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Ucraina: 30 bimbi nati da maternità surrogata parcheggiati in un bunker

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Silvia Lucchetti - pubblicato il 18/03/22
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La Commissaria agli Affari Interni del Parlamento Europeo Ylva Johansson ha perorato l’evacuazione dall'Ucraina dei bambini nati da madri surrogate in quanto "si trovano in una situazione incerta", e il timore è che scompaiano nel nulla

Nell’edizione del 17 marzo di  Avvenire.it  viene proposto il tema angosciante delle migliaia di bambini ucraini in pericolo sia per il terribile conflitto in corso, che per il rischio di finire nelle mani di trafficanti senza scrupoli. In particolare viene affrontato il problema dei neonati e dei piccoli che stanno per nascere su prenotazione “grazie” alla pratica dell’utero in affitto, una delle attività economiche più floride nel Paese prima della guerra.

Il rischio dei trafficanti

Il 14 marzo sono stati intercettati due cittadini cinesi che, entrati da soli in Ucraina, stavano attraversando il confine con la Romania a piedi con due bambini in braccio. La coppia non è stata in grado di giustificare la loro presenza né di indicare da dove li avessero prelevati.

È probabile che i due cinesi fermati alla frontiera siano corrieri di qualche agenzia di intermediazione straniera che li ha assoldati per recuperare rapidamente la “merce” pattuita, visto il momento così drammatico che vive l’Ucraina.

BioTexCom l'azienda ucraina della maternità surrogata

Considerando che i nati con gestazione per altri (Gpa) sono 2500-3000 all’anno, questo vuol dire che mensilmente ne vengono al mondo più di 200. Circa la metà di questo mercato è controllato dall’azienda ucraina BioTexCom, che vicino la sede di Kiev ha fatto costruire un bunker antiaerei dove sono già "parcheggiati" 30 di questi neonati, numero che dovrebbe arrivare a 100 a fine marzo.

Vittime innocenti della maternità surrogata

In questo rifugio una squadra di 18 tate accudisce "la preziosa merce", dal momento che le madri surrogate per contratto devono eclissarsi subito dopo il parto. La situazione è penosa e pericolosa non solo per i bambini, vittime innocenti di una pratica disumana, ma anche per le madri che li portano in grembo.

Infatti, nonostante le pressioni delle coppie committenti, anche se volessero non possono abbandonare l’Ucraina e mettersi in salvo con il loro prezioso bimbo in utero, in quanto se poi partorissero in Polonia o in Moldavia, dove la Gpa è illegale, risulterebbero le uniche genitrici del bambino e non potrebbero più cederlo a chi ha pagato per la loro gestazione.

La guerra e la maternità surrogata

La situazione bellica è diventata così pericolosa che un’altra clinica specializzata, la New Hope Surrogacy, si è preoccupata di far trasferire 60 madri surrogate da aree dove i combattimenti sono più intensi in altre più lontane dalla guerra.

Altre società come l’australiana Growing Families e la statunitense Deliverig Dreams stanno offrendo i loro servizi alle coppie commissionarie per il ritiro dei bambini nati su prenotazione in Ucraina.  

La Project Dinamo, una società no-profit con sede in Florida, ha addirittura organizzato allo scoppio del conflitto operazioni per evacuare le coppie che erano andate in Ucraina per  prelevare i bambini che avevano commissionato ben prima dell’inizio delle ostilità.

La Commissaria agli Affari Interni Ylva Johansson, sentita in sede di Parlamento Europeo, ha perorato l’evacuazione dei bambini nati da madri surrogate in quanto “si trovano in una situazione incerta”, e il timore è che scompaiano nel nulla.

"I clienti sono gli unici ad essere protetti"

Ana-Luana Stoicea-Deram, co-presidente della Coalizione internazionale per l’abolizione della maternità surrogata, è intervenuta per sottolineare che in Ucraina la guerra non c’è solo da tre settimane, ma da otto anni, con tante famiglie in fuga dal Donbass conteso.

E insiste affermando:

Cosa comporterà la guerra nel mercato internazionale della Gpa?

Che cosa comporterà questa guerra nel grande mercato internazionale della Gpa? Una ridistribuzione della domanda verso Paesi europei low-cost come la Georgia, la Grecia, Cipro e l’Albania. E successivamente verso aree emergenti del turismo riproduttivo a basso costo come il Messico e alcuni stati africani, sfruttando con contratti capestro donne che si prestano a portare avanti gravidanze per altri non per spirito altruistico – come si vorrebbe far credere – ma per sfamare la propria famiglia.

Il secondo effetto, per Ana Deram, sarà una domanda sempre più forte di legalizzazione di questa pratica sotto la spinta di una logica di mercato: se non sarà più possibile approvvigionarsi di bambini in Ucraina facciamo sì che le coppie possano farlo nei rispettivi paesi.

E viene da pensare come questa proposta, in un momento di così grande crisi economica anche per i paesi più ricchi, possa trovare una robusta sponda nella considerazione che in questo modo il denaro rimarrebbe quanto meno in casa. E di questi tempi non sarebbe una tentazione da poco!