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Un sacerdote racconta la drammatica fuga da Mariupol di centinaia di persone

WAR IN UKRAINE

Alexey Kudenko | Sputnik | Sputnik via AFP

John Burger - pubblicato il 23/03/22

Non sembrava esserci alcuna speranza, finché non è apparsa “una persona mandata da Dio”

Due sacerdoti cattolici hanno guidato all’inizio di questo mese un convoglio di circa 100 automobili che lasciava la città ucraina di Mariupol e i suoi dintorni, e sono stati testimoni di scene che non vorrebbero che nessuno vedesse. Nonostante tutto, si sentono grati per le circa 300 vite umane che si sono salvate.

Sotto assedio

Mariupol, città portuale sul Mare di Azov, si trova nell’unità amministrativa ucraina (oblast) di Donetsk. Da due settimane è assediata dall’esercito russo e dai soldati della Repubblica Popolare Donetsk, un’area nella regione orientale del Donbass.

Padre Pavlo Tomaszewski, uno dei due sacerdoti, ha descritto la terribile situazione venerdì 18 marzo in un incontro via Zoom organizzato dall’associazione caritativa cattolica Aiuto alla Chiesa che Soffre, che ha sostenuto economicamente il suo monastero a Mariupol.

Insieme a un terzo presbitero, uscito prima dalla città per ricevere cure mediche in Polonia, è membro della congregazione di San Paolo Primo Eremita, di rito latino.

P. Tomaszewski dice che la sua piccola comunità aveva provato a rimanere in città durante la prima settimana dell’invasione russa dell’Ucraina, iniziata il 24 febbraio. Lì hanno continuato a celebrare la Messa per la comunità cattolica.

Bombardamenti incessanti

La situazione, però, è cambiata drammaticamente quando gli scontri si sono spostati dalla periferia orientale della città al centro.

Le forze russe, frustrate di fronte alla mancanza di progressi, hanno iniziato a bombardare le fonti di acqua ed elettricità, per tagliare le risorse di base per la sopravvivenza, e ad attaccare zone residenziali.

Tra queste ultime c’è il distretto in cui si trova il monastero paolino, che “sarebbe un buon obiettivo”, ha indicato il sacerdote.

I due chierici hanno perso ogni contatto con i fedeli e con il mondo esterno.

“Per quattro giorni hanno bombardato e sparato senza sosta”, ha riferito p. Tomaszewski.

“Non avevo mai vissuto niente di simile. Non avevamo un sotterraneo in cui nasconderci. Gli scontri a fuoco e i bombardamenti erano angoscianti. Tutta la casa tremava”.

Il sacerdote ha spiegato che era impossibile uscire per andare dai fedeli. Tre donne si sono azzardate a uscire per cercare acqua, ma sono state uccise a colpi di arma da fuoco. L’altro presbitero ha provato ad arrivare nella parte orientale della città, ma era tutto blocato. Era chiaro che non potevano offrire alcun aiuto ai fedeli. La città era in preda al caos, e molti saccheggiavano i negozi.

Salvati da “una persona mandata da Dio”

Alla fine, indossando gli abiti clericali, entrambi i sacerdoti hanno preso il Santissimo Sacramento e i documenti più importanti e hanno provato a lasciare la città. Si sono uniti a un piccolo gruppo di automobili, pensando che il numero li avrebbe resi meno vulnerabili.

Viaggiando verso Zaporižžja, hanno attraversato vari posti di blocco vigilati da soldati della Repubblica Popolare di Donetsk, militanti sostenuti dalla Russia che lottano contro l’esercito ucraino dal 2014.

Nel corso del viaggio, hanno visto edifici distrutti e soldati morti lasciati per strada. In un punto in cui l’esercito ucraino aveva appena vinto una battaglia contro i Russi, sono dovuti passare schivando i cadaveri dell’esercito invasore sparsi sulla strada, alcuni decapitati. P. Tomaszewski, sacerdote a Mariupol dal 2011, ha detto che l’esercito ruusso non ritira mai i corpi dei suoi soldati morti, lasciandoli imputridire dove capita.

Sono poi arrivati a un posto di controllo, dove i soldati russi hanno rifiutato di permettere che gli uomini tra i 18 e i 60 anni proseguissero. A quel punto il convoglio era già composto da circa 100 automobili, ciascuna con due o tre persone. Faceva freddissimo, le persone avevano fame e sete. Le macchine avevano poca benzina. Le famiglie con bambini piccoli dovevano trascorrere la notte nei veicoli freddi. Alcune donne si sono inginocchiate davanti ai soldati, supplicandoli di permettere il passaggio del convoglio.

Il gruppo non poteva avanzare né tornare a Mariupol. La situazione era disperata.

“E poi, all’improvviso e come saltando fuori dal nulla, una persona mandata da Dio, ovviamente, è passata lì per caso”, ha spiegato p. Tomaszewski. “Ha detto: ‘Il mio villaggio è qui vicino. Posso portare tutte queste persone per dar loro cibo, acqua e non lasciare che ghiaccino nella notte’”.

L’uomo era il leader del villaggio di Temriuk, una zona agricola a circa 5 chilometri dalla strada principale.

Dopo aver trascorso la notte lì, le persone del villaggio hanno raccomandato al convoglio un percorso per tornare sulla strada principale evitando il punto di controllo russo. Il sindaco di una località vicina ha detto loro che c’era un corridoio umanitario che potevano utilizzare. Dovevano attraversare un altro punto di controllo russo, ma quando i soldati hanno visto quanto fosse lunga la fila di veicoli hanno smesso di fare domande dopo la sesta macchina. Alla fine, gli sfollati soon arrivati nel territorio controllato dall’Ucraina, provando un grande sollievo.

“Che bello vedere che ci salvano i soldati ucraini!”, hanno detto ai militari che hanno trovato sulla strada.

Quando gli è stato chiesto che messaggio ha per il mondo, p. Tomaszewski ha detto: “Nessuna assistenza umanitaria aiuterà l’Ucraina finché non avremo sconfitto l’esercito russo e la guerra sarà terminata”.

Il sacerdote non è ancora riuscito a contattare nessuno dei suoi fedeli a Mariupol, che continua ad essere assediata, ma “la speranza è l’ultima a morire”, dice. “La speranza viene da Dio”.

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