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Non indovinerete mai quale sia il problema più grande che affrontano oggi i monasteri!

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DOMINICAN,NUN

Jeffrey Bruno

Matilde Latorre - pubblicato il 19/03/22

Parla p. Juan Carlos Ortega, direttore del Pontificio Istituto Claune, dedicato all'aiuto alle monache e ai monaci che consacrano la loro vita a Dio nella preghiera

Il problema più grande che affrontano oggi i monasteri, sia di monache che di monaci, non è la mancanza di denaro, e nemmeno di giovani che vogliono consacrare la propria vita a Dio.

La grande sfida dipende dall’insensibilità, sia della società che della Chiesa stessa, avverte il sacerdote Juan Carlos Ortega L.C.

E sa bene di cosa parla, perché da due anni è il direttore del Pontificio Istituto Claune (“Clau”, come “claustro”, “chiostro” in spagnolo, e “ne” in riferimento a “necessità”), eretto dalla Santa Sede per prestare aiuto ai monasteri di clausura bisognosi e promuovere la vita contemplativa, soprattutto in Spagna.

L’istituto è nato nel 1951 grazie all’impegno di un ingegnere, Antonio Mora, che si è mobilitato di fronte alle necessità che sperimentava un monastero. È stato l’inizio di un’opera sistematica di aiuto ai monasteri.

P. Juan Carlos, che porta avanti quest’opera senza la quale molte monache e molti monaci non potrebbero sopravvivere, rivela in questa intervista concessa ad Aleteia le sfide che affrontano i monasteri.

Qual è la funzione di Claune?

La finalità è aiutare a livello spirituale e materiale la vita contemplativa. La Chiesa distingue varie forme di consacrazione a Dio nella vita religiosa: la vita attiva e la vita contemplativa. 

In realtà, tutti i consacrati devono essere contemplativi, e tutti attivi. La distinzione tra consacrati “contemplativi” e consacrati “di vita attiva” o “apostolica” si concentra sul modo in cui vivono il loro rapporto con Dio e con gli altri.

Anche tra i consacrati di “vita contemplativa” ci sono alcune differenze. C’è ad esempio la vita claustrale, ovvero la vita dei monasteri, che si riuniscono in un chiostro (monastero). Hanno certamente un rapporto con la società, ma lo vivono all’interno del monastero. È una vita più nascosta. Lì vivono tutta la loro missione e tutta la loro preghiera.

JUAN CARLOS ORTEGA

Esiste poi la vita contemplativa che non è monastica: consacrati a Dio che vivono in monastero e sono aperti ad accogliere persone, ad esempio, perché possano formarsi.

Esiste anche un altro tipo di vita consacrata contemplativa, poco diffusa: quella degli eremiti. Sono persone che vivono la loro consacrazione a Dio attraverso la vita di preghiera, ma vivono sole, isolate, non in comunità. Vivono in piccoli “eremi”, ovvero piccole grotte o case, in cui si tiene l’Eucaristia, il Signore, in una piccola cappella.

Il Pontificio Istituto Claune si incarica, in particolare, di assistere i consacrati a Dio, donne e uomini, nella vita contemplativa, la vita dedicata alla preghiera e all’unione con Dio. Non operiamo, quindi, con gli istituti di vita attiva o apostolica, che si dedicano all’educazione, alla salute, all’aiuto sociale…

Come si possono aiuutare i conventi senza mescolarsi o immischiarsi nel loro regime e nella vita religiosa che vi si conduce? C’è il rischio di condizionare la loro vita in cambio degli aiuti…

In primo luogo, bisogna tener conto del fatto che ogni monastero, secondo il Diritto Canonico della Chiesa, è autonomo, si governa da sé. La Chiesa è lì per aiutare. Quando parlo di Chiesa, mi riferisco in primo luogo al vescovo della diocesi, e poi a qualsiasi altra istituzione.

La nostra finalità consiste nell’aiutare la vita contemplativa: il monastero deve gestirsi da sé. Hanno un cappellano, che si occupa delle funzioni proprie dei sacramenti, della Confessione, della Santa Messa… Il governo interno del monastero è gestito tra i monaci o le monache.

Noi offriamo aiuto, materiale o spirituale. Ad esempio, ci chiedono di aiutare a impartire una serie di esercizi spirituali per le religiose, e li assistiamo offrendo otto giorni di esercizi alle monache o ai monaci di clausura. 

