Davanti alla situazione in Ucraina non resta che pregare? Già all’indomani del riconoscimento da parte russa dell’indipendenza dei territori separatisti dell’Ucraina, e prima che – nella notte fra mercoledì e giovedì – Vladimir Putin annunciasse il lancio di un’operazione militare nel Paese, papa Francesco aveva annunciato una giornata di preghiera e di digiuno per il 2 marzo, Mercoledì delle Ceneri, data con la quale la Chiesa entra in Quaresima:
Si tratta della seconda giornata di preghiera per la pace in Ucraina che Francesco convoca in appena poche settimane (la precedente aveva avuto luogo il 26 gennaio). Un ex ambasciatore aveva dichiarato al Fatto Quotidiano: «A parte l’Unione Europea, solo papa Francesco può imporre la pace a Putin».
Le armi di Dio, che sono la preghiera e il digiuno, Francesco non è il solo ad invocarle. Già nei giorni precedenti diverse parrocchie hanno attuato diverse iniziative al fine di riportare la pace in Ucraina. Ieri sera a Santa Maria in Trastevere Andrea Riccardi e la Comunità di Sant’Egidio hanno animato una veglia di preghiera – «invocazione a Dio ma anche segno di protesta davanti agli uomini» – per invocare la pace in Ucraina. Molte parrocchie si stanno organizzando analogamente.
La Chiesa cattolica ha l’abitudine di pregare per la pace. Nel 2003 Giovanni Paolo II ricordava, nel suo messaggio per la Giornata Mondiale della Pace:
Ieri sera si è tenuto a Bruxelles un summit dei 27 Paesi membri dell’Unione Europea, per definire un approccio e delle azioni collettive. Pregare per la pace – a casa propria, in parrocchia o in comunità – è un mezzo, per chi crede, di mettersi personalmente in gioco, sul piano spirituale, diventando operatori di pace in questo conflitto.
[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]