Lo storico Antoine Arjakovsky, co-direttore del dipartimento Politica e Religioni del Collège des Bernardins di Parigi, ha insegnato per vari anni in Russia e in Ucraina. Cristiano ortodosso, ha fondato l'Istituto di Studi Ecumenici a Leopoli, città a maggioranza cristiana nell'Ucraina occidentale. Dopo l'ingresso delle truppe russe nel Donbass e l'invito del Papa a una giornata di preghiera e digiuno per il 2 marzo, ha condiviso con I.Media la sua speranza che il Vaticano stabilisca contatti con gli Ortodossi ucraini.
Qual è l'influenza delle Chiese, ortodossa e cattolica, nella situazione attuale dell'Ucraina?
Arjakovsky: Ne ho parlato durante una presentazione recente con Aiuto alla Chiesa che Soffre: in Ucraina, le Chiese sono al centro delle identità nazionali e del conflitto attuale, ma sono anche indispensabili per la ricerca della pace. Non si può capire il conflitto né concepire la pace senza guardare alla dimensione ecclesiologica di questa rivalità tra Russia e Ucraina.
Tra i 40 milioni di abitanti dell'Ucraina, ci sono 6 milioni di cattolici e 25 milioni di ortodossi. Di questi ultimi, 15 milioni appartengono alla Chiesa Ortodossa Autocefala Ucraina, riconosciuuta canonicamente dal Patriarcato di Costantinopoli nel 2019, tra i 5 e i 7 milioni appartengono alla Chiesa Ortodossa Ucraina, legata dal 1696 al Patriarcato di Mosca, e il resto si definisce ortodosso senza specificare la propria giurisdizione o affiliazione.
Le Chiese locali sono unite nella difesa dell'integrità territoriale dell'Ucraina?
Arjakovsky: Di fronte al rischio della guerra, il Presidente Volodymyr Zelensky ha decretato una giornata di unità nazionale il 16 febbraio, quando tutte queste Chiese si sono riunite per pregare insieme nella cattedrale di Santa Sofia, un luogo pieno di ricordi in Ucraina. I due principali leader religiosi del Paese, Sua Beatitudine Sviastoslav Schevchuk, arcivescovo maggiore della Chiesa Greco-Cattolica, e il metropolita Epiphanius, alla guida della Chiesa Ortodossa d'Ucraina, hanno esortato la popolazione a mantenere la calma, pur essendo consapevoli del fatto che il minimo scontro avrebbe potuto dare un epilogo negativo a tutto.
Quel giorno, la guida della Chiesa Greco-Cattolica ha esortato i fedeli dicendo: “Non abbiate paura. Abbiamo sofferto molto durante l'era sovietica, ma Dio è con noi. Non dobbiamo perdere la fiducia, dobbiamo rimanere calmi e non entrare nel panico”. Questo invito ha risuonato fortemente nella popolazione, come la giornata di preghiera proposta da Papa Francesco il 26 gennaio.
Qual è l'immagine di Papa Francesco tra la popolazione ucraina, soprattutto tra gli Ortodossi?
Arjakovsky: Gli Ucraini hanno ricordi molto vividi della visita di Giovanni Paolo II nel 2001, e sognano di vedere Papa Francesco nel loro Paese, ma una visita non sembra rientrare nell'agenda. Attualmente, il Vaticano sta perseguendo un'Ostpolitik orientata essenzialmente al Patriarcato di Mosca, come dimostra il recente incontro a Parigi tra il cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per l'Unità dei Cristiani, e il metropolita Hilarion, alla guida del dipartimento per i rapporti con l'estero del Patriarcato di Mosca.
I miei amici cattolici hanno ragione a portare avanti un dialogo rispettoso con il Patriarcato di Mosca: questa Chiesa ha avuto molti martiri, e anche lei ha sofferto molto per la repressione sovietica, con il 95% dei suoi vescovi spediti nei gulag. Vorrei, però, che la Santa Sede prendesse contatti anche con la Chiesa Ortodossa d'Ucraina, riconosciuta dal Patriarcato di Costantinopoli come 15ma Chiesa autocefala, cosa che ha provocato uno scisma con Mosca dal 2019.
Per il momento, Roma non ha stabilito canali diretti con questa Chiesa?
Arjakovsky: In realtà, tre anni dopo la sua elezione il metropolita Epiphanius non aveva ancora avuto alcun contatto ufficiale con la Santa Sede, cosa che trovo un po' troppo cauta, perché avrebbe potuto contribuire alla pace assumendo un ruolo di mediazione tra i patriarcati di Mosca e di Costantinopoli.
Insisto sul fatto che la giornata di preghiera proposta da Papa Francesco il 26 gennaio sia stata importante, ma ora il popolo ucraino aspetta gesti concreti. La preghiera permette il dialogo, per via di una certa fiducia. Non è questione di gettare pietre contro la diplomazia vaticana, perché dietro a questa situazione c'è una lunga storia, ma non bisognerebbe rivolgere gli sforzi solo verso la Russia.
Al di là di questa posizione della Santa Sede, che ritiene troppo cauta, è preoccupato per una forma di “russofilia” in gran parte del mondo cattolico, soprattutto in Francia, e per la cecità nei confronti di Vladimir Putin?
Arjakovsky: Io stesso sono di origine russa, e ovviamente sono molto toccato dall'interesse di tanti Francesi nei confronti dell'“anima russa”, della cultura e della spiritualità russe, ma bisogna aprire gli occhi alla realtà, alla realtà del potere russo attuale. Vladimir Putin ha nostalgia dell'Unione Sovietica: ha dichiarato apertamente di ritenere la dissoluzione dell'URSS una “catastrofe”.
Oggi stiamo assistendo a un conflitto di civiltà tra chi pensa che si possa essere orgogliosi dell'Unione Sovietica e chi ritiene che quel comunismo sia stato terribile. Non dobbiamo dimenticare che nel XX secolo il comunismo ha provocato 100 milioni di morti, ovvero 100 milioni di persone assassinate, come ci ha ricordato Nicolas Werth in The Black Book of Communism. Non possiamo lasciare privo di giudizio quel periodo così drammatico. Dalla fine dell'URSS nel 1991, il comunismo non è stato giudicato davvero.
Oltre a questo, il Presidente Putin non ha rispettato gli impegni internazionali del suo Paese. Il Memorandum di Budapest, firmato nel 1994 tra gli Stai Uniti e la Russia, stabiliva, tra le altre cose, la denuclearizzazione dell'Ucraina in cambio della garanzia di inviolabilità dei confini del Paese. La Russia ha rinnegato tutto questo 20 anni dopo annettendo la Crimea.
I cristiani occidentali devono dunque stare attenti per evitare di non essere lucidi davanti a Mosca?
Arjakovsky: Nel 2018 ho creato una commissione per il dialogo, la giustizia, la verità e la riconciliazione con l'aiuto dell'Unione Europea, coinvolgendo più di 200 intellettuali russi, ucraini e di altri Paesi europei. Abbiamo lavorato in particolare con l'International Memorial, bandito di recente dalle autorità russe. Gli Occidentali devono aprire gli occhi e affrontare la realtà.
Oggi c'è incompatibilità tra chi vuole difendere il comunismo e chi desidera difendere la Dottrina Sociale della Chiesa, ovvero a livello civile dignità della persona, libertà, democrazia e diritti umani. Il Presidente Putin ritiene che il liberalismo sia una forma di decadenza e che servano regimi basati su una “verticalità di potere”, mentre gli Ucraini vogliono seguire il modello europeo.