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In tempo di guerra, donne guerriere: l’esempio delle Santa Perpetua e Felicita

FELICITY

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Francisco Vêneto - pubblicato il 08/03/22

Una era madre di un neonato, l'altra era incinta, ma non hanno desistito dai loro valori durante una brutale persecuzione

La testimonianza di coraggio delle sante martiri Perpetua e Felicità è stata offerta più di 1.800 anni fa, ma resta drammaticamente attuale.

Il mondo è nuovamente sconvolto da una guerra. Assistiamo sgomenti alle scene devastanti che arrivano dall’Ucraina, tra cui quelle che mostrano giovani madri con bambini piccoli costrette a congedarsi dai mariti che devono andare a combattere, prive di qualsiasi certezza per il futuro, in attesa di essere portate fuori dal proprio Paese, verso le sfide di una vita da rifugiate in terra straniera.

In mezzo a questo dramma, la liturgia della Chiesa ha ricordato il 7 marzo due grandi donne, Perpetua e Felicita, la nobile e la schiava, entrambe di fibra straordinaria, resilienti e incommensurabilmente forti di fronte alla minaccia della morte a causa della fede.

Perpetua era nata in una famiglia nobile e aveva un figlio neonato. Felicita era una schiava ed era incinta. Le due madri dell’Africa del Nord vennero arrestate perché cristiane durante una delle tante epoche di persecuzione brutale contro i seguaci di Gesù, in quell’occasione promossa dall’imperatore Severo.

Nella prigione di Cartagine, dove vollero essere battezzate, le due amiche diedero prova di coraggio e fede solida.

Felicita ricevette la grazia che aveva tanto supplicato da Dio: dare alla luce suo figlio prima del giorno dell’esecuzione. Anche in mezzo ai dolori del parto, rispose alla guardia che la provocava:

“Quello che soffro ora è frutto della natura, ma quando verrò attaccata dalle belve non soffrirò da sola: Cristo soffrirà per me!”

Perpetua, nel giorno del martirio e accanto all’amica Felicita, disse:

“Rimanete saldi nella fede e custodite la carità tra voi; non lasciate che la sofferenza diventi pietra di scandalo”.

Il giorno del martirio

Secondo una narrazione del III secolo, Perpetua e Felicita vennero gettate davanti a una vacca selvaggia, davanti a una grande folla riunita per assistere allo “spettacolo”. La prima ad essere attaccata fu Perpetua, che non si lasciò spaventare e incoraggiò Felicita, che era a terra.

Le due vennero portate fuori dall’arena dalla porta dei gladiatori vittoriosi.

Fu allora che Perpetua tornò in sé da una sorta di estasi, e chiese se era già il momento di affrontare le bestie. Sapendo che erano entrambe già passate per l’arena ed erano uscite vive, non riuscì a crederci. La folla, però, chiese il ritorno delle due, che si diedero un bacio di pace e vennero condotte nel luogo in cui la loro morte sarebbe servita come abietta “distrazione” per un pubblico profondamente degenerato.

Felicita venne decapitata dai gladiadori. Perpetua sfuggì al primo colpo perché il suo aguzzino era così nervoso che sbagliò. Lei stessa offrì allora il collo, e così morì per la fede accanto a Felicita e ad altri martiri giustiziati quello stesso giorno.

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