forse io?». Gli rispose: «Tu l’hai detto»”.
Mt 26,14-25

Le “non motivazioni” di Giuda

Nei racconti di Matteo e Luca si è trattato di una vera vendita, fissata in 30 sicli del tempio, prezzo di vendita di uno schiavo. Circa le motivazioni che hanno potuto influire su Giuda, gli evangelisti menzionano l’avarizia.

Giuda pensava probabilmente a Cristo come a un Messia nazionalista. Alcuni credono che appartenesse alla fazione degli zeloti, nazionalisti esaltati, che vedendo l’atteggiamento Gesù sia rimasto deluso e che per prevenirsi per il fatto di essere stato Suo discepolo sia arrivato al tradimento. Già prima, San Giovanni dice che Giuda non aveva buoni rapporti con Cristo (Gv 6 70-71).

Nel Vangelo di San Matteo leggiamo che uno dei Dodici, chiamato Giuda Iscariota, andò dai sommi sacerdoti e chiese loro quando gli avrebbero dato se l’avesse consegnato.

Solo una persona dominata da Satana può fare una cosa del genere. Per questo, Luca presenta la scena dicendo che Satana era entrato in lui.

Non è un caso di possessione diabolica, ma l’azione per eccellenza del nemico di Gesù e del suo regno. Il nemico si avvale della natura umana, di una persona, per andare contro il progetto di Dio e cercare di distruggere lo stile della proposta evangelica.

È una presenza intrigante intorno alla figura di Gesù e un complotto che si genera intorno al Maestro per toglierlo di mezzo e permettere che si affermi un modo diverso dell’esercizio della salvezza, basato sul potere e la forza. La via di Gesù è invece quella dell’umiltà, del silenzio, dell’attesa dell’opera di Dio.

I tre evangelisti sottolineano la colpevolezza di Giuda ricordando che è stato lui a offrirsi per consegnare Gesù.

Giuda dà un prezzo a Gesù

Quando è la gratuità che caratterizza i legami, le persone e le cose condivise non hanno prezzo. Giuda non ha compreso la gratuità della proposta. Per questo, quelli che cercavano la sicurezza e la clandestinità per arrestare Gesù “si rallegrarono”, visto che un discepolo conosceva bene le abitudini del Maestro.

Il tradimento è avvenuto in modo commerciale. Giuda ha proposto che la consegna venisse retribuita in qualche modo (Matteo). In Marco si dice più in generale che promisero di dargli del denaro. Luca insiste come Matteo sul fatto che le parti concordarono tra loro una quantità di denaro, fissata in “trenta monete d’argento”, che dovevano essere sicli del tempio, visto che poi avrebbero dovuto essere depositati lì.

Il siclo (sheqel) del tempio equivaleva a circa 10 denari. Fissare il prezzo della vendita in trenta sicli è dovuto sicuramente a un atto di disprezzo nei confronti di Gesù, visto che secondo l’Esodo si fissa in “trenta sicli d’argento” il prezzo che si doveva pagare a un padrone per uno schiavo non più utilizzabile (Es 21, 32). Nel profeta Zaccaria si legge come il profeta stesso, rappresentando Yahvè, rinunci a continuare a pascere il gregge di Israele e chieda il suo salario. “Essi allora pesarono trenta sicli d’argento come mia paga. Ma il Signore mi disse: «Getta nel tesoro questa bella somma, con cui sono stato da loro valutato!». Io presi i trenta sicli d’argento e li gettai nel tesoro della casa del Signore” (Zac 11, 12-13).

30 monete era il prezzo che si pagava per uno schiavo. Non vedendosi rappresentato dall’ideale di Gesù di semplicità, povertà, dedizione e sofferenza, Giuda ha scelto di consegnarlo al prezzo di uno schiavo.

A volte ho sentito che ci si è chiesti se la precisione di questo importo sia stata opera di Matteo o della catechesi delle origini, per via del simbolismo che racchiude, senza che si volesse precisare esattamente la quantità, ma l’affermazione è solida.

Il disprezzo nei confronti di Gesù è grande, come l’opportunismo di Giuda, che voleva, più che un profitto economico, esimersi dalla responsabilità di fronte a quelli che lo spingevano a percorrere una via di ribellione.

Il gruppo di cui faceva parte Giuda non concordava con questo stile di messianismo. Gli zeloti cercavano l’uso delle armi e della violenza. Giuda non voleva rimanere attaccato allo stile di dedizione e d’amore di Gesù, e per questo si è allontanato e ha stabilito un prezzo.

Fatto questo, cercava solo il modo per consegnarlo opportunamente, ovvero senza clamore, per evitare possibili rivolte popolari. Doveva essere tutto progettato per agire al primo avviso di Giuda, che conosceva il luogo in cui il Signore si ritirava a Gerusalemme in quei giorni.

