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Dalla ferita dell’assenza del padre all’incontro con Dio

PADRE, FIGLIO, MARE

altanaka|Shutterstock

MIENMIUAIF - MIA MOGLIE ED IO - pubblicato il 04/04/22

Essere padre è una vera e propria vocazione. E tra le più alte, come ci ha aiutato a scoprire e meditare Papa Francesco con l'anno giuseppino e la sua Patris Corde.
Un video del seminario Redemptoris Mater di Boston: "Da senza padre a essere padre".

Di Serena Di

Con cuore di padre: così Giuseppe ha amato Gesù, chiamato in tutti e quattro i Vangeli «il figlio di Giuseppe».

Queste sono le prime righe della lettera apostolica Patris Cordecon la quale l’8 dicembre 2020 papa Francesco ha inaugurato l’anno dedicato a san Giuseppe, proclamato 150 anni fa Patrono della Chiesa Universale.

Padri non si nasce, lo si diventa. E non lo si diventa solo perché si mette al mondo un figlio, ma perché ci si prende responsabilmente cura di lui. Tutte le volte che qualcuno si assume la responsabilità della vita di un altro, in un certo senso esercita la paternità nei suoi confronti.

Eppure esistono padri che sembrano non volere o non potere assolvere la loro missione, padri assenti per loro volontà o per le circostanze, a volte non solo umanamente imperfetti, ma deludenti o violenti. Padri le cui mancanze non riusciamo ad elaborare, con i quali abbiamo spesso rapporti conflittuali, padri che giudichiamo, che fatichiamo a perdonare, che preferiamo dimenticare o escludere dalle nostre vite, cercando di ignorare le profonde ferite che proprio le loro mancanze ci hanno inflitto. In questo senso, in questa ferita, diventiamo in qualche modo tutti orfani di padre, non accorgendoci che è proprio la figura che rifiutiamo quella che può maggiormente avvicinarci a Dio. 

Sono le premesse del video 

 prodotto dal seminario Redemptoris Mater di Boston e presentato da un sacerdote italiano, don Andrea Povero.

Il video (con sottotitoli in italiano) raccoglie le testimonianze di chi ha trovato nell’apparente assenza della figura paterna, l’incontro con Dio, partendo proprio da san Giuseppe la cui grandiosità sta proprio nell’aver convertito la sua umana vocazione all’amore domestico nella sovrumana oblazione di sé del suo cuore e di ogni capacità, nell’amore posto a servizio del Messia germinato nella sua casa.

Se c’è un uomo tormentato da paure, ansie, angosce, dall’insicurezza della vita, è San Giuseppe, l’icona della paternità. Giuseppe cade nel dubbio quando scopre la gravidanza di Maria, fronteggia l’incertezza della vita, impara a diventare padre ma deve capire prima di essere figlio, in questa obbedienza verso il Padre, a cui si affida, lascia tutto nelle mani di Dio.

Il suo silenzio e la sua umiltà sono il suo messaggio, il suo sì alla volontà di Dio si pone a servizio dell’intero disegno salvifico. “Non dobbiamo necessariamente comprendere, ma accogliere la sofferenza nelle nostre vite, la sofferenza che ha reso Giuseppe padre” afferma don Andrea, sottolineando un principio del diritto Romano: Mater semper certa est, Pater autem incertus. In questa incertezza c’è un’illuminazione sulla natura umana che tocca le radici del nostro essere.

L’assenza, la precarietà del padre diventa esperienza dolorosa e può portarci a dire “Se Dio esiste non è per nulla buono”, come è stato per don Anthony che a 15 anni ha perso il padre pompiere, morto l’11 settembre 2001 nel crollo della torre sud, e come per Romeo che ha visto il padre allontanarsi di casa abbandonando moglie e figli senza dare spiegazioni e senza fare più ritorno. Come per Paolo, che a causa di una balbuzie, è stato a lungo intimorito dalla figura paterna, e infine Vincent che ha sofferto a causa del turbolento divorzio dei suoi genitori.

Testimonianze sincere, semplici eppure maestose, di uomini e famiglie che hanno cambiato la loro prospettiva sul mondo attraverso l’incontro con Dio, derivato da quell’assenza, e che dimostrano come la storia della salvezza si compia «nella speranza contro ogni speranza». La maggior parte dei disegni di Dio si realizza attraverso e nonostante la nostra debolezza, progetti attraverso i quali ci viene mostrata la nostra vocazione.

Fare spazio dentro noi stessi anche a ciò che non abbiamo scelto nella nostra vita, serve però aggiungere un’altra caratteristica importante: il coraggio creativo. Esso emerge soprattutto quando si incontrano difficoltà. Infatti, davanti a una difficoltà ci si può fermare e abbandonare il campo, oppure ingegnarsi in qualche modo. Sono a volte proprio le difficoltà che tirano fuori da ciascuno di noi risorse che nemmeno pensavamo di avere.

(le cit in corsivo sono tutte tratte dalla Patris Corde di papa Francesco) 

QUI IL LINK ALL’ARTICOLO ORIGINALE PUBBLICATO DAL BLOG MIENMIUAIF

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