Ci chiedono anche aiuto materiale per alleviare le necessità più impellenti, ad esempio una monaca che ha bisogno di un apparecchio acustico, di una sedia a rotelle perché una religiosa non può più camminare o di trasformare una scala in una rampa o in un ascensore… 

Cerchiamo di aiutare queste religiose offrendo aiuto spirituale e aiuto materiale.

Quali sono in questo momento le tre necessità più importanti che state affrontando con i conventi di clausura?

Si parla molto, e a ragione, del tema delle vocazioni, ma non credo che sia quello più importante all’interno della vita contemplativa. 

Credo che il tema più importante sia il fatto che non si conosce bene la funzione della vita contemplativa nella Chiesa e nella società.

La seconda necessità, dal mio punto di vista, è una maggiore relazione tra la vita contemplativa e la società. Manca la conoscenza dei monasteri contemplativi, e questo impedisce di intavolare un rapporto migliore.

Se andiamo indietro al secolo VIII o al IX, possiamo constatare come i monasteri si trovassero alla periferia delle città. La gente vi andava per imparare, perché non c’erano scuole. I monasteri offrivano la formazione essenziale. Ci si recava lì anche per colmare delle necessità, come a seguito della siccità, visto che i monasteri avevano i propri campi e offrivano cibo ai bisognosi. Vi si andava anche per far curare i malati, perché i monaci avevano imparato le basi della Medicina per curare alcune malattie.

A poco a poco, le congregazioni religiose di vita attiva si sono dedicate all’istruzione, assumendo così tutto il compito educativo. I monasteri hanno smesso di offrire la dimensione educativa. Poi, con la nascita delle congregazioni religiose dedite all’assistenza sanitaria, i monasteri hanno abbandonato anche quell’aspetto.

In questo modo, la vita dei monasteri, che prima era attiva, perché la gente vi accorreva, ha iniziato a ridursi alla parte propriamente contemplativa. 

È quello che abbiamo potuto sperimentare con il Secolo d’Oro spagnolo, quando Santa Teresa di Gesù e San Giovanni della Croce hanno dato impulso (o lo Spirito Santo attraverso di loro) a questo tipo di vita contemplativa.

Si tratta di una vita centrata sull’assumere la vita di preghiera che la società non può assumere, a causa di tutte le necessità a cui deve far fronte: il lavoro, la famiglia… In quel momento, sembra che la vita contemplativa abbia assunto questa parte, questa missione, e si concentra solamente, o in grande misura, su quella dimensione particolare del rapporto con Dio.

Questo ci permette di comprendere perché attualmente la vita contemplativa non sia nota. Non sappiamo cosa succede in un monastero. La clausura ha più difficoltà a entrare in relazione con la società.

Per me le due grandi necessità sono queste: la mancanza di conoscenza dei consacrati a Dio nella vita contemplativa e la mancanza di rapporto con la società.

C’è però una terza necessità: la formazione. Le monache, i monaci, hanno bisogno di formarsi per poter interagire e offrire un aiuto alla società. Oggi, apparentemente, molta gente si lamenta e si domanda cosa facciano per il bene della società.

Claune cerca di aiutare offrendo formazione ai monasteri, come anche tutto l’aiuto materiale di cui hanno bisogno. Vengono aiutati nella formazione, offrendo il denaro di cui hanno bisogno o acquisendo computer perché possano ricevere formazione a distanza.

Se una religiosa o un religioso deve sottoporsi alla chemioterapia e andare tutti i giorni in ospedale, forniamo un taxi che ce lo porti, perché possa affrontare quella spesa extra che la comunità non aveva previsto.

Si aiutano anche sostenendoli nel lavoro che svolgono per mantenersi, come ad esempio aiutandoli con la serra perché possano raccogliere i prodotti dell’orto, con una lavatrice nuova per poter lavare gli ornamenti della chiesa o una macchina nuova per le ostie.

Si aiutano con tutti quegli apparecchi che permettono loro di lavorare: una macchina da cucire, un’officina… Tutte queste cose sono quelle con cui in qualche modo si sostengono e si mantengono.

Li sosteniamo, infine, perché possano mantenere gli edifici in cui vivono, che costituiscono un bene di patrimonio storico a volte difficile da mantenere. In questo caso non dipendono da noi, perché intervengono le diocesi, i Governi… Il nostro aiuto si concentra allora sul cercare sovvenzioni dello Stato. Se a volte è necessario, però, li aiutiamo anche materialmente.

Aleteia, rete globale cattolica di informazione, in virtù della sua missione contribuisce, in collaborazione con la Fondazione DeClausura, a far conoscere la vita, la spiritualità e i prodotti dei monasteri contemplativi. 

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