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La devozione delle Quarant’ore, da Milano alla Chiesa tutta 

ADORACJA
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Aliénor Goudet - pubblicato il 07/03/22
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La devozione delle Quarant’ore risale al XVI secolo. Essa consiste nel digiunare, fare penitenza e adorazione del Santissimo Sacramento. Senza san Filippo Neri (1515-1595) e i Cappuccini, però, essa sarebbe indubbiamente rimasta nel cantuccio della sola Lombardia. Al contrario, oggi si tratta di una devozione diffusa in tutta la Chiesa.

Roma, 1550. In una domenica fra le prime dell’anno, nelle strade popolate della città eterna un uomo in abito talare si apre il cammino nella folla, e questa si scansa per farlo passare. Filippo Neri è ben conosciuto, lì: quel giovane seminarista dal cuore di fanciullo e dall’umorismo irresistibile è noto per i suoi spontanei momenti di evangelizzazione, che hanno convertito più di una persona. 

Gli chiedono dove stia correndo in quel modo. Filippo, senza fermarsi, risponde di aver trovato un nuovo modo di salvare le anime e di onorare Gesù. Che meravigliosa preghiera, questa devozione delle Quarant’ore! Un tempo prolungato di digiuno e di adorazione non può che servire la causa di Cristo. Deve assolutamente parlarne col suo amico Ignazio di Loyola. 

Da Milano a Roma 

La devozione delle Quarant’ore fa la sua comparsa in Lombardia all’inizio del XVI secolo. In origine si trattava unicamente di un periodo di digiuno e di astinenza di quaranta ore, praticato da principio durante il triduo pasquale. La si concludeva poi con una processione la mattina di Pasqua. 

Nel 1527 un certo Antonio Bellotti decise di esporre, durante le Quarant’ore, il Santissimo Sacramento. L’adorazione divenne allora parte integrante e centrale della devozione. Perché questa aggiunta? All’epoca infuriavano le Guerre d’Italia: l’adorazione venne indicata per implorare il Signore per la pace nel mondo. Essa ebbe luogo all’inizio di ogni trimestre. 

Dieci anni più tardi, un cappuccino di nome Giuseppe da Ferno trasformò le Quarant’ore in serie di preghiere solenni con processione eucaristica. E quando una parrocchia terminava con le Quarant’ore un’altra attaccava subito: forse è da ravvisarsi qui l’origine dell’adorazione eucaristica perpetua. I cappuccini diffusero poi la pratica in tutta Italia. Fu così che questa devozione giunse a Roma fino alle orecchie di Filippo Neri. 

La proposta di quest’ultimo trovò riscontro molto favorevole nella Chiesa di Roma. Col suo ordine, la Congregazione dell’Oratorio, organizzò le Quarant’ore all’inizio di ogni mese. In questo secolo di tensioni politiche costanti, esse divennero un rituale necessario per domandare la pace al Signore. 

Da Roma al mondo intero 

Quanto ai gesuiti, parimenti entusiasmati da questa devozione, essi decisero di svilupparla per lottare contro i costumi paganeggianti, e a partire dal 1556 la preghiera delle Quarant’ore si fece dalla domenica al martedì precedenti le Ceneri: ciò per espiare i peccati commessi durante il Carnevale. Filippo Neri non è l’unico santo a influenzare la propagazione della devozione. San Carlo Borromeo, vescovo di Milano, ordinò nel 1575 che l’adorazione duri i tre giorni precedenti la Quaresima. Durante questi tre giorni, i fedeli e i consacrati si alternavano perché ci fosse sempre qualcuno davanti al Santissimo Sacramento. 

Fu finalmente al termine del XVI secolo, e grazie a papa Clemente VIII, che le preghiere delle Quarant’ore vennero propagate nel mondo. Non si tratta più allora di una semplice preghiera interiore: dopo una messa di apertura, i fedeli venivano guidati da predicatori. Ciascuno faceva penitenza e perdonava i torti subiti, poi partecipava a una processione con le candele. I penitenti, a piedi nudi o vestiti di sacco, seguivano il Santissimo Sacramento. Poi aveva luogo l’adorazione. Si perdonava e si chiedeva perdono. Si prometteva di operare per la pace. E durante la messa conclusiva si pregava per la fine delle guerre e la pace nel mondo. Questa forma restò praticamente inalterata fino al XIX secolo. 

Tradizionalmente, la devozione alla Quarant’ore si colloca subito prima dell’inizio della Quaresima o in sua concomitanza, ma può essere celebrata in ogni momento dell’anno. Oggi esiste in forme assai varie, come appunto l’adorazione perpetua. 

[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]