Non è facile capire cosa sia successo a Giuda. Non c’è un determinismo divino. Dio non stabilisce un comportamento e noi funzioniamo come marionette.

Il male cerca di distruggere l’opera di Dio

Lo spirito maligno è assassino e cerca di porre fine a Gesù e alla Sua opera, usando anche i testi biblici. Tutta la trama contro Gesù parte da una prospettiva “religiosa”.

Il male agisce anche rivestito di bene, perfino di “religioso” e “pio”. Gesù viene accusato di blasfemia, di farsi chiamare Figlio di Dio, e chi lo accusa usa un messaggio religioso. Dio non voleva che fosse così, ma lo ha permesso.

Questo aspetto è molto importante per distinguere Dio dal male che si riveste di Lui. Come si riconosce? Dai frutti. P. Fiorito dice che ci si può rendere conto di quando agisce questa presenza dello spirito del male sotto forma di bene.

Lo spirito malvagio cerca sempre di rubare qualcosa. Quando viene di fronte sembra Gesù, ma sul retro si vede la coda. Mostra le sue cattive intenzioni, la menzogna, lo spirito di distruzione, e fa capire chiaramente che il suo passaggio mirava a separare e a dividere i fratelli, a promuovere la ribellione al progetto di Dio.

È quello che accade nel processo di Gesù, in cui, rivestito da difesa dell’aspetto religioso, si organizza un complotto per arrestare Gesù e Giuda lo consegna per poche monete.

Nella regola 14, Sant’Ignazio dice che lo spirito maligno è come un generale che cerca il modo per entrare nell’accampamento di chi vuole attaccare e per questo sceglie il luogo più debole.

“Uno di voi mi tradirà”

Il Vangelo di San Matteo dice che mentre erano a cena, Gesù lancia la denuncia del traditore: “Uno di voi mi tradirà”. La sorpresa è profonda in tutti.

Gesù dice che lo tradirà chi metterà la mano con Lui nel piatto. Ciò non significa che in quel momento Giuda stesse prendendo qualcosa da mangiare dallo stesso piatto di Gesù, visto che nella cena pasquale ciascuno aveva il proprio piatto, né era facile che solo in quel momento Giuda stesse prendendo insieme a Gesù qualcosa dal vassoio comune.

In ogni caso, il senso non è solo questo. Quando Giuda è uscito dal Cenacolo, gli apostoli non sapevano chi fosse il traditore. La frase significa soltanto che una persona con una grande familiarità con Lui lo consegnerà. Il tradimento avviene nell’ambito in cui tutto si condivide come in famiglia.

Gesù, ben consapevole della Sua missione e della Sua fine, denuncia che Lo aspetta la morte. Giovanni sottolinea sempre la grande consapevolezza di Gesù. La gravità del crimine di Giuda si annuncia: “Meglio sarebbe per quell’uomo se non fosse mai nato”. La frase non allude al castigo che Giuda potrebbe avere nell’aldilà, ma alla mostruosità di vendere il suo Maestro, il Figlio di Dio.

Quando ogni apostolo chiede a Gesù se sarà lui a tradirlo, lo fa anche Giuda. E Gesù glielo dice, ma a voce bassa. “Tu l’hai detto” è una frase solenne, per mostrarne il peso.

Il complemento dettagliato di questa denuncia è la narrazione che ne fa l’evangelista Giovanni (13, 21-30), mentre Matteo e Marco, che pongono la denuncia prima del racconto dell’istituzione dell’Eucaristia, sembrano collocarla nel suo contesto storico, e si indicherebbe che Giuda non ha ricevuto l’Eucaristia.

Nella Lettera ai Corinzi (1 Cor 10, 12) leggiamo “Chi crede di stare in piedi, guardi di non cadere”. Ogni apostolo inizia a chiedere a Gesù se sarà lui a tradirlo.

Rischiamo tutti di cadere, e magari cadremo tutti se non stiamo attenti, se non siamo vigilanti e non preghiamo costantemente per essere ascoltati e meritare l’aiuto e la grazia di Dio.

Gesù ha scelto Giuda come uno dei suoi discepoli, e questi ha partecipato al gruppo dei più leali. Il tradimento è l’azione e il comportamento che spezza la lealtà che si doveva avere. Come cristiani, abbiamo un impegno con Cristo, essere come Lui, e ogni volta che non lo siamo tradiamo la Sua fiducia in noi.

È bene ricordare che l’ideale di Dio è che siamo uomini e donne di valore, come Suo Figlio Gesù.

Di padre Javier Soteras. Articolo pubblicato originariamente da Radio Maria.

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