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Modella colombiana: “La sofferenza dell’aborto mi ha portata all’incontro con Dio”

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COLOMBIA

@amadarosaperezperez

Lucía Chamat - pubblicato il 30/03/22

Amada Rosa Pérez, modella e attrice, dopo tre aborti ha trovato Dio. Oggi è moglie, madre e difende strenuamente vita e famiglia

“Non conosco una donna che ha abortito e non abbia vissuto quell’inferno, ma conosco molte mamme che hanno avuto i propri figli e sono la loro maggiore benedizione e la loro gioia”.

Lo dice una donna che ha abortito tre volte quando era molto giovane e vulnerabile, tra pressioni, angoscia e solitudine. Amada Rosa Pérez è certa che la profonda ferita rimasta nel suo cuore sia condivisa da tutte le donne che abortiscono. È per questo che da anni diffonde la sua testimonianza come messaggio di fede e speranza.

“Non sono mai stata a favore dell’aborto. Ho abortito per paura, per la pressione del partner e perché ho creduto in quello che mi dicevano, che la cosa più importante erano i miei sogni e il successo professionale”. Il risultato sono stati vari anni di dolore e senso di colpa terminati grazie alla misericordia di Dio.

La colombiana 45enne è sposata, ha un figlio di 5 anni ed è ancora più bella di quando ha iniziato la sua carriera da modella, a 18 anni. È stata la protagonista di note marche e attrice in alcune telenovele e aveva migliaia di ammiratori. Oggi si è lasciata alle spalle quel mondo e parla in modo chiaro e diretto:

“Siamo maturi per avere rapporti prematrimoniali ma immaturi per assumere la responsabilità della maternità. La gravidanza è la cosa più naturale che può derivare dall’unione di un uomo e una donna, ma quando avviene al di fuori del contesto del matrimonio arrivano paura e ansia”.

Il suo appello è a promuovere la cultura della castità, il rispetto del proprio corpo e l’attesa, perché il vero amore aspetta. Il contrario di questa cultura della purezza, aggiunge, contribuisce a “maleducare” l’uomo, facendo sì che usi la donna come oggetto sessuale e la scarti.

Non sono libere, sono schiave

Amada Rosa Pérez è una delle tante voci che si ascoltano con forza in Colombia da quando l’aborto è stato depenalizzato fino alla 24ma settimana di gestazione. Da quel momento, il lavoro dei gruppi e delle persone pro-vita si è intensificato, come anche le iniziative di sostegno alle donne che stanno pensando di abortire o lo hanno già fatto.

Circa quella che viene erroneamente definita “interruzione volontaria di gravidanza”, come la chiamano i difensori dell’aborto, afferma che sono parole piene di menzogne e manipolatrici:

“Non è una cosa semplice come un’interruzione. E se voglio riprendere la mia gravidanza? Chi mi restituisce i miei figli? Viviamo in una cultura di morte che vuole togliere valore alla maternità e sta danneggiando la mente e il cuore delle bambine e delle donne, che pensano di essere libere se pongono fine alla vita dei loro figli. Al contrario, diventano schiave!”

“Dobbiamo chiederci chi sta dietro di loro. Dietro l’aborto c’è un grande business gestito da uomini che fanno credere alla donna che stanno lottando per i suoi diritti, quando invece quello che fanno è un danno alla sua salute fisica, mentale, emotiva e spirituale”, afferma.

Nei suoi interventi, nei messaggi sulle reti sociali e nelle interviste, come anche nel suo dialogo con Aleteia, insiste sul fatto che l’aborto è ingiusto per la donna in ogni senso. La ritiene la più grande violenza verso di lei e verso suo figlio. L’aborto sminuisce anche il genere femminile, tenendo conto di studi che indicano che la maggior parte delle nascite all’anno riguarda femmine e che questa percentuale sta cambiando per gli aborti dagli anni Sessanta.

Circa i casi di aborto quando si tratta di bambini concepiti in stupri, Amada Rosa Pérez si chiede perché la pena di morte debba riguardare il bambino innocente e indifeso quando l’unico colpevole è il violentatore, ed è convinta che non si possa mettere a tacere una tragedia con una più grande, perché l’aborto non è la soluzione, “è aggiungere un inferno peggiore”.

C’è una via d’uscita, una speranza

Oltre al fatto che non è facile superare un aborto, questo comporta varie conseguenze per la donna e per l’uomo, “perché non possiamo lasciare gli uomini fuori da questo male che danneggia il cuore umano”, riflette.

La prima conseguenza è la negazione della pena. “Io racconto la mia testimonianza per grazia di Dio, ma conosco molte donne che pure essendo sulle vie del Signore non riescono a parlare del loro aborto perché è doloroso e fonte di vergogna”.

Si prova anche una “colpa che schiaccia l’anima” e genera ansia, depressione profonda, vuoto emotivo, incubi… “Se una donna ha abortito e si mostra tranquilla è solo apparenza, perché io l’ho vissuto, rilasciavo le interviste sorridendo e dentro il mio cuore era lacerato”.

Tra le altre conseguenze, cita propensione alle dipendenze, sterilità (cosa di cui si parla molto poco) e danni agli organi femminili, alcuni dei quali provocano la morte.

“Io ho avuto anche pensieri suicidi, credevo di non essere degna di continuare a vivere perché avevo ucciso mio figlio, e soffrivo per i ricordi collegati all’aborto. Forse una delle conseguenze più comuni è la perdita della tenerezza. Il nostro cuore di donne diventa più duro”.

Fortunatamente c’è una vita d’uscita, una speranza. La guarigione è possibile, e per questo ci sono Dio ed esistono esperti di guarigione post-aborto, oltre a persone come lei che amplificano la loro testimonianza di vita con umiltà e amore.

“Io sono semplicemente un granello di sabbia. Dio ha permesso che fossi una figura pubblica per diffondere i Suoi messaggi. Gli chiedo solo di non abbandonarmi mai e di poter fare la Sua volontà”, ha concluso.

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