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Don Epicoco: in ognuno di noi c’è diversità, siamo sia Caino che Abele

KAIN ZABIJA ABLA

Kain zabija Abla, Abraham Bloemaert (1564-1651), Muzeum Narodowe w Warszawie

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Gelsomino Del Guercio - pubblicato il 10/03/22
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Scrive nel suo nuovo libro il popolare sacerdote: "Ogni relazione è possibile solo a partire dalla propria unicità. Quest’ultima altro non è che la nostra diversità"

Storie di fraternità fallita, che si rispecchiano nell’animo di ognuno di noi: ad indagarle è Don Luigi Epicoco nel suo nuovo libro “In principio erano fratelli” (Tau editrice).

Fratelli “coltelli” nella Bibbia

Tutto il racconto della Genesi è abbracciato da una grande parentesi di fraternità fallite. Caino e Abele. I figli di Noè: Sem, Cam e Jafet. Giuseppe e i suoi fratelli. Esaù e Giacobbe. La Bibbia mette queste vicende proprio all’inizio perché nella parte più profonda dell’uomo è sedimentata una ferita, un fallimento, un anello debole, non la capacità ideale di essere in relazione e in comunione. 

La parte di noi che va redenta

C’è una parte di noi che va presa in considerazione, offerta a Dio e redenta, affinché non diventi famelica e omicida. Soltanto questo farà di noi persone libere e capaci di amarsi. 

Don Epicoco, nel libro, avverte da subito: «Viviamo in un tempo in cui si sente spesso parlare di fraternità, e questo può risultare davvero controcorrente in un’epoca come la nostra, dominata da un potente individualismo alimentato dalla cultura contemporanea. Nel mondo degli individualisti non esistono fratelli, ma solo figli unici». 

Le relazioni sono decisive

L’altro, evidenzia il popolare sacerdote, «è sempre un fastidio, se non a volte un nemico da combattere. Parlare di fratelli o di sorelle significa mostrare una qualità della relazione che sfugge alla narrazione individualista. Solo la categoria di persona contempla le relazioni, perché in esse c’è la parte più decisiva della vita e anche di noi stessi».

Caino e Abele

Tra le storie individuate nel nuovo libro da Don Epicoco, una di esse è dedicata ai due fratelli Caino e Abele. La loro storia ci insegna che «l’uomo non è mai veramente solo, ma è sempre in relazione: non c’è semplicemente Caino, c’è anche Abele». 

«Leggendo la storia di questi fratelli, sin da subito si potrebbero definire i “ruoli” - afferma il sacerdote -. Uno è buono, leale e si comporta bene, l’altro è cattivo, sleale e si comporta male. Ciononostante bisogna considerare che la realtà è sempre composta da un insieme di cose diverse, un misto di fattori diversi: non è solo Caino, e neanche romanticamente solo Abele».

Un incontro di due aspetti opposti

La realtà, dice Don Epicoco, «è sempre un incontro di questi due aspetti,  Dentro ognuno di noi ci sono sia Caino e sia Abele, due possibilità, due proporzioni, perché la relazione può accadere soltanto tra persone diverse. Quindi, la prima cosa che la Bibbia smentisce è proprio l’idea che per esserci comunione dobbiamo essere tutti uguali. No, una relazione è possibile solo a patto di essere diversi». 

Caino si occupa di agricoltura e Abele di animali, «ognuno di loro ha un aspetto che li rende profondamente diversi: Caino si relaziona con la terra, Abele è attaccato agli esseri viventi. Sono fratelli proprio perché radicalmente diversi tra loro».

La propria diversità interiore

Il sacerdote nel libro “In principio erano fratelli”, evidenzia, alludendo a Caino e Abele, che «noi abbiamo paura della diversità e temiamo di accettare il fatto che, per poter entrare in una relazione, ciascuno di noi debba far pace con la propria diversità, con quel lato peculiare, suo, unico, irripetibile».

«Ogni relazione - conclude Don Epicoco - è possibile solo a partire dalla propria unicità. Quest’ultima altro non è che la nostra diversità e finché non ci ricongiungiamo con noi stessi, con la nostra unicità, non possiamo entrare realmente in nessuna relazione».

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